GUERRA IN YEMEN – Molte persone in Arabia Saudita pensano probabilmente che la guerra in Yemen stia andando molto bene.
Anzi, basandosi sui media controllati dallo Stato devono sentirsi orgogliosi dei loro saggi governanti, impegnati in un tale sforzo per fornire assistenza umanitaria ai loro fratelli yemeniti. Naturalmente hanno anche un po’ di paura. E’ stato spiegato che il vero pericolo non viene dallo Yemen di per sé, ma dagli iraniani malevoli, che ancora una volta approfittano di un conflitto locale per minacciare la sicurezza del Regno.
Il Regno ha un sacco di problemi sul tavolo. Il Re Salman non è solo Custode delle due Sacre Moschee, è anche il responsabile del tentativo di limitare i danni in tutto il mondo arabo e contenere il caos generato dalla primavera araba. Il denaro non è il problema, naturalmente, ma la portata e la complessità della situazione sono impegnative. Deragliare la democrazia in Egitto, quando ha minacciato di portare i Fratelli Musulmani al potere. Prendere decisioni delicate in Siria e in Iraq. La tortura e l’esecuzione capitale per chiunque sia così stupido da parlare troppo a livello nazionale. Essere la superpotenza araba dominante. Non è facile.
Ma la grana principale è la politica di palazzo. Questo è il destino inevitabile di una monarchia assoluta. E così la questione più importante in Arabia Saudita è quella di garantire la successione del clan Sudeiri ora che Salman, il 25° figlio del primo re, Abdulazziz, e l’ultimo di quella generazione, deve decidere come fare per trasmettere il trono ai nipoti. La guerra in Yemen può essere vista da diverse angolazioni, ma ciò che conta a Riyadh è che cementa la posizione del figlio prediletto di Salman, Muhammad, non solo come Ministro della Difesa, ma anche come leader della prima guerra che il Regno ha intrapreso da solo fin dalla sua fondazione, e quindi come l’alfiere della jihad su cui non solo il Regno, ma tutta la dinastia al-Saud, si fonda.
Si tratta di una strana jihad, però. I sunniti che i sauditi ufficialmente appoggiano in Yemen non sono gli wahhabiti locali (che militano in un ramo di Al-Qaeda, e sono quindi combattenti nemici), ma quello che chiamano il ‘governo legittimo’, guidato dal feldmaresciallo Abdrabbuh Mansour Hadi, che è sostenuto da al-Islah, la sezione locale dei Fratelli musulmani, che l’Arabia Saudita tratta come invece organizzazione nemica in Egitto e altrove. Non vogliono davvero che Hadi vinca. Il sostegno iraniano per gli Houthi è altrettanto compromesso, purché i ribelli Houthi che l’Iran sta armando e sostenendo non provengono dal ramo iraniano dello sciismo, ma dalla setta Zaydi, che nega alcuni insegnamenti centrali degli ayatollah iraniani. Le giustificazioni religiose dirette per la guerra sono quasi inesistenti. E’ la guerra per il bene della guerra adesso: solo perché la guerra conviene al re saudita più di qualsiasi delle alternative possibili.
La guerra viene portata avanti con un disprezzo allegro per le conseguenze. Il Paese arabo più ricco in guerra con il Paese più povero: che divertimento! Ragazzi ricchi che vogliono essere piloti militari volano sugli gli ultimi jet americani e operano senza opposizione. Non solo, quando tornano in patria dopo aver ucciso molta povera gente con munizioni di precisione imprecisamente sganciate, tutti li trattano come eroi nazionali, nonostante il numero di persone che hanno ucciso con la loro inesperienza e incompetenza.
Al di fuori della bolla della politica di palazzo, la guerra nello Yemen si aggiunge alle altre del gran conflitto saudita/iraniano (Libano, Siria, Turchia e Iraq, principalmente), e tutti i complicati pasticci tribali, religiosi e politici, sono vettori della tanto più pericolosa guerra per procura dell’America contro la Russia. L’Europa orientale era una volta il campo di battaglia. Ora è il mondo arabo. Non vi è nessun reale logica. I russi non hanno un motivo particolare per favorire una fazione piuttosto che un’altra, mentre in America, dove la comprensione delle problematiche culturali si avvicina a zero, si è sempre più in imbarazzo nel dover mantenere con il Regno dell’Arabia Saudita una complicità fondata negli anni ‘40 che non si è rivelata così positiva. Esecuzione pubblica per stregoneria? Munizioni americane, vendute a scopo di lucro, e utilizzate per l’omicidio di massa di povera gente hanno una sorta di significato simbolico che l’osservatore neutrale non può evitare di apprezzare. Può darsi che il programma di addestramento per l’ascesa della giovane speranza del clan dei Sudeiri nella politica di palazzo della famiglia reale saudita, lasciando che faccia pratica in Yemen, sia così importante che qualche migliaia di contadini morti non contano. Questa sembra essere la visione di Washington. Ma dare a un giovane inesperto una moderna forza aerea con cui giocare, non si è rivelata un’idea tanto buona. L’America demonizza la Russia per il suo atteggiamento generale: la Russia può con ogni giustificazione indicare numerose carcasse di cadaveri umani come spiegazione per la sua antipatia verso la versione americana delle relazioni internazionali.
Christopher Lord ha vissuto in nove paesi e parla sette lingue. Tra i suoi libri sono Politics e Parallel Cultures, e il suo giornalismo è stato pubblicato in tutto il mondo.
Anzi, basandosi sui media controllati dallo Stato devono sentirsi orgogliosi dei loro saggi governanti, impegnati in un tale sforzo per fornire assistenza umanitaria ai loro fratelli yemeniti. Naturalmente hanno anche un po’ di paura. E’ stato spiegato che il vero pericolo non viene dallo Yemen di per sé, ma dagli iraniani malevoli, che ancora una volta approfittano di un conflitto locale per minacciare la sicurezza del Regno.