Il governo di transizione ha indetto nuove elezioni per novembre del 2025, ma la possibilità di realizzarle resta comunque in dubbio. Nonostante l’arrivo della missione internazionale voluta dall’Onu per pacificare il paese, la situazione è drammatica.
Il governo di transizione haitiano, guidato dal primo ministro Gary Conille, ha finalmente annunciato la data delle elezioni generali nel paese per novembre del 2025. Saranno le prime elezioni dal 2016, quando venne eletto il presidente Jovenel Moïse e rinnovato parte del parlamento. Da allora tutti i mandati di deputati, senatori e autorità locali sono scaduti, il parlamento decaduto, e nessuna istituzione ha avuto la capacità di garantire la realizzazione di comizi trasparenti e senza violenza nel paese più povero dell’emisfero occidentale.
L’ultima escalation della crisi ad Haiti si registra a partire dalle proteste del 2018, quando un caso di corruzione legato ai fondi del programma PetroCaribe, finanziato dal Venezuela, ed altri programmi di aiuto realizzati dalla cooperazione internazionale, hanno portato migliaia di persone in piazza. La repressione fu feroce, e alimentó le forti contestazioni contro l’allora presidente Jovenel Moïse, già al centro delle polemiche intorno alla durata del suo mandato, che decise di estendere di un anno col sostegno delle principali potenze internazionali per portare avanti una riforma costituzionale che desse maggior stabilità al paese.
Ma Moïse è stato ucciso nel luglio del 2021 da un commando di mercenari colombiani ingaggiati negli Usa da potenti uomini d’affari haitiani, e da allora il caos si è impossessato del paese. Le più di 200 gang presenti da anni nel paese, e spesso usate dai governi di turno come strumento per tenere a bada movimenti sociali, proteste e scioperi, hanno costituito nuovi sodalizi e lanciato progetti sempre più autonomi dal potere politico, prendendo di fatto il controllo di ampi territori in tutto il paese.
Oggi le bande armate criminali controllano circa l’80% della capitale e si stima che 2,7 milioni di haitiani vivono in aree controllate da questo tipo di gruppi. Nel 2023 sono stati registrati 40,9 omicidi per ogni 100mila abitanti, uno dei tassi più alti del mondo. Secondo gli ultimi dati disponibili, la violenza ha provocato circa 580mila rifugiati interni e più di 700mila sfollati. Circa il 40% del personale sanitario haitiano ha dovuto lasciare il paese a causa della violenza, e la cooperazione internazionale poco può fare di fronte ad una simile catastrofe umanitaria.
Per affrontare il vuoto di potere creatosi dopo l’uccisione di Moïse e la grave crisi istituzionale e di sicurezza nel paese, l’ex primo ministro Ariel Henry ha chiesto nel 2022 l’invio dell’ennesima missione internazionale dell’Onu per pacificare il paese e dare manforte alla polizia haitiana. Una forza composta da circa 15.000 agenti per una popolazione superiore agli 11 milioni di abitanti, insufficienti per qualsiasi paese con standard di sicurezza considerati normali.
La missione internazionale, guidata dal Kenya e finanziata quasi integralmente dagli Usa, è stata approvata nell’ottobre del 2023 ma ha cominciato le proprie attività solo tre mesi fa. I risultati sono stati finora deludenti. I 400 agenti delle forze di sicurezza keniane dispiegati – meno della metà di quelli previsti all’inizio dei dialoghi internazionali – non sono riusciti e mettere freno alle violenze, e l’opinione pubblica haitiana è velocemente passata dal fervoroso sostegno dimostrato durante l’arrivo dei rinforzi dall’Africa alle critiche più spietate vista la mancanza di risultati concreti della missione.
Il rappresentante dell’Alto Commissario per i Diritti Umani delle Nazioni Unite per Haiti, William O’Neill, ha recentemente concluso una missione di osservazione che ha mostrato una situazione inquietante: le gang hanno allargato il loro dominio a nuove zone del paese in poco meno di un anno, la violenza sessuale è divenuta pratica quotidiana in tutto il paese, e la mancanza di acqua, cibo e medicine rendono la situazione degli sfollati ancor più critica. O’Neill non ha celato nemmeno le sue perplessità intorno alla strategia intrapresa dalle Nazioni Unite per ripristinare la sicurezza: le forze della Missione Internazionale sono mal equipaggiate, nettamente inferiori in numero rispetto a quanto previsto e le risorse di cui dispongono sono insufficienti per portare avanti la missione che è stata loro affidata.
Durante il suo viaggio per partecipare alla cerimonia di apertura dell’Assemblea Generale dell’Onu a New York, il presidente del Kenya, William Ruto, ha fatto tappa ad Haiti per dare il proprio sostegno agli uomini del contingente internazionale e ha annunciato l’invio di ulteriori rinforzi, si parla di 600 uomini, sempre e quando i propri partner all’Onu garantiranno i fondi necessari.
Intanto nella sede delle Nazioni Unite si susseguono i negoziati intorno alla situazione haitiana. Da una parte, il rafforzamento della missione per il mantenimento della pace, e dall’altra il sostegno alla realizzazione delle elezioni tra poco più di un anno. Due obiettivi che vanno di pari passo ma necessitano di sforzi diversi. Se infatti il contenimento delle gang è condizione necessaria per la realizzazione di comizi democratici, non è assolutamente scontato che in un Haiti virtualmente pacificato e sicuro le elezioni possano svolgersi regolarmente. La sfiducia nei confronti dello “stato-cadavere”, come recita una famosa canzone del carnevale haitiano, è altissima. Gli scandali di corruzione continuano a minare la capacità delle istituzioni nonostante siano già ridotte ai loro minimi termini, e l’ostinazione da parte della classe dirigente locale per escludere dall’arena politica determinati partiti e movimenti sociali di base rendono l’annuncio di nuove elezioni ancor più chimerico.
Il governo di transizione ha indetto nuove elezioni per novembre del 2025, ma la possibilità di realizzarle resta comunque in dubbio. Nonostante l’arrivo della missione internazionale voluta dall’Onu per pacificare il paese, la situazione è drammatica.
Il governo di transizione haitiano, guidato dal primo ministro Gary Conille, ha finalmente annunciato la data delle elezioni generali nel paese per novembre del 2025. Saranno le prime elezioni dal 2016, quando venne eletto il presidente Jovenel Moïse e rinnovato parte del parlamento. Da allora tutti i mandati di deputati, senatori e autorità locali sono scaduti, il parlamento decaduto, e nessuna istituzione ha avuto la capacità di garantire la realizzazione di comizi trasparenti e senza violenza nel paese più povero dell’emisfero occidentale.