Nella prassi commerciale non è infrequente che gli enti pubblici (per disposizione di legge), o i soggetti privati (in base a disposizioni contrattuali) effettuino erogazioni alle imprese senza obbligo di restituzione.
Si tratta dei c.d. contributi, i quali sono volti ad alleggerire l’impatto degli oneri sul risultato di esercizio, e che sono diversificati a seconda dei motivi per cui il contributo è erogato.
In particolare, secondo i principi contabili nazionali, i contributi possono essere suddivisi in due categorie:
1. contributi in conto esercizio;
2. contributi in conto capitale (comprensivi della sottocategoria dei contributi in conto impianti).
Mentre i contributi in conto esercizio sono finalizzati a sostenere la gestione corrente dell’impresa (o a breve termine), i contributi in conto capitale (e la sottocategoria dei contributi in conto impianti), essendo volti al potenziamento patrimoniale dell’impresa, sono collegati alla gestione finanziaria a medio-lungo termine.
I contributi in conto esercizio sono le erogazioni volte a fronteggiare spese di gestione o a rifondere spese d’esercizio.
Detti contributi sono gli unici di cui il codice civile si occupa in modo particolare, prevedendo che gli stessi devono essere iscritti «separatamente» tra gli altri ricavi e proventi alla voce residuale A.5, dello schema obbligatorio del «conto economico».
In base alla previsione codicistica, tali proventi, quindi, pur facendo parte della gestione ordinaria non ne costituiscono però la «gestione caratteristica».
Secondo il Documento Interpretativo n. 1 del Principio contabile 12, si tratta di erogazioni che hanno “natura di integrazione dei ricavi della gestione caratteristica o delle gestioni accessorie diverse da quella finanziaria o di riduzione dei relativi costi ed oneri”. Tali contributi devono essere iscritti nelle scritture contabili nell’esercizio di competenza, individuato nel momento in cui sorge con certezza il diritto alla percezione.
Tra i principali contributi in conto esercizio si ricordano i contributi UE alla produzione e i contributi per l’imprenditorialità femminile e per l’imprenditorialità giovanile del Mezzogiorno
La disciplina contabile dei contributi in conto esercizio è contenuta nel documento interpretativo 1 dell’OIC 12 – «Classificazione nel conto economico dei costi e ricavi». Nel documento si chiarisce che i contributi in conto esercizio devono essere rilevati in contabilità per competenza indipendentemente dalla data di effettivo incasso.
I contributi in conto esercizio devono essere rilevati nell’esercizio in cui è sorto con certezza il diritto a percepirli, che può anche risultare successivo all’esercizio al quale essi sono riferiti.
Nel caso di contributi soggetti a condizione sospensiva, rileva l’esercizio in cui l’impresa erogante emette formale delibera previo accertamento della sussistenza di tutte le condizioni cui l’erogazione dei contributi è subordinata.
L’iscrizione in bilancio dipende dalla natura del contributo.
Di solito, quando si tratta di contributi che hanno natura di integrazione dei ricavi della gestione caratteristica o delle gestioni accessorie diverse da quella finanziaria devono essere indicati alla voce A5 – «Altri ricevi e proventi»: del Conto economico.
Se hanno natura finanziaria (i c.d. “contributi in conto interessi”), vanno iscritti nella voce C17- «Oneri finanziari» oppure nella voce C16 – «Altri proventi finanziari». I contributi in conto interessi sono erogazioni la cui concessione è legata alla stipula di un finanziamento a medio-lungo termine ed operano riducendo il tasso di interesse a carico del beneficiario. Nella voce C17 vanno i contributi in conto interesse volti a ridurre l’onerosità degli interessi passivi su alcuni tipi di finanziamenti assunti dall’impresa nell’esercizio. Nella voce C16 vanno i contributi di natura finanziaria volti a ridurre interessi passivi o altri oneri di natura finanziaria di competenza di esercizi precedenti. Nell’ambito di tali contributi si segnala la riedizione dell’agevolazione “Sabatini”, recentemente riproposta nell’art. 2 del D.L. n. 69 del 21 giugno 2013 (“c.d. Decreto del fare”) e limitata alle piccole e medie imprese.
L’agevolazione, i cui aspetti operativi devono essere individuati in un decreto del Ministero dello sviluppo economico, consiste, da un lato, nell’erogazione di finanziamenti agevolati e, dall’altro lato, nell’erogazione di un contributo statale, riducendo così il costo del finanziamento per l’impresa acquirente. Si tratta perciò di un contributo in conto esercizio che va rilevato nella voce C.17 o C.16 (se il contributo interviene in un esercizio successivo) del conto economico relativo all’esercizio in cui è sorto con certezza il diritto alla percezione, salvo poi essere suddiviso per competenza in proporzione ai correlati interessi passivi maturati sul finanziamento agevolato.
Infine, un caso particolare riguarda i contributi erogati in occasione di fatti eccezionali (come ad esempio gravi calamità naturali, come terremoti, inondazioni, alluvioni, eccetera) i quali vanno, indicati tra i proventi straordinari alla voce E20.
Con riferimento agli aspetti tributari, il contributo in conto esercizio è disciplinato, ai fini delle imposte sul reddito, dall’art. 85, comma 1, lett. g) e h) del TUIR, in cui sono considerati tra i ricavi sia i contributi in denaro, o il valore normale di quelli, in natura, spettanti sotto qualsiasi denominazione in base a contratto, sia i contributi spettanti esclusivamente in conto esercizio a norma di legge.
I contributi in conto esercizio sono imputati al periodo di competenza secondo la regola generale di cui all’art. 109, comma 1, del TUIR. Ne consegue che sono tassati nell’esercizio in cui è certa la loro esistenza o è oggettivamente determinabile il loro ammontare.
Ai fini IVA, il contributo in conto esercizio è in campo IVA se ha natura di corrispettivo correlato a specifiche prestazioni contrattuali ai sensi dell’art. 3 DPR n. 633 del 1972.
Se invece si tratta di una semplice movimentazione di denaro per il perseguimento di obiettivi di carattere generale, i quali non sono vincolati a specifiche prestazioni, il contributo è fuori campo Iva ai sensi dell’art. 2, comma 3, lettera a) del DPR n. 633 del 1972.
Al momento dell’effettivo esborso monetario, l’ente erogante, sia pubblico che privato, deve operare una ritenuta a titolo di acconto delle imposte sul reddito pari al 4%, ai sensi dell’art. 28, comma 2, DPR n. 600/1973.
I contributi in conto capitale sono invece erogazioni finalizzate genericamente all’incremento dei mezzi patrimoniali dell’impresa.
In altri termini sono volti a rafforzare la struttura patrimoniale dell’impresa o a consentire la realizzazione di iniziative dirette alla costruzione, riattivazione ed ampliamento di immobilizzazioni materiali, commisurati in modo parziale o totale al loro costo.
I contributi in conto capitale sono erogazioni, senza l’obbligo di restituzione a scadenza, finalizzate genericamente all’incremento dei mezzi patrimoniali dell’impresa.
All’interno della categoria del contributo in conto capitale, va individuata la sottocategoria del contributo in conto impianti, in cui, a differenza del primo, è previsto un vincolo più stringente, consistente nell’avvio di iniziative dirette alla costruzione, alla riattivazione e all’ampliamento di immobilizzazioni materiali.
Sul punto si richiama il consolidato orientamento dell’Agenzia delle Entrate che nella Ris. 29 marzo 2002, n. 100/E ha precisato che “si considerano contributi in conto capitale quelli finalizzati in modo generico ad incrementare i mezzi patrimoniali dell’impresa, senza che la loro erogazione sia collegata all’onere dell’effettuazione di uno specifico investimento; sono, invece, contributi in conto impianti quelli la cui erogazione è subordinata all’acquisizione o realizzazione di beni strumentali ammortizzabili”, sottolineando, poi nelle risoluzioni n. 20/E del 27 gennaio 2009 e n. 2/E del 22 gennaio 2010 che il contributo in conto impianti si differenzia dal contributo in conto capitale in quanto non implica un astratto rafforzamento patrimoniale del soggetto beneficiario, risultando, invece, rigidamente o concretamente, vincolato all’acquisizione o alla realizzazione di beni ammortizzabili, così come prevedono le leggi che li concedono.
ASPETTI CONTABILI DEI CONTRIBUTI IN CONTO CAPITALE E DEI CONTRIBUTI IN CONTO IMPIANTI
Secondo il principio contabile OIC 16, per tali erogazioni non è possibile effettuare l’accredito in unica soluzione al conto economico.
Tale soluzione infatti sarebbe in contrasto con le finalità ed i principi del bilancio d’esercizio.
Ai fini della corretta contabilizzazione il suddetto principio contabile prevede, quindi, che i contributi in conto siano iscritti al momento in cui sorge la ragionevole certezza del conseguimento delle condizioni necessarie per il riconoscimento del contributo, a condizione che vi sia la ragionevole certezza dell’erogazione della somma.
Quando tali contributi sono commisurati al costo delle immobilizzazioni materiali, vanno rilevati a conto economico con un criterio sistematico, ragguagliato alla vita utile dei cespiti.
Tale criterio di rilevazione può essere applicato secondo due metodi di contabilizzazione, ambedue ritenuti corretti, i quali presentano aspetti applicativi differenti, anche con riferimento al caso in cui il contributo sia ottenuto nell’anno successivo a quello dell’acquisizione del cespite, nonché al caso di cessione del bene per cui il contributo era stato erogato:
I) METODO DELLA RIDUZIONE DIRETTA DEL COSTO STORICO di acquisto del bene ammortizzabile. Dall’applicazione di tale metodo consegue una minore deduzione delle quote annuali, in base alla durata del processo d’ammortamento secondo i coefficienti ancora vigenti previsti dal decreto ministeriale 31 dicembre 1988;
Nel Documento interpretativo n. 1 citato, al punto «E – Proventi e oneri straordinari» – lett. e) Componenti di reddito relativi ad esercizi precedenti, si prevede che tale voce comprenda anche i contributi in conto capitale, per le quote pregresse relative ai precedenti esercizi.
Da ciò deriva che in caso di applicazione del metodo di «riduzione del costo», ove il contributo sia ricevuto nell’esercizio successivo a quello di inizio ammortamento, la quota di ammortamento calcolata in eccesso in tale precedente esercizio (in cui non si era, ovviamente, tenuto conto del contributo), va girata alla voce “E”.
Ove il cespite per il quale è stato ricevuto il contributo sia dismesso prima del termine del periodo di ammortamento, bisognerà rilevare una plus/minusvalenza che nel caso di specie sarà determinata quale differenza tra il prezzo di vendita ed il valore residuo di libro, costituito dal costo originario ridotto del contributo originario e degli ammortamenti effettuati.
II) METODO DEL RISCONTO. Con tale metodo si effettua l’iscrizione del costo di acquisto del cespite ammortizzabile al lordo del contributo ricevuto e imputazione alla voce A.5 dell’intero contributo riconosciuto. Al termine dell’esercizio, si deve operare la rilevazione, in seno ai risconti passivi, della quota parte del contributo in conto impianti non di competenza, in misura corrispondente alle quote di ammortamento di competenza di ciascun esercizio, con lo stesso coefficiente utilizzato per l’ammortamento del relativo cespite. In altri termini, utilizzando questo secondo metodo, al termine di ogni esercizio, l’ammontare dei risconti passivi dovrà essere pari ai contributi di competenza degli esercizi successivi.
Ove il cespite per il quale è stato ricevuto il contributo sia dismesso prima del termine del periodo di ammortamento, anche nel caso di specie bisognerà rilevare una plus/minusvalenza.
Tuttavia, nel caso del metodo del risconto passivo, abbiamo che il valore di bilancio è superiore dal momento che il contributo non è stato decurtato dal costo.
Peraltro una parte dei contributi iscritti in bilancio come risconti passivi non sono stati ancora imputati a conto economico.
Da ciò deriva che i risconti passivi ancora in essere alla data della dismissione del cespite interessato, dovranno andare ad incremento della plusvalenza o a decremento della minusvalenza emergente dalla cessione:
ASPETTI FISCALI DEI CONTRIBUTI IN CONTO CAPITALE E DEI CONTRIBUTI IN CONTO IMPIANTI
Ai fini fiscali i contributi in conto capitale per le imprese e i contributi in conto impianti seguono regole diverse.
I primi, essendo erogazioni volte ad una generica ricapitalizzazione dell’impresa sono regolati dall’art. 88, comma 3, lettera b), del Tuir e costituiscono una sopravvenienza attiva che risulta rilevante nell’esercizio in cui sono stati incassati. La loro imposizione può avvenire, a seguito di opzione, anche in quote costanti, nell’esercizio di incasso e nei successivi, ma non oltre il quarto.
Nella prassi commerciale non è infrequente che gli enti pubblici (per disposizione di legge), o i soggetti privati (in base a disposizioni contrattuali) effettuino erogazioni alle imprese senza obbligo di restituzione.