La Cina si è commossa per la storia del bambino che nello Yunnan ha percorso oltre 4 chilometri a piedi a meno nove gradi, arrivando a scuola con i capelli completamente ghiacciati. Oltre alla commozione, sono seguite anche tante donazioni riprese con enfasi dai media locali. Ma il “bambino di ghiaccio” – binghua nanhai in mandarino – è uno dei “bambini lasciati indietro”; ovvero, potrebbe essere il figlio di lavoratori che di recente a Pechino sono stati sfrattati.
L’hashtag che si è propagato per le reti sociali cinesi, questa volta non ha avuto intoppi di natura censoria da parte delle zelanti autorità cinesi addette ad “armonizzare” il web: #冰花男孩 ovvero binghua nanhai, il “bambino di ghiaccio” è stato a lungo trending topic su Weibo.
Il piccolo Wang Fuman, questo il nome del bambino, la settimana scorsa, era stato fotografato dalla sua insegnante dopo essere arrivato in classe completamente congelato, con capelli e sopracciglia ghiacciate e le mani spaccate dal gelo. Ha camminato 4,5 chilometri per raggiungere la scuola dalla baracca dove vive con la nonna e la sorella.
Il sogno cinese non è per tutti: Xi Jinping nel suo discorso al diciannovesimo Congresso del Partito comunista ha specificato che tante persone sono ancora escluse e che la povertà è ancora un problema da risolvere. Ogni anno in Cina c’è una storia commovente e terribile, che permette ai media di Stato di sottolineare la povertà della vita di certe persone, stimolando commozione e solidarietà. Quella del piccolo Wang, il “bambino di ghiaccio” è emblematica.
Alla commozione hanno partecipato anche i media di Stato la cui grancassa ha permesso di raccogliere soldi. Secondo il China Daily le donazioni alla scuola hanno raggiunto 2,61 milioni di dollari e al padre del bambino è stato offerto un lavoro vicino a casa sua, nella provincia dello Yunnan. Le donazioni alla scuola serviranno per il riscaldamento dell’istituto e altri 77 dollari ciascuno verranno dati agli studenti per salvaguardarsi dalle temperature gelide. Nella gara mediatica della solidarietà un ruolo fondamentale è stato quello del Quotidiano del Popolo, l’organo ufficiale del Partito comunista cinese.
I media – però – non hanno ricordato, se non di sfuggita, un dato: Wang a otto anni vive con la nonna e la sorella perché i suoi genitori sono dovuti migrare in altre città alla ricerca di lavoro, lasciando il figlio nelle povere dimore di famiglia. Si tratta di un fenomeno che ha un nome, “left behind children” (liushou in mandarino).
Secondo le statistiche sarebbero almeno 61 milioni (nel luglio 2016 ne avevamo scritto su Eastwest) i bambini che crescono senza i genitori in Cina.
Senza contare che, spesso, i genitori di questi bambini non se la passano meglio dei propri figli: nelle settimane scorse abbiamo documentato su Eastwest la campagna contro i lavoratori migranti in corso a Pechino. Migliaia di persone giunte da altre città o dalla campagna sfrattati a temperature rigide e lasciate al loro destino. Per tutelare davvero i tanti Wang cinesi, i media dovrebbero cominciare a raccontare anche cosa succede ai genitori di questi bambini.
Per quanto riguarda la povertà: come riportato dal South China Morning Post, “Le statistiche ufficiali hanno rilevato nel 2016 che circa 43,3 milioni di residenti rurali vivevano ancora al di sotto della linea di povertà ufficiale del paese di 2.300 yuan (346 dollari) all’anno”.
Quanto al piccolo Wang sembra avere le idee chiare: “Voglio essere un agente di polizia per combattere i cattivi”, ha detto a The Paper, una pubblicazione con sede a Shanghai.
Chissà chi saranno i cattivi da catturare, però, tra qualche anno.
@simopieranni