Golpe bianco o abuso di potere? Magistratura politicizzata o corruzione di governo? Il Brasile naviga, ormai da mesi, più intensamente da una settimana, in acque torbide. Non esiste un punto di vista vincente, ma solo un gioco istituzionale a somma zero. Ci rimettono un po’ tutti: il governo indebolito politicamente e socialmente; la magistratura contestata; l’opposizione timorosa; il Parlamento diviso, e una Corte Suprema delegittimata pubblicamente.
L’unica nota positiva è la ritrovata voglia dei cittadini brasiliani di manifestare per un Paese migliore, a prescindere dagli schieramenti politici. Al momento è forte la richiesta che il Partido dos Trabalhadores, il PT di Lula e Dilma Rousseff, abbandoni Brasilia il prima possibile, ma esiste anche un grosso timore che un governo d’opposizione riporti indietro il Paese quanto a politiche sociali.
Cos’è successo ultimamente al gigante sudamericano? Potremmo così riassumere le vicende: Luiz Inácio Lula da Silva, ex Presidente del Paese, è entrato nel mirino della maxi-inchiesta anti-corruzione di Curitiba, la Lava-Jato, comodamente ribattezzata la “mani pulite brasiliana”, e condotta dal giudice federale Sergio Moro. L’esecutivo di Dilma Rousseff, in grave difficoltà sia con l’elettorato che con il Congresso, ha “invitato” l’ex Presidente a far parte della squadra di governo, offrendogli il posto di Ministro della “Casa Civil”, un incarico molto significativo. L’opposizione e parte della stampa hanno gridato allo scandalo, accusando il partito di governo di aver nominato Lula solo per aiutarlo a fuggire dalle investigazioni di Curitiba, spostando il processo presso la Corte Suprema del Paese. E non l’immunità, come erroneamente riportato da alcuni media. La Polizia Federale, nella pratica il giudice Moro, con una tempistica stupefacente, ha reso pubbliche intercettazioni dal contenuto rilevante. La legalità della diffusione è ancora molto dibattuta: secondo alcuni è stato un atto politico, secondo altri un atto giudiziario dovuto. Dopodiché, e qui giungiamo al culmine della crisi, Lula è stato impedito di assumere l’incarico da tre sospensioni provvisorie di tre diversi tribunali brasiliani. Ogni evento è stato caratterizzato da forti manifestazioni di piazza, durante le quali è stata chiesta la rinuncia dell’attuale Presidente, sottoposta a un processo di impeachment, portato avanti dal presidente della Camera Eduardo Cunha, appartenente al PMDB. Teoricamente un partito alleato del PT al governo.
Quali sono i prossimi passi? Lula e Dilma combattono su due piani distinti: il primo per entrare nel governo e recuperare la propria immagine; la seconda per garantire il mandato e riprendere le redini di un esecutivo allo sbando. L’opposizione, invece, rema tutta nella medesima direzione: far saltare il banco del PT il prima possibile. Le opzioni sono due: cambiare gli equilibri della maggioranza o sperare nel processo d’impeachment, in cui Dilma è accusata di aver truccato la contabilità dell’Uniao e di essere complice della corruzione diffusa nella Petrobras, compagnia petrolifera del Paese. Le carte sono in mano al PMDB del vice-presidente Temer, che il 29 marzo deciderà se permanere nella squadra di governo o meno. La sensazione è che il PT abbia fatto terra bruciata intorno a sé. Nel frattempo, la richiesta di impeachment avanza nella commissione nominata. Fra i 65 giudicanti, ce ne sono 8 già dichiarati colpevoli dalla Corte Suprema in altri processi, così come Cunha, indagato nell’operazione Lava Jato per aver ricevuto una mazzetta da 5 milioni di dollari. Gli fa compagnia Renan Calheiros, Presidente del Senato, anche lui citato e investigato nella stessa operazione, così come Michel Temer, il vice Presidente che dovrebbe rilanciare il Brasile a livello internazionale. Le prime quattro cariche dello Stato sono tutte indagate o citate dai collaboratori di giustizia della Lava-Jato. L’ex Presidente Lula, nel mirino di Moro, deve rispondere di accuse gravissime, mentre Aécio Neves, già citato nello stesso caso, sarà presto indagato formalmente. La magistratura è accusata dai filo-governativi di essere la longa manus di un golpe bianco, mentre la Corte Suprema avrà fra le mani il futuro di quasi tutti gli esponenti. Una sola “mani pulite” potrebbe non bastare.