Internet è una delle armi più efficaci a disposizione di ISIS. È usata per propaganda e proselitismo, per raccolta fondi e per comunicazioni. Nonostante nei territori sotto il suo controllo le infrastrutture di telecomunicazioni siano distrutte l’accesso alla rete è possibile grazie alle tecnologie satellitari, vendute ai jihadisti da aziende dei paesi aderenti alla coalizione che li bombarda.
Corano, Kalašnikov e parabola. Il corredo del perfetto militante ISIS. Fedele disposto a morire per il suo Islam, ma che non può fare a meno di un veloce accesso a Internet. Nessuna organizzazione terroristica utilizza la rete Internet per farsi propaganda in maniera più efficace di ISIS. Mentre in molti comuni italiani si è ancora vittime del cosiddetto Digital Divide (assenza o lentezza dell’accesso alla rete ndr), nei territori controllati dal Califfo Abu Bakr al-Baghdadi il problema sembra non esistere. L’ISIS ha fatto della presenza sui social network, e in generale sulla rete, una delle sue armi più micidiali. Internet è usata sia per diffondere messaggi, immagini e video per cercare proseliti e raccogliere fondi, sia per tenere i contatti tra gli adepti in tutto il mondo.
Questo è possibile grazie alle tecnologie satellitari. Con una parabola e un modem si può facilmente entrare in rete anche in aree dove le infrastrutture di telecomunicazione sono per la maggior parte distrutte dalla guerra. Il risultato è una linea veloce, che può arrivare a scaricare a 22 e trasmettere a 6 megabyte al secondo.
È notizia di questi giorni che le autorità irachene hanno chiesto alle aziende che distribuiscono i servizi Internet via satellite di bloccare, o almeno controllare gli accessi dai territori dominati da ISIS.
“Il tentativo di diversi social, come Twitter e Telegram, di chiudere gli account dei Jihadisti non serve a nulla. Per ogni dieci che sono chiusi venti nuovi sono aperti. La soluzione reale è bloccare l’accesso a Internet.” A parlare è un esperto di comunicazione iracheno, che vuole restare anonimo.
Per collegarsi al web tramite un satellite è necessario avere un terminale VSAT (Very small aperture terminal), un’antenna satellitare, un modem e, infine, un abbonamento con un provider.
“Nonostante molte richieste avanzate alle aziende fornitrici – continua l’esperto – nessuno finora si è assunto la responsabilità di identificare e verificare gli utenti finali nei territori di ISIS. Si nascondono dietro un problema solo parzialmente reale, la lunga catena di intermediari che esiste dall’azienda che fornisce il servizio all’utente finale.
A Mosul, città roccaforte di ISIS nel nord dell’Iraq, un sistema VSAT può essere acquistato tra i 2.000 e i 3.000 USD in un mercato dell’elettronica vicino all’università.
Dai territori del Califfato in Siria e in Iraq è anche possibile acquistare le attrezzature necessarie ad Antiochia, in Turchia, dove costano molto meno.
“So con certezza che nei negozi di Antiochia spesso arrivano uomini anonimi, che acquistano diverse decine di parabole alla volta pagando in contanti e comprano anche strumenti per la trasmissione via radio, da usare per diffondere il segnale. In città la richiesta di tecnologie satellitari al di là del confine è un vero e proprio boom commerciale.” Racconta Rahed Hamadeye, giornalista libanese.
Due dei numerosi venditori di accessi in Iraq hanno dichiarato di avere ciascuno circa 2.500 utenti siriani da cui ricavano proventi pari a 100.000 dollari al mese.
“Quando viene chiesto loro a chi stiano vendendo la strumentazione e i servizi, la risposta è sempre la stessa: trattiamo solo con partner commerciali e non conosciamo il cliente finale.” Racconta Hamadeye.
Diverse compagnie sono coinvolte nella catena di produzione e vendita degli accessi satellitari a Internet. In cima a questa piramide ci sono gli operatori europei dei satelliti, come la francese Eutelsat, la britannica Avanti Communications e la SES lussemburghese. Sotto ci sono le imprese di distribuzione, che comprano i servizi e la copertura dalle grandi compagnie e li rivendono ad aziende e privati. Nella regione le più importanti sono la Wafa e Yahsat, degli Emirati Arabi Uniti e l’inglese Bentley Walker.
Per gli operatori satellitari quello mediorientale è un mercato importante, visto che quello europeo è praticamente dominato dai fornitori ‘tradizionali’ di Internet, molto più economici. Invece, i mercati iracheno e siriano, dove di fatto non esiste alternativa alla connessione satellitare, rappresentano per tutta la catena un affare estremamente vantaggioso.
L’esperto iracheno afferma che il suo Governo ha chiesto alle società che distribuiscono il servizio sul territorio di bloccare Internet nelle aree controllate da ISIS. “Da questi sono arrivati segnali positivi, ma il processo è complicato e ha bisogno di tempo. Per adesso solo la Yahsat ha collaborato.” Wafa e Bentley Walker si sono limitate a dire che hanno circa 5.000 clienti in tutto il Paese e che solo il rivenditore in loco conosce l’utente finale.
Tecnicamente gli operatori satellitari possono determinare la località dove è utilizzato il servizio che hanno venduto. Quando si effettua il primo accesso con un’unità VSAT all’utente è chiesto di fornire le proprie coordinate GPS, se non sono comunicate o oppure si registrano dati falsi o incompleti la connessione rallenta fino a diventare inutilizzabile.
Il settimanale tedesco Spiegel, in possesso di alcuni dati emersi da questa procedura, ha scritto che dal 2014 sono molte le attivazioni realizzate nei territori controllati dallo Stato Islamico. In Siria si registrano accessi da Raqqa, Aleppo, Deir al-Zor fino all’Iraq, a Mosul.
Da molte testimonianze sappiamo che in quelle aree l’uso del web è rigidamente controllato dagli uomini di ISIS. Secondo i racconti degli attivisti di Raqqa is Being Slaughtered, associazione di cittadini che a rischio della vita diffondono notizie, nei territori del Califfo l’accesso a Internet è rigidamente controllato. È proibito acquistare apparecchi satellitari per connettersi in autonomia. La pena per chi infrange questa regola può arrivare alla morte.
Eppure, per gli operatori satellitari è relativamente facile interrompere l’accesso al servizio di un utente o controllare il tipo di traffico prima di farlo. Probabilmente dietro a questa indolenza dei fornitori ci sono interessi economici e la necessità di rientrare dei grandi investimenti effettuati. Mettere in orbita geostazionaria un satellite per telecomunicazioni costa circa 400 milioni di dollari e la sua vita media è di soli 15 anni.
D’altra parte “Anche se l’Iraq – dice ancora Hamadeye – avesse la capacità di imporre alle compagnie di tagliare gli accessi di ISIS, il gruppo potrebbe continuare a collegarsi attraverso le reti illegali installate da affaristi senza scrupoli in città come Kirkuk, Irbil e Dahuk.”
Questi imprenditori acquistano pacchetti di dati passando attraverso prestanome e intermediari. Poi, si collegano a potenti antenne, che portano il segnale anche a 40 km., per raggiungere gli utenti finali. “L’accesso può essere più lento, ma è molto difficile rintracciare questi fornitori artigianali. È possibile acquistare ha pacchetti a 100 USD a Irbil e rivenderlo per 500, è davvero un buon affare.”
“Per bloccare realmente le attività di ISIS in rete – ha concluso l’esperto – ci vorrebbero risorse enormi e competenze che qui a Baghdad non ci sono.”
La relativa facilità con cui i terroristi del Califfo Abu Bakr al-Baghdadi accedono a Internet dai territori che controllano pone alcune questioni. Da un lato i paesi occidentali sono riuniti nella più grande coalizione militare della storia per combatterli, dall’altro alcuni di quegli stessi paesi sembrano fornire allo Stato Islamico una formidabile arma come l’accesso alla rete.
Emblematico sembrerebbe il caso della Francia. Il presidente François Hollande, dopo le stragi di Parigi, ha dichiarato che il suo Paese era in guerra contro lo Stato Islamico. Indirettamente, però, il governo francese, che attraverso la banca statale Caisse des Dépôts controlla il 26% di Eutelsat, potrebbe essere uno dei più importanti fornitori di Internet del Califfato, almeno in Siria.
Inoltre, non è difficile per le autorità occidentali controllare chi si connette dalle aree del cosiddetto Sato Islamico e cosa viene immesso in rete da quegli account, le stazioni di terra usate per alimentare i segnali satellitari sono situate in paesi europei come Cipro per Avanti e l’Italia per Eutelsat. Non è difficile immaginare che questo controllo sia realizzato dalle intelligence occidentali, ma allora diventa difficile capire come sia stata possibile la rapida espansione di ISIS nonostante le tante informazioni, sulla carta, disponibili a chi afferma di combatterlo. Questa, però, è un’altra storia, molto più articolata e complessa che riguarda anche il traffico di armi, il commercio illegale del petrolio e il traffico di antichità. È la storia delle ingenti risorse economiche del Califfato e di come non siano mai state realmente bloccate.