Il prezzo del rame è basso come non mai a causa del rallentamento dell’economia mondiale e di quella cinese in particolare. Per il Cile, che detiene le maggiori riserve al mondo, ciò vuol dire meno crescita e meno introiti fiscali e valutari, ma anche la chiusura di miniere piccole a ritmo serrato. In tutto il settore, migliaia di lavoratori stanno perdendo il lavoro e le loro famiglie la fonte d’ingresso.
La “maledizione delle materie prime”
Con il 38% del rame nel suo sottosuolo, il Cile ne è il principale produttore: 5,6 milioni di tonnellate – cinque volte quanto ne producono Usa, Australia, Perù o Cina – ma il prezzo di una tonnellata si è dimezzato rispetto a quelli record: da 8400 dollari è sceso a 4400.
“Il rame è lo stipendio del Cile”, diceva Salvador Allende. Infatti, nel paese che si affaccia sul Pacifico Sud, l’attività mineraria rappresenta il 13% del Pil. Zone intere vivono grazie a miniere piccole e medie.
Nell’estremo Nord la crisi è più grave. In questi giorni, a Copiapo, sono fermi 220 camion carichi in attesa che il prezzo salga. Il costo di produzione arriva a 3 dollari per libra (450 g) per una miniera piccola e a 2,6 per una media – insostenibile a fronte dei 2,04 dollari la libra che vale ora, anche conteggiando i 40 cent dello Stato.
Con l’indotto – macchinari, trasporti, costruzione – gli occupati si moltiplicano per quattro, ma, per esempio, a Tierra Amarilla, nel mezzo del deserto dll’Atacama, i camion ora fanno al massimo tre viaggi al giorno invece dei precedenti dieci e gli aerei la metà dei voli. Le miniere piccole erano 1.131 all’inizio del 2015, ora sono solo 928, riferisce El Mercurio. La disoccupazione peggiorerà quando con l’inizio dell’autunno torneranno dalle valli i minatori che hanno lavorato alla vendemmia. “Sono persone con capacità molto particolari che non possono riconvertirsi”, spiega Eduardo Catalano, dell’associazione mineraria locale. “Lo Stato dovrebbe tutelare loro e le loro capacità”.
Non va bene nemmeno nelle grandi miniere. Escondida, la più grande miniera del Chile e del mondo, ha sospeso 1290 persone, ma difatti, a non avere più un introito sono circa 7000 famiglie; lo stesso a El Soldado, dell’Anglo American, che ha lasciato a casa già l’anno scorso 6000 lavoratori. In tutto sono 23.050 posti di lavoro persi tra ottobre e dicembre secondo l’Istat cileno.
Le grandi corporation minerarie gestiscono il 70% del rame cileno. Il restante 30% lo estrae e lo commercializza Codelco, l’impresa del rame dello Stato. Tutti, stando al nuovo ministro del Tesoro, Rodrigo Valdés, hanno “prospettive peggiori di quanto ci aspettassimo” per il 2016.
Anche le casse dello Stato piangono, perché il rame ha rappresentato finora il 16% di tutti gli introiti fiscali, ma è qui che ci si addentra in quella che potrebbe essere la più colossale truffa del settore cuprifero.
La frode dei future
Anche con prezzi attorno ai 50 cent di dollaro, la Codelco non ha mai smesso di finanziare lo Stato – fino ai dieci anni fa, proprio quando il prezzo del rame toccava picchi di 3,5 dollari o più la libra. Valdés ha confermato che Codelco avrà quest’anno “utili vicino allo zero”.
Com’è possibile? si è chiesto l’economista e avvocato Julián Alcayaga della ong Comité para la defensa del cobre. La spiegazione sono i future: contratti con i quali la Codelco si è impegnata a vendere il rame a una data scadenza a un dato prezzo. Guarda caso, esso è stato negli ultimi dieci anni sempre meno della metà di quello di mercato (1,36 dollari, per esempio, quando il prezzo medio di mercato era di 3,42). “Non è possibile che ci siano stati errori nelle proiezioni dei prezzi futuri del rame: è stata un’azione deliberata per perdere denaro a favore di un preciso operatore del mercato”, ha spiegato Alcalaya in un’intervista a Radio Universidad de Chile.
“Le perdite cominciano nel 2010 e vanno avanti fino a 2014”, dice l’economista che ha calcolato il danno in 21 miliardi di dollari. Curiosamente, le denunce alla magistratura sono state seguite con molta pigrizia dai media cileni, ma ora il fascicolo è arrivato sul tavolo della Procura alta complessità che è specializzata nelle grandi frodi. Un importante settimanale messicano, Proceso, ha scritto un lungo articolo investigativo sul caso degli “utili azzerati” della società che estrae e commercializza l’equivalente della produzione di Canada e Australia insieme.
Non è inusuale che i giganti del settore realizzino perdite controllate nei mercati dei future per pagare meno tasse nel paese dove estraggono. In questo caso, però, il sospetto della ong cilena è che dietro la speculazione ci sia il tentativo di una o più corporation per fare fallire Codelco e rilevare i suoi 1,7 milioni di tonnellate, ben l’11,4% del metallo rosso del mondo.
Il governo Bachelet tra crisi e lotte interne
Il danno avrebbe finanziato per più di dieci anni l’università di qualità gratuita per tutti, una delle principali riforme promosse dal governo di Michelle Bachelet – che è sfortunata quando arriva l’estate. L’anno scorso, quando era già nella sua casa nella Patagonia cilena, uno scandalo di evasione fiscale ha coinvolto la nuora.
Mentre scriviamo, ha presentato le sue dimissioni Cristián Riquelme, l’amministratore de La Moneda, il palazzo presidenziale, perché avrebbe intascato tangenti in cambio di contratti ad aziende tra cui quella coinvolta anche nel caso della nuora di Bachelet (caso Caval). Ora forse alti funzionari dovranno rispondere per lo scandalo dei future del rame durante il suo precedente mandato e quello di Ricardo Lagos (del suo stesso schieramento).
La crisi, gli scandali e le disuguaglianze sociali hanno creato un clima di scetticismo acuito dagli appelli della coalizione di governo al “realismo” e alla necessità di accomodare esigenze di partiti molto diversi. Hillary Clinton ha copiato da Bachelet lo slogan “Estoy contigo” (Sto con te), ma parte della popolazione cilena non sembra crederci perché il grado di disapprovazione è salito al 67%.
L’attuale Nueva mayoría, il nuovo nome del raggruppamento di centrosinistra che governa il paese quasi ininterrottamente dalla caduta della dittatura di Pinochet, ha incluso fino alle elezioni del 2013 dalla Democrazia cristiana al Partito socialista. Da dicembre ne fanno parte anche il Partito comunista e molti nuovi leader politici giovani. La presenza del Pc nella coalizione spiegherebbe la bassa conflittualità nonostante i problemi sociali ed economici che assillano il paese più sicuro e affidabile dell’America Latina. I giovani della nuova sinistra sono però insofferenti alla lentezza di una maggioranza così variegata e i contrasti hanno rallentato l’adozione delle riforme promesse: lavoro, studi terziari gratuiti, democratizzazione del sistema pensionistico e di quello sanitario e infine una nuova Costituzione.
“C’è grande tensione tra la vecchia sinistra che difende la governabilità e quella attuale che forse preferirebbe perdere verso la destra che vincere con esponenti della vecchia sinistra”, dice in un’intervista tv a La semana politica il filosofo Max Colodro. Anche così, il Cile resta un laboratorio di democrazia – ora quanto al destino delle grandi coalizioni.
La pace del lago Caburgua dove soggiorna la presidente è in grande contrasto con ciò che succede nel resto del Paese.