Una misura arbitraria e vaga come quella firmata dal presidente Usa colpisce profondamente anche il mondo accademico, mettendo in pericolo l’istruzione di 12269 iraniani che sono entrati legalmente negli Stati Uniti e ai quali il diritto allo studio potrebbe essere negato.
Nel 1946 George Orwell scriveva che un certo linguaggio politico fa uso e abuso di una «miscela di vaghezza e pura incompetenza». Oltre settant’anni dopo, il presidente americano Donald Trump sembra incarnare quelle stesse parole.
Vaghezza, arbitrarietà e razzismo
Nel 2017 succede che alla Casa Bianca ci sia un uomo che ha firmato un ordine esecutivo che blocca il programma di accoglienza rifugiati per 120 giorni e impedisce l’ingresso negli Stati Uniti ai cittadini provenienti da sette Paesi musulmani (insieme all’Iran, Iraq, Libia, Siria, Somalia, Sudan e Yemen) per 90 giorni a partire da venerdì gennaio 2017.
Accade che a capo di una delle nazioni più potenti al mondo ci sia un presidente fiero di sigillare i propri confini a milioni di cittadini, de facto su base religiosa. E, orgoglioso, una volta sommerso dalle critiche e dalle mobilitazioni internazionali, scrive su Twitter: «Tutti a discettare se sia o meno unbando. Chiamatelo come volete, si tratta di tenere gente cattiva (con cattive intenzioni) fuori dal Paese!».
Nella vaghezza delle parole del tycoon repubblicano la democrazia, la libertà e l’accoglienza perdono ogni significato, dietro l’alibi della sicurezza.
Discriminare tutti in nome della sicurezza nazionale: il caso degli iraniani
Non importa essere un rifugiato, un migrante, uno studente oppure un professore. Quello che conta è avere un passaporto iraniano, per esempio, e volere entrare negli Stati Uniti.
A quel punto ogni cittadino è potenzialmente un terrorista o un pericolo per la sicurezza americana, almeno secondo l’amministrazione Trump.
Il problema è che il provvedimento è tanto vago, quanto arbitrario. Ciò significa che gli Stati Uniti si riservano il diritto di valutare «caso per caso» se anche chi ha già un regolare permesso di residenza, ovvero la green card, costituisca o meno «una seria minaccia alla pubblica sicurezza», come ha specificato il Department of Homeland Security.
In un clima di incertezza inaccettabile, la politica si muove al passo di “se” e “ma”. Affida un enorme potere alle singole autorità che di volta in volta si troveranno a valutare un caso e così a decidere se e a chi concedere il permesso.
L’impatto emotivo per le famiglie e la crudeltà di uno stato d’eccezione
La decisione di Trump mette la vita di milioni di lavoratori, ricercatori, studenti in uno stato d’eccezione, li abbandona alla logica del «singolo caso». Così, oltre a un evidente impatto emotivo per le famiglie, a rischio è il capitale umano del cosiddetto “muslim ban”.
«Persino in Iran, si immagina l’America come la terra dei sogni. Ma questa non è l’America che pensiamo», ha raccontato a The Atlantic una ricercatrice iraniana che avrebbe dovuto iniziare una post-doc fellowship a Boston e che è stata fermata in aeroporto proprio a causa del nuovo provvedimento. È stato «uno shock (…) poi tristezza estrema, e infine una forte sensazione di essere stata profondamente discriminata».
Migliaia di studenti e ricercatori a rischio esclusione
Se nulla cambierà, una misura arbitraria come quella firmata da Trump potrà mettere a repentaglio l’istruzione di 12269 iraniani che sono entrati legalmente negli Stati Uniti e ai quali il diritto allo studio potrebbe essere negato.
Secondo i dati dell’Institute of International Education, proprio nell’ultimo anno le immatricolazioni di studenti iraniani erano aumentate dell’8,2 per cento, un vero e proprio record in quasi trent’anni. Anche grazie a loro e a tutti gli studenti internazionali, si sono riempite le casse Usa con 35 miliardi di dollari solo nel 2015.
La legittimazione dell’odio: la cesura dell’era Trump
Tutto questo fermento potrebbe finire in nome di un pericolo annunciato e di una minaccia percepita.
Il vero problema è che il “Muslim ban” ha legittimato la discriminazione e l’odio solo su base religiosa, istituzionalizzando un regime di paura, dando credito all’intolleranza verso “l’Altro”.
Con Trump è (purtroppo) iniziata una nuova era, apertamente contro l’Islam «che odia» – almeno a detta del presidente – e che sarebbe «un cancro» secondo il suo consulente per la sicurezza nazionale.
Una misura arbitraria e vaga come quella firmata dal presidente Usa colpisce profondamente anche il mondo accademico, mettendo in pericolo l’istruzione di 12269 iraniani che sono entrati legalmente negli Stati Uniti e ai quali il diritto allo studio potrebbe essere negato.