La coraggiosa manovra americana rappresenta una speranza per l’economia di Cuba.
Per i Cubani, la mattina del 17 dicembre è iniziata con notizie poco rassicuranti. Il Leader Raúl Castro era in procinto di tenere un discorso alla nazione. Sapevano che avrebbe parlato degli Usa. Pochi immaginavano che avrebbe annunciato un cambiamento di portata storica.
Nello stesso momento, dalla Casa Bianca, il Presidente Barack Obama proclamava ciò che i Cubani non avrebbero mai pensato di sentire: il ristabilirsi di relazioni commerciali tra Usa e Cuba, la riapertura dell’ambasciata Usa a L’Avana, la scarcerazione di prigionieri in entrambi i Paesi. I primi passi verso lo smantellamento delle ultime barricate erette durante la Guerra fredda, in un mondo post-rivoluzionario.
Nel suo discorso – dopo una telefonata con Raúl Castro e trattative diplomatiche segrete in Canada e in Vaticano con papa Francesco – Obama l’ha definito un cambiamento atteso a lungo, dopo oltre mezzo secolo di politiche fallimentari. “Non mi aspetto che la società cubana cambi dal giorno alla notte” ha affermato. Ma all’isolamento si è preferito un impegno costruttivo. “Aprendo al confronto saremo in grado di promuovere la libertà” ha dichiarato un funzionario dell’amministrazione in una conferenza stampa alla Casa Bianca.
Tra gli effetti immediati del mutamento, la liberazione del costruttore americano Alan Gross, detenuto a Cuba da 5 anni con l’accusa di spionaggio. Il patto prevede sicuramente lo scambio di prigionieri: una spia americana che ha passato 20 anni in prigione in cambio di tre agenti dell’intelligence cubana detenuti in Usa.
Per i cittadini Usa, il riavvicinamento significa la possibilità di viaggiare più facilmente a Cuba e l’utilizzo di carte di credito e bancomat sull’isola. È possibile che l’accordo spiani la strada a un graduale ritiro delle sanzioni Usa, passo che richiede l’approvazione del Congresso. “Non ci sono margini per smantellare l’embargo adesso, con l’attuale maggioranza repubblicana al Congresso” secondo Arturo Lopez Levy, economista cubano all’Università di Denver che lasciò l’isola nel 2001. “Ma al vecchio spauracchio di Cuba, giustificazione di una politica ostile e d’isolamento, si sostituisce l’immagine di un paese in transizione. Si apre una importante fase di negoziazione”.
Da quando Raúl è subentrato al fratello Fidel nel 2008, Cuba ha subito enormi trasformazioni, soprattutto con le riforme avviate nel 2010. Ora ai Cubani è permesso utilizzare telefoni cellulari, comprare e vendere case o macchine, aprire piccole aziende cooperative.
“È cambiato tutto”, racconta lo chef italiano Walter Ginevri, che a L’Avana ha aperto una pizzeria 4 anni fa, e nel quartiere c’erano solo una dozzina di ristoranti. Ora ce ne sono 200, e un ex insegnante statale che diventi proprietario di un ristorante arriva a guadagnare, in una giornata, quanto un mese di stipendio.
Prima delle riforme, l’attività libera professionale era concessa solo a circa 150.000 persone. Ora il settore privato assorbe mezzo milione di lavoratori, e altrettanti impiegati nelle cooperative. “Un milione di persone, un quinto della forza lavoro, avviate a un’economia di mercato”, secondo Lopez Levy.
Tuttavia, le riforme di Raúl sono di portata limitata. Le opportunità nel privato si riducono a un’esigua lista di 201 posizioni. Un avvocato può lavorare solo per il governo. “Ci sono ostacoli enormi alla libera imprenditoria”, afferma Ted Henken, coautore del recente Entrepreneurial Cuba. “Quello che non si è detto è che circa 400.000 Cubani hanno restituito la licenza di lavoro nel privato, causa fallimento”.
Nel frattempo, la debole economia cubana rallenta, un tasso di crescita del Pil intorno all’1%. “Ogni anno oltre 50.000 Cubani emigrano negli Usa, e la popolazione è in diminuzione anche per via delle nascite zero” aggiunge Henken. Henken auspica un’accelerazione del processo di cambiamento, secondo altri i mutamenti troppo repentini porterebbero instabilità.
Gary Clyde Hufbauer e Barbara Kotschwar, autori del recente libro Economic Normalization with Cuba, mettono in guardia contro il modello russo, in cui veloci trasformazioni hanno dato vita alla corruzione favorendo le oligarchie, e indicano il Vietnam e la Cina, esempi di transizione graduale all’economia di mercato.
Il ristabilirsi delle relazioni fra i due Paesi ha suscitato critiche al Congresso tra le fila repubblicane. “La Casa Bianca ha fatto grandi concessioni senza ottenere granché” sostiene il senatore repubblicano della Florida Marco Rubio, americano di origine cubana e possibile candidato alla presidenza Usa. Lamentando la mancanza d’impegni precisi su libertà di espressione, elezioni, accesso a Internet e democrazia, Rubio è convinto che “la mutata strategia si basi sull’illusione – anzi sulla menzogna – che scambi commerciali più intensi e maggiore disponibilità di denaro e merci si tradurranno in libertà per i Cubani”.
Molti considerano la mossa di Obama una coraggiosa manovra di fine partita, non a caso intrapresa a due anni dalla fine del suo mandato. “Ora che non ha bisogno di rendere conto ai propri elettori, porta avanti ciò in cui crede e ha sempre voluto fare”, asserisce Henken.
La riapertura delle relazioni commerciali potrebbe essere vincente per entrambe le parti.
Per gli Usa, secondo Kotschwar “un vantaggio sarà il venir meno dell’ostacolo alle relazioni con i paesi del continente americano”. La politica Usa nei confronti di Cuba ha sempre suscitato le critiche di molti governi della regione. Ora Obama può ottenere maggiore cooperazione sul narcotraffico, l’immigrazione e la lotta al terrorismo. Per Cuba, l’accordo rappresenta una speranza per l’economia, specie adesso che il Venezuela risente del crollo nei prezzi del petrolio.
Nel suo blog da L’Avana pubblicato sull’Huffington Post la giornalista cubana indipendente Miriam Leiva scrive: “Raúl ha un disperato bisogno di riallacciare le relazioni con gli Usa. Il regime affronta una crisi economica da 25 anni, che peggiorerebbe senza l’appoggio finanziario del Venezuela”
Secondo Leiva “gli effetti di queste decisioni storiche dei due Presidenti dipenderanno da come saranno implementate, e dalle libertà che il governo cubano sarà pronto a concedere. È certo che, una volta aperto, il vaso di Pandora non si chiude più”.
La coraggiosa manovra americana rappresenta una speranza per l’economia di Cuba.