Quando l’argomento si sposta sul problema ucraino bisogna sempre chiedersi: di quale Ucraina stiamo parlando?

Non è un segreto che il paese è diviso. Si parla spesso di ucraini occidentali in opposizione agli abitanti delle province russofone dell’est e del sud. Ma a parte questa divisione geografica, la società tagliata trasversalmente tra i vecchi post-sovietici afflitti dalla nostalgia e spaventati da qualsiasi cambiamento, e le masse di giovani che hanno voglia di viaggiare e di non sentire alcuna differenza con la loro controparte europea. Ma la seconda domanda è: chi governa il paese ?
Filo-cosa?
Considerare le manifestazioni filoeuropeiste come «la voce degli ucraini» è frutto di un’interpretazione fuorviante. Anche con tutti i suoi limiti e bug, democrazia ucraina si differenzia dalla democrazia guidata russa ed è piuttosto distante dal soffocante regime bielorusso. Le elezioni presidenziali del 2010, che hanno dato il Paese a Yanukovich, sono state giudicate dagli osservatori internazionali conformi «alla maggior parte dei requisiti dell’OSCE e ali standard internazionali per le elezioni democratiche. Agli elettori è stata offerta una vera e propria scelta tra i candidati in rappresentanza di diverse opinioni politiche».
Paradossalmente le manifestazioni di Euromaidan, viste dall’Europa come la forma più genuina di democrazia popolare, sono in gran parte sostenute (soprattutto nella regione occidentale filoeuropea) da Svoboda, il partito ultranazionalista intriso di xenofobia, omofobia e negazionismo, e che celebra come un eroe nazionale Stepan Bandera, il leader filonazista dell’Onu (l’Organizzazione dei nazionalisti ucraini durante la seconda guerra mondiale). Per Svoboda, che ha ottenuto la maggioranza dei voti in città come Leopoli, la vicinanza all’Europa è vista più che altro in chiave nazionalista e antirussa. D’altra parte, riferendosi all’improvvisa decisione di Yanukovich di non firmare l’Accordo di associazione, non ha senso parlare di una mossa imprevista che porterà l’Ucraina nelle braccia della Russia. Non si devono dimenticare i forti legami che legano la Russia a Kiev, dove affondano le più antiche radici della religione, della cultura e della lingua slave. Per molti russi da entrambi i lati, l’Ucraina è semplicemente un’altra Russia.
L’effetto rimbalzo
Non è del tutto corretto dire che l’Ucraina è attirata da due poli. Lungi dall’essere un campo di battaglia tra la Russia e l’Ue , è un player che, rinviando ogni accordo vincolante con l’Ue, ha seguito i propri interessi. Detto questo, non c’è dubbio che la Russia abbia influenzato l’Ucraina, ma probabilmente non nel senso riportato finora. In particolare sto pensando alle mosse di Mosca per mettere in chiaro chi comanda da quelle parti. Secondo un sondaggio dello scorso maggio il 42% della popolazione sosteneva l’integrazione europea, mentre il 31% era a favore dell’ingresso nell’Unione doganale guidata dalla Russia, insieme a Bielorussia e Kazakistan. Ma un altro sondaggio effettuato da GfK Ucraina in ottobre (vale a dire dopo la guerra commerciale del cioccolato e altri mezzi di pressione messi in atto dalla Russia) ha rivelato che il 45% era a favore dell’Accordo di associazione con l’UE, mentre la percentuale che voleva l’Unione doganale era precipitata a un misero 14 % . Un effetto rimbalzo .
Sia Russia che Ue hanno offerto integrazione economica nelle loro rispettive entità regionali, mirando però a obiettivi diversi: la Russia vuole la leadership nella sua ex sfera di influenza, mentre l’Ue cerca di creare una zona cuscinetto orientale governata dai suoi principi e dalle sue norme. Anche in questo caso, un grosso errore da parte dell’Europa.
Un bambino
Ho già scritto dell’’errore di condizionare i negoziati con l’Ucraina al il destino di una sola persona, Julia Timoshenko, ma l’Ue ha fatto un errore ancora più grande nelle sue relazioni con l’Ucraina, mostrando di aver capito poco del Paese quando lo affronta come un bambino da crescere ed educare. Il soft power dell’Ue – già ai minimi storici – sembra non funzionare con lo spazio post-sovietico (i Paesi baltici sono tutta un’altra storia). Le priorità per l’Ucraina non riguardano né la riforma giudiziaria né i diritti LGBT.
Nessuno dei cavalli di battaglia dell’Europa sono in grado di attrarre la classe dirigente di oligarchi – più simili a potenti clan – impaziente di sfruttare le opportunità offerte dalla integrazione economica regionale, ma allo stesso tempo riluttante a perdere i propri privilegi, che potrebbero essere compromessi dalle trasformazioni profonde richieste dall’Ue. Non c’è dubbio che qualsiasi cambiamento che andasse nella direzione di armonizzare gli standard di mercato e tecnici a quelli occidentali troverebbe una forte resistenza da parte della burocrazia post-sovietica. Ed è forse proprio quello che è accaduto alla vigilia del summit di Vilnius.
Quando l’argomento si sposta sul problema ucraino bisogna sempre chiedersi: di quale Ucraina stiamo parlando?