La stazione di Penrith ha due binari. Al primo fermano i treni diretti verso sud, al secondo quelli diretti verso nord.
Al mio arrivo piove. Un’ uomo si offre di darmi un passaggio fino al mio ostello sotto al suo ombrello.
“Piove, certo! E che ti aspetti? Siamo in Cumbria! Perché credi che i laghi siano così profondi? Piove 200 giorni all’anno. E’ il luogo più umido abitato in tutta l’Inghilterra”.
Lo dice con una certa fierezza, ed io non posso fare a meno di sorridere nel constatare che tra le innumerevole cose di cui i cittadini britannici vanno orgogliosi è annotabalie pure il loro tempo miserabile.
“Cosa ti porta qui?” Prosegue il buon uomo.
“Sono una fotografa, sto facendo un lavoro di ricerca sul referendum del 23 giugno”.
“Il referendum. Certo. La gente non parla molto del referendum qui. Abbiamo altri problemi. L’anno scorso ci sono state tre alluvioni. E’ stato un disastro. E’ intervenuto anche l’esercito. Ma poi il governo ci ha abbandonati. Non ci fidiamo più dei politici, e questo referendum è solo un gioco per politici”.
Non ho il tempo di approfondire l’argomento, il mio accompagnatore cambia subito discorso ” E’ il compleanno della Regina oggi! Domani ci sarà una bellissima festa in suo onore a Carlisle. Dovresti andarci, saranno tutti li! Compie 90 anni, sai?”
La regina, in realtà, 90 anni gli ha fatti lo scorso 21 aprile. In questi giorni il paese festeggia il suo non- compleanno. Le date sono state scelte perché il clima, presumibilmente, dovrebbe essere migliore per le cerimonie.
Il giorno successivo splende il sole e, nonostante il mio programma prevedesse una visita a Keswick, decido di seguire il consiglio del mio primo incontro locale e recarmi a Carlisle per la festa in onore di Sua Maestà. D’altra parte “Saranno tutti li”.
Per salvare qualche sterlina faccio il madornale errore di preferire l’autobus al treno; nonostante Penrith e Carlisle distino poco più di 18 miglia l’una dall’altra arrivo dopo un’ora e un quarto. Ma non importa, ne è valsa la pena.
La piazza del municipio è un tripudio di bandierine e palloncini. La gente è vestita a festa. Un’ orchestra jazz suona pezzi anni ’50 ( Sospetto che “My Favorite Things” sia stata ripetuta nel corso della giornata almeno cinque volte) e un nutrito gruppo di volontari distribuisce torte, pasticcini e tè mentre, tra un pezzo e l’altro, un uomo in completo racconta al microfono divertenti aneddoti sulla vita dell’amata regnante.
Ho l’occasione di parlare con moltissime persone.
“Spero tanto che la Gran Bretagna rimanga in Europa” mi dice un’ anziana signora servendomi un piatto di scones con crema e marmellata.
“Voglio dire, lo spero per voi. Io ormai sto per tirare le cuoia dolcezza, ma voi avete tutta la vita davanti! La gente non se ne rende conto, ma l’ Unione Europea ha fatto anche buone cose. Prendi le centrali nucleari per esempio; se non ci fosse l’ Unione Europea in questo paese ti potrebbero costruire le centrali nucleari appena fuori dall’uscio di casa!”
“Sono nato su una dannata isola” afferma un ragazzo che non sono nemmeno certa abbia l’età per poter votare “In una regione in cui vivono più pecore che persone. Non ho alcun motivo per desiderare che il mio paese si isoli ancora di più dal resto del mondo”.
Non ho incontrato nemmeno un euroscettico dichiarato, ma l’opinione più diffusa rispecchia il resoconto fattomi il giorno precedente dall’uomo che mi ha ospitata sotto il suo ombrello “Abbiamo altro a cui pensare. E anche se avessimo il tempo di concentrarci su questo referendum l’informazione è scarsa e veicolata dagli interesse dei politici”.
Quando rientro a Penrith il cielo è di nuovo coperto. Ricomincia a piovere. Piove, non sulla favola bella di lontane stagioni, ma sulla cartella elettorale, piove sugli ossi di seppia e sulla greppia nazionale.






La stazione di Penrith ha due binari. Al primo fermano i treni diretti verso sud, al secondo quelli diretti verso nord.
Al mio arrivo piove. Un’ uomo si offre di darmi un passaggio fino al mio ostello sotto al suo ombrello.