
I leader mondiali riuniti in Giappone, avrebbero espresso timore per «la situazione nel mar Cinese orientale e meridionale» rimarcando «l’importanza fondamentale della gestione e soluzione pacifica delle dispute». Il documento finale, che non menziona direttamente la Cina, assicura che i leader del G7 riaffermano l’impegno «a mantenere un ordine marittimo basato sulle leggi internazionali» con la soluzione pacifica dei conflitti aiutata da misure per rafforzare la fiducia, come l’uso sostenibile di mari e oceani, e la libertà di navigazione e di volo.
Prepariamoci dunque a una reazione cinese, tenendo conto che Pechino ha già, in qualche modo, preceduto le polemiche nei giorni scorsi. Parallela al G7 – infatti – si gioca una partita importante in Asia, dove gli equilibri diplomatici sono stati scossi proprio da Pechino.
La leadership cinese, in un parallelo «benvenuto» in Asia ai leader mondiali, sembra infatti intenzionata a mandare i propri sommergibili con testate nucleari a pattugliare le zone del mare conteso con gran parte dei paesi del continente. Uno schiaffo, eventualmente, al Giappone ma pure a Obama che oggi sarà a Hiroshima dove non chiederà scusa, ma parlerà a favore di un mondo senza atomica.
A questo proposito bisogna sottolineare la protesta coreana. Un gruppo che rappresenta le vittime coreane dei bombardamenti atomici americani del Giappone hanno protestato giovedì scorso, sostenendo che “la loro sofferenza” sarebbe stata trascurata prima della storica visita del presidente Barack Obama a Hiroshima.
La Association of Korean Atomic Bomb Victims stima che tra 40.000 e i 70.000 coreani sono morti a Hiroshima e Nagasaki, quando le bombe atomiche hanno devastato le due città nell’agosto del 1945. La penisola coreana – allora – era sotto il dominio coloniale giapponese e la maggior parte di coloro che sono morti erano stati arruolati dai militari giapponesi o costretti ai lavori forzati.
Di conseguenza, l’associazione sostiene che i coreani sono “vittime multiple”, meritevoli – eventualmente – non solo delle scuse da parte degli Stati Uniti, ma anche dal Giappone.
L’Asia – quindi – sembra essere il vero centro «politico» del G7, in attesa del prossimo incontro che come anticipato da Renzi si terrà probabilmente a Taormina, in Italia: Shinzo Abe ha portato i suoi compagni di meeting al santuario shintoista di Ise Jingu, uno dei più antichi e importanti per la storia del paese. A Renzi, Merkel e compagnia ha fatto zappare la terra per piantare un albero, cercando di cogliere in mondo visione tutti i vantaggi di questo luogo.
Il santuario è infatti dedicato alla dea del Sole dalla quale si dice discenda la famiglia imperiale. In questo modo il premier giapponese tenta di accreditarsi con i sentimenti tradizionalisti più profondi del Giappone: si tratta di un binomio, quello tra politica e religione, che trova parecchi membri del partito di Abe – e del parlamento – concordi e che mira a stabilire una connessione che da alcuni viene vista come «rischiosa».
Tradizione, religione e militarismo – vista la recente approvazione della legge che permette, di fatto, al Giappone di ricreare un esercito e partecipare a missioni all’estero – rischiano di creare un mix pericoloso per molti a Tokyo. Anche per questo in Oriente le mancate scuse di Obama per quanto riguarda lo sganciamento delle due atomiche sul Giappone al termine della seconda guerra mondiale, vengono lette in modo diverso rispetto a quanto accade in Occidente.
Cina, Corea e molti anche in Giappone, sono soddisfatti delle mancate scuse, poiché in questo modo si evita il rischio di trasformare gli aggressori giapponesi in vittime.
E per Cina e Corea in primo luogo sarebbe un affronto non da poco. Nel frattempo Obama le sue mosse le ha già fatte; la Cina infatti risponde a due gesti recenti: l’annunciato sistema anti missile americano Thaad in Corea del Sud e la fine dell’embargo di armi al Vietnam.
L’Asia dunque – senza dimenticare la scheggia nord coreana – aumenta i rischi di incidenti e colpi di mano e la novità non è sicuramente delle migliori.
@simopieranni