L’Europa brama le nuove risorse energetiche degli Usa, ma potrebbero essere dirottate verso l’Asia.

Gli Stati Uniti sono in una posizione sempre più vantaggiosa per trarre vantaggio dalla domanda asiatica di gas naturale. Ora sono tre gli impianti di liquefazione di Gas Naturale (GNL) in fase di progettazione negli Stati Uniti che hanno ottenuto i permessi necessari.
Con l’approvazione federale, i rischi politici legati alle esportazioni di GNL vengono meno. Ora, la sfida principale è individuare e consolidare un mercato vincolato per il prodotto, anche se una rapida crescita della domanda sui mercati mondiali sembra d’un tratto meno probabile – visto il calo del tasso di crescita in Asia e Cina.
Dove peraltro i produttori americani dovranno vedersela con la concorrenza australiana. Un’enorme capacità di liquefazione sta per entrare in funzione nei prossimi anni. Entro il 2018 l’Australia produrrà 62 milioni di tonnellate annue (mtpa) di GNL per l’esportazione, una cifra astronomica se si considera che adesso può contare solo su 22,2 mtpa.
E l’Australia si trova molto più vicino ai mercati asiatici e può sfruttare i minori costi di trasporto, un atout che potrebbe avere il suo peso per ottenere contratti a lungo termine. Sulla carta l’Australia è nella posizione ideale per rifornire i famelici consumatori dell’Asia Orientale.
La situazione potrebbe però cambiare, grazie a un colossale progetto infrastrutturale: l’espansione del Canale di Panama.
Il Canale di Panama è stato inaugurato nell’agosto del 1914. Per 100 anni ha ridotto i tempi di navigazione tra Atlantico e Pacifico. Ma il canale è obsoleto e inutilizzabile per le moderne superpetroliere. Il suo sistema di chiuse e stretti canali è troppo piccolo e angusto per navi che trasportano enormi quantità di grezzo o GNL. Per questo il canale non rappresenta uno snodo di una qualche importanza per il trasporto energetico.
Tutto ciò cambierà con la storica espansione del canale. Una nuova serie di chiuse, costruite da un consorzio internazionale, che permetteranno il passaggio di navi di stazza molto maggiore.
Al momento, solo navi con a bordo tra i 400mila e i 500mila barili possono transitare lungo il canale. Conosciuta come la classe Panamax, queste navi con portata minore di 80.000 tonnellate lorde (tpl) tendono ad essere piccole rispetto alle grandi petroliere. L’espansione alzerà la stazza massima a 120.000 (tpl), che equivale a 680mila barili di greggio.
Una volta completato, si prevede che circa l’80% della flotta per il trasporto di GNL potrà transitare lungo il canale. Al momento di navi con a bordo il GNL non ne passa una.
La vera domanda è quando verranno completati i lavori. Approvato sette anni fa, il progetto è già ampiamente fuori preventivo e in serio ritardo. Il prezzo iniziale di soli $5,2 miliardi (€4,15 Mld) potrebbe lievitare fino a $7 miliardi (€5,6Mld), e l’inizio dei lavori è slittato alla fine dell’anno prossimo o a inizio 2016.
Nonostante i contrattempi, il nuovo canale potrebbe modificare gli scenari per il commercio di GNL. Il suo completamento dovrebbe coincidere con l’inizio della produzione di alcuni dei primi terminali di liquefazione sulla Costa del Golfo USA. Quando gli impianti di liquefazione americani diverranno operativi, si ritroveranno con una rotta più breve verso l’Asia.
I fornitori americani di GNL avranno perciò più opportunità di dire la loro sul mercato globale. Cheniere Energy conta di essere il primo fornitore USA a iniziare la produzione nell’impianto di Sabine Pass nel Louisiana, già pronto per accogliere il GNL in entrata. Cheniere ha già firmato un contratto con Korea Gas, che prevede di acquistare 3,5 mtpa per 20 anni dal 2017. Un simile contratto è stato siglato con la Gail India, con l’inizio delle forniture previsto per il 2016.
L’espansione del Canale di Panama permetterà alle società di ridurre i costi di fornitura. Secondo l’ Autorità del Canale di Panama, i tempi di percorrenza per Cheniere dalla Costa del Golfo USA fino in Asia potrebbero ridursi da 63,6 giorni a 43,3 giorni, abbattendo i costi di trasporto del 24%.
Un’altra situazione vincente è quella dell’impianto GNL Cameron. Ottenuta l’approvazione dal Dipartimento di Energia Usa ai primi di settembre 2014, ha dato subito il via alla costruzione. Con un costo di $10 miliardi (€8M), l’impianto è di proprietà di Sempra Energy, che ne detiene il 50,2%. Tre altre società si sono assicurate quote del 16,6%: la francese GDF Suez e due società giapponesi, Mitsubishi Corporation e Mitsui and Co.Ltd.
Il ruolo della Mitsui è particolarmente interessante. Proprietaria di interessi a monte negli USA, con quote nei giacimenti Marcellus e Eagle Ford, pagherà all’impianto GNL Cameron un “pedaggio” – vale a dire un compenso per la liquefazione del gas e il suo trasporto. Mitsui ha già raggiunto un accordo per pedaggi equivalenti a 4 mtpa per 20 anni. Mitsui ha inoltre una partecipazione del 16,6% in Cameron LNG. Tutto ciò garantisce un certo livello di stabilità al progetto, visto che ha già una fornitura a monte garantita, e pedaggi assicurati non soggetti a volatilità.
Nel frattempo, il commercio di GNL è sospeso in attesa che le costruzioni siano terminate. Ma dovrebbe decollare già dal 2015, e sicuramente dagli inizi del 2016. L’espansione del Canale di Panama sarà completato giusto in tempo, assicurandosi un ruolo chiave nell’agevolare i flussi commerciali tra gli USA e l’Asia.
L’Europa brama le nuove risorse energetiche degli Usa, ma potrebbero essere dirottate verso l’Asia.