Il tributo di morti per gli scontri di Odessa del 2 maggio è ancora in crescita, mentre l’Ucraina affronta i giorni più pericolosi della sua storia dall’indipendenza del 1991. L’operazione anti-terrorismo è ancora in corso nelle regioni orientali del Paese, mentre i separatisti hanno annunciato per l’11 maggio un referendum per l’indipendenza in stile Crimea.

Quello che è successo a Odessa potrebbe cambiare il prossimo scenario: ora che entrambe le parti hanno i propri martiri e l’Ucraina è sull’orlo di una guerra civile, tutto può accadere.
Le 104 vittime della battaglia di Kiev, che mise la città a ferro e fuoco nei giorni tra il 18 e il 20 febbraio, sono venerate dagli Euromaidan né più e né meno che come santi. Li chiamano “I cento del paradiso”, le loro immagini coprono pareti a Kiev e in molte altre città occidentali, da Ivano-Franivsk a Leopoli, e le celebrazioni della loro morte ha riempito l’enorme Maidan Nezalezhnosti come nei giorni più duri della rivoluzione. È il potere dei martiri. Il loro ricordo muove le folle, scuote gli animi anche delle persone più tranquille e dà una ragione in più per odiare il proprio nemico. Averne o non averne fa la differenza.
I nemici dei “Cento del paradiso” erano prima i Berkut, la polizia speciale sotto il comando di Yanukovich che ha sparato sui manifestanti nelle strade di Kiev, mentre ora sono i separatisti filorussi (e spalleggiati dalla Russia) che hanno preso d’assalto le province orientali. Li chiamano “terroristi”.
Ma gli scontri a Odessa hanno mischiato le carte in tavola.
Il monopolio del dolore
L’ultimo bollettino degli scontri Odessa conta 46 morti, secondo l’ufficio locale del ministero degli Interni dell’Ucraina. Sono manifestanti filorussi che, assediati dalla fazione opposta, si erano rifugiati nela Casa dei sindacati. Bottiglie molotov lanciate dall’esterno hanno messo a fuoco l’edificio causando decine di morti. La città di Odessa ha osservato tre giorni di lutto e un grande corteo in ricordo dei morti si è tenuto anche a Mosca. Non importa che (come sembra) la maggior parte delle vittime non fossero ucraine ma venissero dalla repubblica separatista di Transinstria (cosa che avvalorerebbe la tesi di infiltrazioni russe nelle manifestazioni): ora anche i filorussi, i separatisti dell’est e gli anti-Maidan hanno i loro martiri. Euromaidan ha perso il monopolio del dolore.
Avere i propri martiri da piangere rendere il blocco più unito, aiuta a vedere il nemico come un barbaro violento che va combattuto e, alla fine, giustifica qualsiasi azione violenta in risposta. Quello che è cambiato dopo il massacro di Odessa è che ora la crisi potrebbe più rapidamente e facilmente sfociare in una guerra civile. Per non parlare del rischio di un intervento diretto russo.
Il giorno più pericoloso
Il primo ministro ucraino ad interim, Arseniy Yatsenyuk, ha detto in un’intervista al Financial Times che il Paese sta per affrontare “i dieci giorni più pericolosi” dalla sua indipendenza nel 1991. Yatsenyuk ha pronunciato queste parole il 1° maggio, prima della tragedia di Odessa e quando il governo era sul punto di lanciare la seconda fase dell’operazione anti-terrorismo nelle province orientali, che ha causato altre vittime. Ma potrebbero riferirsi a qualcos’altro. Le autoproclamate autorità separatiste dell’est hanno annunciato un referendum in stile Crimea per l’indipendenza da tenersi l’11 maggio, una data vicina alla più grande festa nazionale russa (ed ex-sovietica) del Den Pobedy (Giorno della Vittoria), che si celebra il 9 maggio. Anniversario della vittoria degli Alleati contro i nazisti, il Den Pobedy è il giorno in cui la nostalgia per le vittorie e le conquiste sovietiche raggiunge il parossismo. Il suo simbolo è il nastro arancione e nero di San Giorgio, utilizzato dai separatisti in opposizione alla bandiera ucraina, tanto che le autorità di Kiev hanno deciso di non usarlo quest’anno (sarà sostituito da un papavero stilizzato). Per chi è convinto di combattere una guerra di liberazione contro un governo neonazista che minaccia tutti gli ucraini di lingua russa, il Den Pobedy assume un significato ancora più forte.
Se la Russia cerca di destabilizzare l’Ucraina, questi sono i giorni perfetti.
Il tributo di morti per gli scontri di Odessa del 2 maggio è ancora in crescita, mentre l’Ucraina affronta i giorni più pericolosi della sua storia dall’indipendenza del 1991. L’operazione anti-terrorismo è ancora in corso nelle regioni orientali del Paese, mentre i separatisti hanno annunciato per l’11 maggio un referendum per l’indipendenza in stile Crimea.