Governo e Farc si accordano per porre fine a un conflitto durato mezzo secolo, in un Paese ancora sotto lo scacco mortale delle mine antiuomo, per eliminare le quali ci vorranno circa 70 anni.
Il figlio di María Eligia Zuluaga Gómez aveva dodici anni quando è saltato su una mina antiuomo. Era un giorno festivo, la scuola era chiusa, e stava andando a portare da mangiare al padre che lavorava in una fattoria. “Vivo laggiù, ma l’esplosione fu così forte che la sentii”, ricorda María Eligia. “Grazie a Dio è rimasto illeso”.
Era il 2003 ed erano tempi difficili per Carmen de Viboral, un municipio dell’Antioquia, il dipartimento più “minato” della Colombia. Da anni nella regione erano presenti i guerriglieri marxisti, soprattutto delle Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia (Farc). Si tratta di un gruppo armato sorto negli anni Sessanta per proteggere i contadini dalla violenza dei latifondisti, che sono stati poi accusati di violazioni dei diritti umani e di relazioni con il narcotraffico.
A Carmen de Viboral c’erano tensioni tra la guerriglia e la popolazione, ma la situazione precipitò dopo il 2000 quando a combattere i marxisti arrivarono i paramilitari, milizie create dai grandi proprietari terrieri per difendere i propri interessi. I gruppi paramilitari sono stati formati con l’appoggio dell’esercito e dei cartelli criminali, e negli anni Novanta si “federarono” sotto il nome di Autodefensas Unidas de Colombia (AUC). Sono un gruppo che si dedica al narcotraffico che lavora a fianco dell’esercito. Secondo dati diffusi dalla procura, avrebbe commesso più di mille massacri in tutto il Paese e ucciso circa 25mila persone.
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Governo e Farc si accordano per porre fine a un conflitto durato mezzo secolo, in un Paese ancora sotto lo scacco mortale delle mine antiuomo, per eliminare le quali ci vorranno circa 70 anni.