Il nostro dovere morale è eliminare la povertà, l’uguaglianza economica non è di per sé un obiettivo moralmente rilevante.
“L’uguaglianza economica è una delle idee più sopravvalutate di oggi, e il libro di Harry G. Frankfurt ci spiega esattamente perché”. Prendendo in mano il piccolo libretto nero che sta spopolando a Washington, la cosa più corretta che si può fare, di primo acchitto, è guardare la quarta di copertina. Tyler Cowen, professore di Economia alla George Mason University e animatore del blog Marginal Revolution, spiega in tre righe perché tutti dovrebbero leggere On Inequality di Harry G. Frankfurt, professore emerito di Filosofia a Princeton. Il motivo è lapalissiano: l’umanità non è destinata a eliminare l’ineguaglianza, ma la povertà. E questi sono concetti ben differenti.
Thomas Piketty e il suo Capital in the Twenty-First Century hanno rivoluzionato il pensiero globale, sia a livello accademico sia a livello politico, sulla gestione dell’ineguaglianza. E lo hanno fatto non solo in un’Europa devastata dalla peggiore crisi economica dal Secondo dopoguerra a oggi, ma anche negli Stati Uniti, laddove il crollo del mercato immobiliare a partire dal 2006 ha lasciato ferite profonde e indelebili. E teniamo conto che l’opera omnia di Piketty è un libro che è la summa di decenni di studio, condensati in un tomo da quasi 700 pagine. Quello di Frankfurt è di 89 pagine, se non si considerano le note. Eppure, in uno spazio così volutamente limitato, il filosofo di Princeton riesce a spiegare perché parlare di ineguaglianza non solo è errato, ma anche pericoloso. Non solo nel breve termine, complici le elezioni presidenziali statunitensi. Il pericolo è nel lungo periodo, dato che potrebbe sedimentare la convinzione che l’ineguaglianza sia più importante della povertà.
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Il nostro dovere morale è eliminare la povertà, l’uguaglianza economica non è di per sé un obiettivo moralmente rilevante.