
Il generale Michael Flynn e il neocon Michael Ledeen sono autori di un saggio sulla guerra al terrorismo islamico. Bisogna colpire al cuore.
C’è un libro che sta facendo discutere molti osservatori statunitensi della politica internazionale. È un libro “pratico”, perché fornisce spunti di riflessione e soluzioni pratiche a uno dei problemi che sta affliggendo l’America, e il mondo intero: il terrorismo di matrice islamica. Si tratta di “The Field of Fight: How We Can Win the Global War Against Radical Islam and Its Allies,” scritto dal generale Michael T. Flynn, già direttore della Defence Intelligence Agency (DIA) sotto la presidenza di Barack Obama. Ed è un libro che tocca anche uno dei più controversi capitoli della recente storia statunitense: il rapporto con l’Arabia Saudita.
La difficoltà di scrivere, di parlare, di commentare, anche solo di citare, le relazioni tra Washington e Riyadh sono evidenti a tutti, ormai. Da un lato la prima sospetta che dietro al finanziamento di Islamic state (Is) e Al-Qaeda ci sia il regno di Salman bin Abdulaziz. Dall’altro la seconda afferma che sono tutte fandonie. In mezzo però ci sono le riserve petrolifere. E gli attentati terroristici, che non hanno di certo risparmiato il Medioriente. Il generale Flynn però cerca di mettere ordine all’intrigo di equilibri. Non è un compito facile. Primo, perché le informazioni riguardo ai finanziamenti diretti di Riyadh sono frammentarie, e quelle degli indiretti ancora di più. Secondo, perché Flynn – fino a luglio – era considerato il futuro vice presidente nel ticket elettorale con Donald Trump, prima che l’immobiliarista newyorkese scegliesse il governatore dell’Indiana Mike Pence. Di conseguenza, la posizione di Flynn è controversa. Usare la ragione o la pancia?
Il generale ha deciso di optare per la razionalità. Pur consapevole che molto spesso i sospetti hanno un fondo, e a volte anche due o tre, di verità, nel suo libro scrive in modo esplicito che bisogna dare un taglio a quanto fatto finora. «Noi tendiamo a incolpare i Sauditi e le altre nazioni arabe per finanziare direttamente lo Stato islamico e gli altri gruppi islamici radicali. Dobbiamo o smettere di fare questo gioco di responsabilità o fornire una diretta e inequivocabile evidenza ai leader di queste nazioni», scrive il generale Flynn. Che aggiunge: «Dobbiamo offrire loro una scelta, e una soltanto: arrestare questi individui e porre fine a questo finanziamento oppure fronteggiare severe conseguenze. E dobbiamo essere preparati a supportare queste azioni». In pratica, se Riyadh finanzia davvero le cellule terroristiche islamiche, o mettiamo le prove sul tavolo o non possiamo continuare a minare i rapporti diplomatici solo sulla base di sospetti e mezze verità. Ma se ci sono le prove, allora si va fino in fondo, incuranti dei rapporti commerciali tra i Paesi, se questi non agiscono secondo le leggi e le norme accettate dalla comunità internazionale.
Quello del generale Flynn è un atteggiamento più pragmatico di quello utilizzato da Trump e dai suoi principali supporter, che invece sono più radicali e più sanguigni. Quello che ancora non si sa è come il miliardario newyorkese, in caso di vittoria elettorale, intenda gestire tutte le anime del Grand Old Party (GOP), da quelle più interventiste a quelle più pragmatiche. Il rischio in caso di stallo, come spiega Flynn anche parlando al Democratic Party, è che il sottobosco in cui si muove, e si finanzia, il terrorismo islamico possa diventare ancora più fitto e difficile da penetrare. Ed è proprio questo ciò che non serve né all’America né al mondo intero.
The Field of Fight: How We Can Win the Global War Against Radical Islam and Its Allies
by Michael T. Flynn and Michael Ledeen
208 pages
St. Martin’s Press
Il generale Michael Flynn e il neocon Michael Ledeen sono autori di un saggio sulla guerra al terrorismo islamico. Bisogna colpire al cuore.