Tra le mostre in chiusura a Palazzo Reale a Milano voglio segnalarvi in extremis – dal momento che è aperta solo più la prossima settimana – quella dedicata all’arte giapponese ed in particolare a tre maestri, Katsushika Hokusai, Utagawa Hiroshige e Kitagawa Utamaro, famosi per la tecnica dell’ukiyo-e, ovvero una xilografia policroma ottenuta per impressione mediante matrici di legno, tipica del periodo Edo.
Parliamo di un percorso che si colloca tra il XVII e il XX secolo, composto da oltre 200 opere su carta finemente dettagliate, tutte provenienti dall’Honolulu Museum of Art, uno dei maggiori musei d’arte degli Stati Uniti, fondato nel 1922 e inaugurato nel 1927. Anna Rice Cooke, figlia di missionari del New England, aprì il museo con l’esplicita intenzione, come essa stessa raccontò al discorso di inaugurazione, di fornire ai figli della comunità multietnica hawaiana esempi delle loro radici culturali. Molte delle opere in mostra sono frutto di donazioni che hanno accresciuto il nucleo di oltre 50.000 opere acquisite ad oggi, che ovviamente spaziano per genere ed epoca.
Il percorso organizzato dalla curatrice Rossella Menegazzo, voce guida fondamentale per approfondire una forma d’arte così particolare, viaggia attraverso dieci sezioni che incarnano alla perfezione il significato dell’ukiyo-e, che vuol dire “mondo fluttuante” e fa riferimento alla ricerca del piacere, della bellezza e del divertimento in stile orientale.
Si comincia con un approfondimento sui Surimono, un genere giapponese di xilografie realizzate su carta di taglio orizzontale non più lunga di 50 cm, utilizzati per diversi scopi ma uniti dal fil rouge della raffinatezza e ricchezza di dettagli. Poteva trattarsi di un invito per uno spettacolo teatrale come di un biglietto di buon augurio, i soggetti ritratti spaziano dal regno animale a vegetale, e non mancano rappresentazioni di scene conviviali.
Le sezioni dedicate alle Vedute prospettiche, ai Ponti ed alle Cascate anticipano e aiutano a differenziare le peculiarità tecniche e l’abilità di Hokusai e Hiroshige, che si distinguono principalmente per l’utilizzo di cromie più o meno accese e per il taglio che hanno scelto di dare ad uno scorcio piuttosto che un altro. La sala dedicata alla raffigurazione dei ponti giapponesi, con nomi poetici e forme inusuali come il “Ponte appeso alle nuvole” oppure il Ponte Kintai, con i suoi cinque archi, è un perfetto preludio alle vedute delle Cascate e soprattutto all’incredibile sala dedicata al monte Fuji. Dal momento che il mercato dell’immagine dell’epoca richiedeva di trattare soggetti precisi, in particolare luoghi ben noti al pubblico, Hokusai realizzò 36 xilografie policrome aventi come soggetto il Sacro Monte Fuji, rappresentato in condizioni meteorologiche e stagioni diverse da posti e a distanze variabili. Fanno parte della serie il famoso Fuji Rosso e Tempesta di pioggia sotto la Cima, uniche due vedute con il monte in primo piano, oltre alla celebre Grande onda di Kanagawa. In quest’ultima rappresentazione il monte quasi non si nota, lontano com’è sullo sfondo, e Hokusai fa in modo di riprenderne il profilo nell’onda più piccola.
A seguire, alcune sale tratteggiano un imponente lavoro, questa volta ad opera di Hiroshige, che disegnò 53 stazioni di posta della Tōkaidō, ovvero la strada principale che collegava l’allora Shogun di Edo con Kyoto, dopo aver affrontato personalmente il lungo viaggio nel 1832. Questa strada era la più importante delle Cinque Strade principali del Giappone, create e sviluppate nel corso del periodo Edo allo scopo di rafforzare ulteriormente il controllo dello stato. La serie di Hiroshige, una sorta di diario di viaggio illustrato, ha riscontrato un enorme successo, non solo in Giappone, ma anche nei paesi occidentali e addirittura Van Gogh ne fu un grande collezionista. Alcune xilografie sono intervallate da un’interpretazione di Hokusai, che a confronto appare più vivido dei tratti delicati e delle cromie calibrate di Hiroshige. Si accede dunque alle sezioni dedicate allo Specchio dei poeti, un confronto tra uomini di cultura cinesi e giapponesi, ritratti in formato verticale destinati ad un pubblico selezionato, a differenza delle Cento poesie per cento poeti, dove troviamo ventisette storie brevi, raccontate come da una balia e illustrate a piacere, con una libertà espressiva ed interpretativa vivace e accattivante, così come per i temi della natura, spesso utilizzati per la decorazione di ventagli. Al termine, la produzione di Utamaro, famoso per la riproduzione di soggetti femminili e sensuali, ricordato per aver introdotto il mezzo busto nella raffigurazione orientale, e per la veridicità di soggetti quali La ragazza precoce, intenta a mordere un fazzoletto durante una rappresentazione teatrale che stravolge i suoi sensi.
La proiezione di particolari tratti dai 15 volumi di manga disegnati da Hokusai e intitolati “Educazione dei principianti tramite lo spirito delle cose”, chiude un percorso che svolge un interessante ruolo formativo, oltre a creare un momento di apprezzamento estetico, una funzione che a volte si dimentica essere parte importante delle esposizioni temporanee. Un momento di apprendimento coinvolgente rispetto ad un mondo e una tradizione artigianale da noi poco approfondite nella loro storia e particolarità, una mostra ben costruita e supportata, che invita a lasciarsi affascinare dall’Oriente.
@benedettabodo
Hokusai, Hiroshige, Utamaro. Luoghi e volti del Giappone che ha conquistato l’Occidente
Palazzo Reale, Milano
22 settembre 2016 – 29 gennaio 2017
http://www.palazzorealemilano.it/wps/portal/luogo/palazzoreale/mostre/inCorso/dettaglioCorso/hokusai_hiroshige_utamaro
Parliamo di un percorso che si colloca tra il XVII e il XX secolo, composto da oltre 200 opere su carta finemente dettagliate, tutte provenienti dall’Honolulu Museum of Art, uno dei maggiori musei d’arte degli Stati Uniti, fondato nel 1922 e inaugurato nel 1927. Anna Rice Cooke, figlia di missionari del New England, aprì il museo con l’esplicita intenzione, come essa stessa raccontò al discorso di inaugurazione, di fornire ai figli della comunità multietnica hawaiana esempi delle loro radici culturali. Molte delle opere in mostra sono frutto di donazioni che hanno accresciuto il nucleo di oltre 50.000 opere acquisite ad oggi, che ovviamente spaziano per genere ed epoca.