Nel paese considerato tra i più sobri e sicuri dell’America Latina, dilaga la corruzione, dal Governo all’opposizione, dalla comunità imprenditoriale alla giustizia, fino alla Chiesa cattolica.
Piove a Santiago del Cile, una pioggerella triste e senza speranza, come lo stato d’animo della maggioranza dei Cileni, alle prese con una diffusa crisi di sfiducia e scetticismo. La classe dirigente è vista come corrotta e inefficiente, non solo nell’implementazione delle riforme promesse dal Governo, ma anche nel modo con cui affronta la crisi che ha cominciato a bussare alle porte a causa delle dinamiche della globalizzazione.
Nel frattempo, il problema della sicurezza, relativamente nuovo in questo Paese considerato fino a pochi anni fa uno dei più sicuri
dell’America Latina, contribuisce ad acuire il senso di vulnerabilità della popolazione. Secondo uno studio della Facoltà di Economia e Commercio dell’Università del Cile, il reddito mensile pro capite delle 1.200 persone più ricche del Paese “è stratosferico”: 900mila dollari con un totale annuo che supera i 10 milioni di dollari. Nelle tasche dello 0,1% della popolazione va il 17% dei profitti complessivi del Paese, e più del 10% del reddito complessivo va allo 0,01% della popolazione.
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Nel paese considerato tra i più sobri e sicuri dell’America Latina, dilaga la corruzione, dal Governo all’opposizione, dalla comunità imprenditoriale alla giustizia, fino alla Chiesa cattolica.