Il paradosso polacco
Una delle economie più robuste d’Europa rischia una profonda involuzione politica e sociale resa possibile proprio dall’inossidabile
successo economico.
Una delle economie più robuste d’Europa rischia una profonda involuzione politica e sociale resa possibile proprio dall’inossidabile
successo economico.
La situazione in Polonia al momento è alquanto paradossale. Mi ricorda il vecchio adagio del saggio a cui viene chiesto di descrivere lo stato generale delle cose in una parola. La risposta è “Buono”. Quando gli viene poi chiesto di elaborare ulteriormente il concetto, in due parole, risponde “Non buono”.
Una fedele descrizione della Polonia al momento può essere: un’ottima performance economica è controbilanciata da una deriva politica negativa che potrebbe avere serie ripercussioni sulla tenuta democratica e dello stato di diritto.
Da un punto di vista economico, la Polonia è in cima alle classifiche di crescita dell’Unione. Ha un Pil in costante rialzo: 3,28% nel 2014, 3,84% nel 2015, 2,86% nel 2016, 4,55% nel 2017. E tutto ciò in concomitanza con un calo della disoccupazione. Dal 2014 i livelli di disoccupazione sono sempre stati al di sotto di quelli dell’intera Eu: nel 2017 l’indicatore in Polonia registrava un tasso del 4,9% mentre per la Ue-20 la media era del 7,6%.
Questa stabilità ci dovrebbe tenere al riparo anche in futuro: le stime indicano una crescita del Pil (NBP) per il 2018 del 4,6% e del 3,8% nel 2019; e la disoccupazione dovrebbe diminuire ancora.
La buona performance economica spiega in parte l’ampio sostegno assicurato al partito di governo “Legge e Giustizia”, visto che le manovre finanziarie possono facilmente supportare cospicui trasferimenti verso il sociale, incluso il programma di sostegno per la natalità “500+” (circa € 120 al mese per il secondo figlio e ogni figlio successivo). Al momento questo programma copre il 55% dei ragazzi nati in Polonia sotto l’età di 18 anni.
Ma a parte la situazione economica, le notizie dalla Polonia “non sono buone”. Una tendenza particolarmente preoccupante è il deterioramento strutturale delle istituzioni democratiche e il disprezzo per lo stato di diritto, con tentativi di asservire il sistema giudiziario all’esecutivo. Ciò si riflette nella stampa internazionale e nelle classifiche internazionali: nell’ultimo indice Bertelsmann la Polonia – a causa del deterioramento della propria democrazia e dello stato di diritto, è precipitata di 29 posizioni e si trova ora al 37° posto tra i 41 paesi dell’OCSE e della Ue.
Perché in Polonia sta avvenendo tutto ciò? Il Partito “Legalità e Giustizia” oggi al potere e la sua ‘mente’ Jaroslaw Jaczynski, fratello gemello del fu Presidente Lech Kaczynski, morto nel disastro aereo di Smolensk, hanno da sempre promosso l’idea che il sistema politico liberale polacco sia inefficace e disfunzionale e serva solo a rappresentare le istanze dell’élite e non del popolo. L’ordine democratico liberale, le sue istituzioni indipendenti e lo stato di diritto devono pertanto essere rimpiazzate da un ordine imperniato sulla volontà politica e da un potere esecutivo centralizzato. Di conseguenza, il partito al potere sta deliberatamente costringendo le istituzioni ad aderire a un nuovo quadro politico, anche se non ha ottenuto una maggioranza costituzionale alle ultime legislative del 2015. Di qui i contrasti tra il governo polacco e la Commissione europea, guardiana dei trattati e dei princìpi e valori democratici.
L’inconveniente più palese delle aspirazioni della maggioranza politica è che non considerano lo stato di diritto una condizione imprescindibile. La parola “Costituzione” è stata al centro di polemiche da parte dei politici di destra fin dal 2015. Infatti, una delle prime mosse dell’attuale maggioranza è stata quella di mettere fuori uso la Corte Costituzionale, protettrice della legge costituzionale in Polonia. Questa fu la “lezione” appresa durante il precedente mandato governativo (2005-2007), durante il quale la corte aveva bloccato molte leggi votate dal precedente governo Kaczynski. Oggi la Corte è stata resa innocua permettendo che i suoi membri siano eletti dall’esecutivo. Il conflitto intorno alla Corte Suprema oggi in corso in Polonia ha le stesse radici. Il partito Legge e Giustizia vuole nominare nuovi membri, più politicamente allineati, introducendo una regola anti-costituzionale che abbasserebbe l’età pensionabile dei giudici della Corte. A causa di ciò la Polonia deve ora affrontare un giudizio presso la Corte di Giustizia Europea di Strasburgo.
Gli ostacoli posti allo stato di diritto e ai “pesi e contrappesi” all’interno delle istituzioni democratiche non sono gli unici tentativi messi in atto per assoggettare lo stato e la società alla volontà politica del partito di governo e del suo leader, Jaroslaw Kaczynski. Lo stesso metodo viene usato con i media pubblici, che sono diventati insopportabili veicoli propagandistici, alla stregua di quelli dei precedenti regimi comunisti. Si vocifera che il partito al potere stia esplorando modi di assoggettare anche i media stranieri e privati al proprio volere, con lo slogan “ripolonizzazione”. Lo stesso processo è in atto per le società pubbliche quotate in Borsa, dove il governo ha una partecipazione di controllo. L’esperienza manageriale e il curriculum professionale oggi servono a poco – i manager, gli amministratori e le altre posizioni (ben remunerate) negli organi di controllo vengono assegnate in base alla lealtà politica al di là di ogni altra considerazione.
Il risultato di questo conflitto ideologico generato e alimentato dalla maggioranza ha portato a una polarizzazione politica della società che a mio avviso non si vedeva dai tempi del comunismo degli anni Ottanta. Più tardi, all’epoca delle tavole rotonde, in cui ho avuto un ruolo, il livello di collaborazione, fiducia e l’idea di dover promuovere il bene comune era molto maggiore di adesso. Queste priorità si sono perse e sono state rimpiazzate da politiche rituali, dove il realismo si scontra con le post-verità narrate dai populisti.
Un’altra tendenza degna di nota è la diversa percezione dello status della Polonia all’interno dell’Unione Europea. Il partito Legge e Giustizia è chiaramente a disagio con una Ue che si erge a comunità di valori e non semplicemente entità di promozione della cooperazione economica. Ciò però contrasta con l’opinione espressa dalla larga maggioranza della popolazione polacca, che è tra le società più favorevoli all’Unione. Nel 2003, 13,5 milioni di polacchi votarono a favore dell’adesione all’Unione Europea.
In termini più concreti, dall’autunno 2015 la Polonia sta ridisegnando i suoi rapporti strategici con alcuni membri della Ue. Il primo capitolo di questo spostamento d’asse diplomatico l’ha vista tentare di rinforzare i legami con il Regno Unito, mossa che si è prontamente rivelata errata dopo il referendum sulla Brexit del 2016.
Il secondo passo si basava sull’assunto che la Polonia dovesse trovare il modo di controbilanciare l’asse prioritario della Ue tra Francia e Germania; lo strumento per questo è diventato “L’iniziativa dei Tre Mari”. Per promuovere questa iniziativa, a Varsavia hanno fatto di tutto per ottenere il sostegno degli Usa e in particolare le simpatie di Donald Trump, cosa non impossibile, vista l’opinione di Trump sulla Ue. A parte i discutibili obiettivi politici, l’iniziativa ha una dimensione economica e infrastrutturale più ragionevole: promuovere l’interconnessione nella regione, stimolare lo sviluppo economico in relazione alla coesione all’interno della Ue, facilitare la reale convergenza tra stati membri. Va detto però che da un punto di vista economico la cosa non avverrà in tempi brevi, i dodici stati coinvolti nell’iniziativa al momento generano solo il 10% del Pil europeo.
In conclusione, l’immagine della Polonia si è particolarmente offuscata negli ultimi anni: un profondo dissesto politico viene tenuto in scacco da indicatori economici positivi. Paradossalmente, Legge e Giustizia può fare affidamento e approfittare delle buone condizioni dell’economia polacca. Queste sono buone notizie per il partito al potere in polonia e una sfida strategica per le opposizioni. Ma nulla è per sempre, e altre sfide economiche già si affacciano all’orizzonte: una crisi demografica che comporta una mancanza di forza lavoro; la diminuzione degli investimenti pubblici e privati, un’economia dominata da grosse aziende a controllo pubblico e piccole aziende private con un limitato potenziale di crescita. Anche se la situazione politica si stabilizza e i pericoli per la democrazia e lo stato di diritto rientrano, affrontare queste sfide strutturali sarà fondamentale per far continuare in Polonia la fenomenale crescita degli ultimi 25 anni.
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