Dalle questioni legate all’immigrazione alla difficoltà di gestire il successo quando questo arriva inaspettatamente e molto presto, e rimanere uno scrittore di successo, in una chiacchierata libera con l’autore inglese molto sudafricano.
«Un bravo narratore ha delle qualità in comune con un abile mentitore ma, per quanto mi riguarda, è molto importante che la storia che racconto sia al servizio della verità. Prendo questa responsabilità molto seriamente». Fedele alla sua vocazione letteraria, lo scrittore inglese – originario del Sudafrica – Richard Mason torna in libreria con il suo nuovo romanzo, Il respiro della notte, pubblicato in Italia da Codice Edizioni, eletto libro dell’anno da «The Times», «The Observer» e «Mail on Sunday». A sei anni da Alla ricerca del piacere, ritroviamo questa volta il personaggio di Piet Barol a Cape Town con moglie e figlio al seguito, nella disperata ricerca di un modo per restare a galla.
Imbroglione, bugiardo, affascinante: Piet Barol possiede una personalità molto particolare. Mason, cosa l’ha intrigata nella costruzione di questo personaggio?
Desideravo dare a Piet Barol qualcosa di mio, il dono di raccontare una storia. Se sei bravo a raccontare una storia a cui altre persone credono, ciò ti conferisce un certo potere. Ho indicato cosa potrebbe significare essere qualcuno che ottiene una qualche forma di potere personale, come ciò renderebbe possibili alcune cose nella tua vita o anche la complicherebbe in misura maggiore. Era una materia interessante da esplorare.
Nel suo nuovo libro, ambientato nel 1914, prende in considerazione il Native Land Act…
Nel luglio del 1913 il governo bianco del Sudafrica abolì il diritto di proprietà dei neri. Improvvisamente, tutti i neri del Sudafrica vennero estromessi dalle loro abitazioni o dalle posizioni che si erano guadagnate. Questa legge produsse molte conseguenze ma oggi si tende spesso a dimenticarla. Credo che, in realtà, ciò che mi ha spinto a scrivere questo romanzo sia stata la volontà di raccontare nuovamente questo momento storico.
Cosa ne pensa della gestione internazionale dell’immigrazione?
Paesi europei come l’Italia e la Grecia stanno affrontando la grande sfida dell’immigrazione pur non essendo responsabili dei problemi da cui questa gente sta fuggendo: tali problemi sono stati causati principalmente dall’America e dalla Gran Bretagna. Provo molta ammirazione per il modo in cui l’Italia ha accolto i rifugiati. Comprendo che vi siano attriti che riguardano tante persone che da paesi differenti giungono al vostro, ma è mia convinzione che i vostri discendenti saranno premiati per la vostra attuale generosità, perché questo Paese si aprirà a diverse culture ed esse daranno sempre il loro contributo in ambiti quali arte, scienze ed economia. Credo che prima di tutto sia necessario stabilizzare la situazione in Medio Oriente ma è anche nostro dovere, in questo periodo, accogliere per tempo i rifugiati.
Cosa pensa delle politiche anti-immigrazione promosse da Trump?
L’America è un Paese di immigrati, è sempre stata una caratteristica americana.
Lei ha fondato la Kay Mason Foundation. In che modo lei ritiene sia possibile sostenere lo sviluppo del Sudafrica?
Credo che il miglior contributo che io possa dare sia aiutare i giovani di talento a crescere per essere i futuri leader. Il Sudafrica ha bisogno di leader al governo, nella società civile e nel mondo degli affari e dobbiamo garantire ai bambini dotati di particolari capacità l’opportunità di avere un’educazione e conseguire le esperienze di vita necessarie a farli diventare leader. Molti sono ancora i ragazzi che crescono in condizioni di povertà: faremmo meglio a pensare ad un modello davvero efficace per aiutare i bambini che occupano il fondo della compagine sociale, i più poveri fra i poveri. Gli individui sono in grado di cambiare la storia: mia sorella Kay era una persona straordinaria e io penso che altri straordinari individui possano far volgere le cose al meglio.
Il suo esordio letterario all’età di 22 anni con il romanzo Anime alla deriva fu oltremodo brillante. In che modo si relaziona oggi con il processo creativo e le attese di lettori ed editori?
Sono stato molto fortunato ma per certi versi è stata dura avere tanto successo quando ero ancora così giovane. Non è stato facile crescere sotto i riflettori. Avevo bisogno di più tempo da dedicare a me stesso: confrontarmi con la gente notte dopo notte in una città diversa mi comportò alcune problematiche a livello psicologico. Dovevo riscoprire la gioia di raccontare una storia. Ora ho molta più esperienza come narratore e nel gestire la mia dimensione pubblica.
Dalle questioni legate all’immigrazione alla difficoltà di gestire il successo quando questo arriva inaspettatamente e molto presto, e rimanere uno scrittore di successo, in una chiacchierata libera con l’autore inglese molto sudafricano.