
Per la prima volta l’Unione europea negozia accordi di libero scambio con un partner di analogo peso in termini economici e grado di sviluppo.
Mai prima d’ora l’Ue aveva negoziato accordi di libero scambio, e questo spiega il livello di attenzione e controversia innescato dai negoziati per il Patto transatlantico per il commercio e gli investimenti in Europa.
Un primo motivo pare essere il negoziare con gli Usa. Nessun accordo è mai stato siglato con un partner il cui mercato equivalesse a quello europeo, né si è mai avviata una trattativa che coinvolgesse un tale volume di mutui scambi commerciali e investimenti, e nessun negoziato ha mai coinvolto un paese con un peso politico superiore.
Gli Europei sono abituati a vedere i loro rappresentanti Ue spaccare il capello sul livello di recepimento delle loro preferenze, norme, procedure. Il TTIP è unico in tutti i sensi, come lo sono queste negoziazioni agli occhi degli Europei, favorevoli o contrari. Gli attori Ue si aspettano che il TTIP aiuti a migliorare l’accesso agli Usa da parte di società europee, in particolare per le piccole e medie imprese, cosa che potrebbe accrescere la competitività delle imprese europee su scala mondiale. In quest’ottica, il TTIP parrebbe sostenere politiche industriali favorevoli alle PMI.
I critici sostengono il contrario: l’accordo faciliterà le grosse aziende. Varie ong, sindacati e partiti politici vedono nel TTIP una minaccia agli standard europei, alla sicurezza del e sul posto di lavoro e alla privacy, e sono convinti che le clausole per la protezione degli investitori finirebbero per smantellare la governance democratica. Dato che i vantaggi economici prodotti dal TTIP saranno più limitati di quanto si pensava, è ancora la geopolitica il cardine dell’accordo.
Una mancanza di chiarezza persiste riguardo alle dimensioni effettive del TTIP. Molti leader politici hanno considerato solo il valore strategico di un accordo a grandi linee, pensato per incanalare la globalizzazione stabilendo degli standard di riferimento per il mondo intero, e per rafforzare i rapporti transnazionali in seguito alle sfide politiche innescate dall’annessione russa della Crimea e Sebastopol. Entrambi gli orientamenti fanno acqua. Solo un’armonizzazione a largo spettro o una completa reciproca accettazione di un mercato transatlantico integrato possono portare a un riconoscimento universale di standard e regole, cosa improbabile viste le riserve e gli ambiti esclusi dal trattato da entrambe le parti. Inoltre, non si capisce come le potenze emergenti possano sperare di imporre le loro regole e standard all’Occidente, anche senza l’accordo TTIP, data la loro dipendenza nell’accesso ai mercati europei e nordamericani.
La speranza di consolidare gli interessi occidentali mediante il TTIP in modo da potenziare le difese contro una politica della forza potrebbe essere vana. Richiederebbe altissimi livelli di consenso per poter incidere. Di contro, il rischio che l’accordo non si trovi, sbandierato da coloro che si oppongono alla strategia, è un pericolo reale. L’incapacità di stabilire standard universali rafforzerebbe la percezione di una perdita di credibilità occidentale riguardo a regole e norme e finirebbe per danneggiare le relazioni transatlantiche. Nel mondo c’è chi considererebbe un eventuale collasso dei negoziati come un invito a saggiare ulteriormente la forza centrifuga innescata da questo fallimento.
Una motivazione strategica più concreta per il TTIP appare evidente se si guarda solo all’Ue. Negli ultimi anni, l’Ue ha perseguito una politica commerciale internazionale piuttosto attiva per consolidare posizioni e preferenze di mercato in concomitanza con la stagnazione del regime commerciale multilaterale.
Per gli Europei, la sfida è non essere lasciati a se stessi mentre blocchi commerciali regionali prosperano, o venire estromessi da altri attori economici globali. Con questo scenario in mente, l’Ue ha intavolato una serie di negoziati basati su una nuova generazione di accordi di libero scambio, nell’ambito della strategia 2006 per una “Europa globale”. Questa strategia si rivolge a mercati di grande potenziale e interesse verso le esportazioni Ue con cui i concorrenti, Usa, Giappone e Cina, hanno già siglato accordi o sono in fase di trattativa.
Allo stesso modo, l’Ue vuole dire la sua sullo sviluppo dei “Megaregionali”, in particolare sulla partnership transpacifica (TPP), i cui negoziati sono in fase più avanzata del TTIP e fortemente caldeggiati dall’amministrazione Usa. Da un punto di vista europeo, gli accordi Mega-regionali come il TPP mirano a rafforzare l’intera filiera produttiva globale, e se visti come modello per un accordo di libero scambio APEC, potrebbero seriamente indebolire la competitività Ue oltre alle sue norme. In questo senso, il TTIP sarebbe un primo passo verso il rafforzamento dell’importanza del mercato europeo per l’economia Usa, che sarebbe costretta a vincolarsi alle norme e agli standard negoziati con l’Ue, bilanciando il valore strategico degli approcci orientali di Washington.
Se questo è il senso della strategia europea verso il TTIP, deve essere dichiarato pubblicamente e con forza, anche a costo di indebolire la posizione Ue al tavolo dei negoziati. Dopotutto, il progetto di mercato unico si è sviluppato su due fronti: in virtù dei benefici economici che avrebbe comportato e come autoasserzione dell’Europa. Per gli Europei, entrambi gli aspetti devono essere ben rappresentati per assicurare il sostegno al TTIP ma al momento il clima politico in Europa non appare molto recettivo.
L’anno 2015 è da molti considerato decisivo per i negoziati, con le elezioni presidenziali Usa alle porte nel 2016. Per proteggere i propri interessi strategici, i negoziatori europei dovrebbero concordare un accordo limitato al più presto piuttosto che ingaggiare lunghe discussioni su una partnership più ampia. Le controverse clausole per la protezione degli investimenti devono essere accantonate, e si dovrebbero prevedere risorse aggiuntive per i Fondi strutturali europei per bilanciare i guadagni asimmetrici che si otterranno con un accordo transatlantico e aiutare gli Stati membri a superare le debolezze dei loro settori di esportazione.
Per la prima volta l’Unione europea negozia accordi di libero scambio con un partner di analogo peso in termini economici e grado di sviluppo.