Impresa della conoscenza
Intervista a Enrico Loccioni: “Misuriamo tutto: consumi, produzione di energia rinnovabile, risparmio idrico, emissioni di CO2, e risparmio economico. La nostra mission è Misurare per migliorare.”
“Lo scopo è migliorare il benessere delle persone e del pianeta, attraverso il miglioramento della qualità, della sicurezza e della sostenibilità dei prodotti che si utilizzano ogni giorno e dei processi che impattano sull’ambiente”. Il Presidente Enrico Loccioni chiarisce l'obiettivo cardine dell'omonima impresa, fondata nel 1968 insieme alla moglie Graziella Rebichini: un modello virtuoso di “impresa della conoscenza”, radicato nel territorio e capace di guardare lontano.
Diversi i progetti varati. Apoteca Community, nata dalla sinergia tra l'Azienda Ospedaliero-Universitaria Ospedali Riuniti e Loccioni, è una rete scientifica internazionale in cui professionisti del settore sanitario e sviluppatori di tecnologie elaborano l'evoluzione della robotica ospedaliera. Fondamentale la partecipazione al progetto Second Life con Enel e Nissan, per cui Loccioni ha realizzato il sistema di riuso delle batterie delle auto in una prospettiva di storage stazionario innovativo, finalizzato a stabilizzare la rete elettrica e migliorare la qualità dell'energia della comunità di Melilla.
Spicca il progetto Nexus, rete di imprenditori sviluppata da Enrico Loccioni e incentrata sull'idea di promuovere formazione per altri imprenditori. Non mancano le iniziative per i giovani, come Blue Zone Camp, un laboratorio di scuola-impresa per tutte le età, che offre percorsi che preparano i giovani alle sfide tecnologiche presenti e future, con uno spazio formativo riservato agli insegnanti, cui viene proposto un nuovo modo di pensare la collaborazione tra scuola e impresa.
Presidente Loccioni, potrebbe illustrare le finalità dell'impresa che rappresenta?
Sono nato nella campagna marchigiana, nel crocevia di tre abbazie importanti della cultura benedettina (S. Elena, S. Romualdo e S. Urbano), da una famiglia di agricoltori. Il patrimonio culturale dei monaci benedettini e quello familiare delle origini contadine hanno determinato il modello e i valori dell’impresa che ho fondato con mia moglie Graziella. Vivere l’impresa come un bene comune, che genera lavoro, ricchezza e identità nel territorio. L’impresa non è solo proprietà privata ma un progetto di futuro: le persone si aggregano intorno a un’idea e l’impresa diventa un hub in cui si integrano persone, idee e tecnologie.
La figura dell’imprenditore in Italia è a volte screditata dal concetto che chi guadagna è uno sfruttatore. Credo invece che l’impresa abbia il dovere di fare profitto: l’imprenditore ha la responsabilità di mantenere e sviluppare la comunità di lavoro che si alimenta da quel profitto. Da qui l’importanza fondamentale delle persone: se le persone – collaboratori, clienti, fornitori – sono coinvolte producono idee e soluzioni. Solo se si è produttori di ricchezza si può condividere: il profitto – lo dice la sua etimologia (pro-ficere) – serve per fare, quindi bisogna chiedersi come reinvestire il profitto nell’impresa in quanto mezzo e non fine ultimo.
A quali settori si rivolge la mission Loccioni?
La nostra mission è “Misurare per migliorare, per il benessere delle persone e del pianeta”. Progettiamo e produciamo sistemi high tech di collaudo e controllo qualità, sia da laboratorio che in linea di produzione, per migliorare la qualità degli elettrodomestici che utilizziamo, le auto che guidiamo, gli aerei o i treni che ci trasportano, l’energia che utilizziamo, l’aria che respiriamo, i farmaci e il cibo per la nostra salute. Misurare è la competenza che ci rende un partner strategico dei più grandi brand industriali internazionali nei settori della mobilità, dell’energia, dell’ambiente e del benessere della persona: tra i principali, Airbus, Bosch, Cleveland Clinic, Daimler, Enel, E.On, Ferrari, General Electric, GE Avio, Leonardo, Mayo Clinic, Northvolt, RFI, Samsung Medical Center, Toyota. Per ricambiare la loro fiducia sono nati team internazionali con giovani collaboratori Loccioni in Germania, Usa, Cina, Giappone, India, Corea, Messico, Svezia, Spagna, Francia. La diversificazione dei settori aumenta la competenza, favorisce l’approccio multidisciplinare e l’integrazione delle persone.
Potrebbe riassumere i principali passaggi relativi alla fondazione del vostro progetto?
Alcune storie iniziano in un garage, questa inizia in una stalla. Avevo 5 anni quando, nella remota campagna dove abitavo con la mia famiglia, arriva l’elettricità. Ho vissuto in prima persona la potenza dell’innovazione e per questo ho deciso di non seguire l’attività di famiglia. Ho studiato il pomeriggio elettrotecnica, lavorando come apprendista la mattina. A 15 anni ho sviluppato la prima “commessa”: con l’elettricità, una pompa e alcuni tubi, ho portato in casa l’acqua corrente, risolvendomi il problema di dover portare fuori a bere le mucche. È il primo progetto di automazione. Questo è il modello d’impresa che si è sviluppato a partire dal ‘68: elaborare progetti per risolvere problemi attraverso la tecnologia.
I primi 10 anni sono caratterizzati da un’attività di impiantistica elettrica, grazie alla fiducia (e ai cantieri) del gruppo Merloni, delle Cartiere Miliani, della Barilla, dell’Enel e di molti altri grandi nomi. Verso la fine degli anni ‘70 incontriamo in casa Merloni un problema da risolvere: il controllo qualità delle lavatrici. Nasce così il primo sistema automatico per il collaudo delle lavatrici a fine linea di produzione, innovazione che presto conquista tutti i produttori di elettrodomestici. È l’inizio di una nuova fase, il controllo della qualità diventa la competenza distintiva e l’impresa artigiana si trasforma in impresa innovativa, internazionale, manageriale. Dagli elettrodomestici all’automotive, dall’energia al medicale, dal monitoraggio ambientale all’aerospazio, si sviluppano soluzioni di nicchia tecnologica, a servizio dell’industria manifatturiera. È l’impresa della conoscenza, in cui le persone sono il valore più grande e il lavoro è un mezzo per la crescita personale e del territorio. Con il nuovo millennio l’impresa consolida una crescita costante media del 10% annuo del fatturato, raggiunge l’autonomia finanziaria e la cassa attiva. Questo grazie alla qualità dei clienti, alla competenza dei collaboratori e all’alchimia di un’organizzazione e una cultura d’impresa in cui ogni persona cresce e fa crescere. Sono gli anni dell’internazionalizzazione – si concretizza con team dedicati allo sviluppo di clienti, mercati e conoscenze in Usa, Germania, Cina, Messico, Corea, India, Giappone, Francia e Spagna – mentre le radici nel territorio vengono nutrite con progetti di innovazione sociale come il progetto Blue Zone per collaborare con le scuole di ogni ordine e grado; il progetto Apoteca, innovazione mondiale sviluppata in partnership con l’Azienda Ospedaliero Universitaria delle Marche e oggi presente nei più grandi ospedali del mondo; il progetto 2 km di futuro® con cui l’impresa, in un progetto pubblico-privato, mette in sicurezza e riqualifica il vicino fiume Esino; il progetto Valle di San Clemente con cui, sempre in partnership con il pubblico, si prende in custodia una millenaria abbazia benedettina e si rivitalizza la sua vallata. Nasce la Scuola Loccioni, con percorsi formativi per studenti e collaboratori, e Nexus, collaboratori in Spin off che aiutiamo ad avviare la propria impresa.
Il Gruppo Loccioni potrebbe costituire una dimostrazione di come l'Italia, ancora oggi, riesca ad attrarre investimenti internazionali?
Sicuramente. È fondamentale partire dalla propria competenza distintiva. Occorre sempre farsi la domanda: “perché un cliente tedesco dovrebbe venire nelle Marche anziché ordinare a un fornitore locale?”. Nel caso Loccioni siamo riusciti all’interno della competenza di misura a selezionare delle nicchie tecnologiche, abbattendo le distanze geografiche. In alcuni casi siamo gli unici a livello mondo ad avere la soluzione per il cliente. Di conseguenza, possiamo annoverare tra i nostri clienti i maggiori player mondiali. Credo che la capacità Italiana di risolvere problemi complessi con creatività e flessibilità, insieme alla bellezza, al design, alla valorizzazione del territorio, siano la chiave per attrarre e mantenere quel Made in Italy che non potrà mai essere imitato.
È fiducioso riguardo al fatto che il vostro esempio riesca a convogliare sempre più imprese verso un modello sostenibile di transizione ecologica?
La nostra transizione ecologica è partita molto prima che esistesse il nome, dal valore contadino del non sprecare e la sfida del comfort delle persone. Nel 2008, con la Leaf Community, abbiamo creato la prima comunità ecosostenibile d’Italia e 10 anni dopo la prima micro-grid 100% elettrica gestita da una rete intelligente, che produce più energia rinnovabile di quella che consuma e assorbe CO2 anziché emetterne. Misuriamo tutto: i consumi, la produzione di energia rinnovabile, il risparmio idrico, le emissioni di CO2, e anche il risparmio economico. Possiamo testimoniare che è un approccio conveniente, oltre che una spinta al miglioramento continuo. Oggi riceviamo tantissime visite e richieste su come replicare questo esempio e noi diciamo sempre che il segreto è nello sguardo a lungo termine: il rientro dell’investimento non è veloce, ma è duraturo e stimola il miglioramento continuo. Dopotutto è per questo che ci diamo da fare, per lasciare un po’ meglio di come abbiamo trovato.
Questo articolo è pubblicato anche sul numero di aprile/giugno di eastwest
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