Molti arrivano in Thailandia in cerca di un futuro, costretti a fuggire da guerre e persecuzioni. Ma il sogno di una vita migliore svanisce presto e diventa un vero e proprio incubo.
“I bambini migranti detenuti in Thailandia stanno soffrendo inutilmente in celle sovraffollate, sporche, senza un’adeguata nutrizione e senza istruzione”. La denuncia arriva dal nuovo rapporto “Two Years with No Moon: Immigration Detention of Children in Thailand”, redatto da Alice Farmer, ricercatrice per i diritti dell’infanzia di Human Right Watch (Hrw).

La maggioranza dei bambini scappano dagli attacchi dell’esercito birmano.
Secondo l’Organizzazione internazionale per le migrazioni ci sono circa 375 mila bambini che sono arrivati in Thailandia. “Molti dei bambini rifugiati – si legge nel rapporto di Human Right Watch – arrivano dalle zone di guerra della Birmania, fuggiti, assieme alle loro famiglie, dai violenti attacchi dell’esercito birmano nelle aree etniche e dalla violenza settaria perpetuata contro la minoranza musulmana dei Rohingya”. Altri rifugiati, scrive sempre Hrw, arrivano dal Pakistan, dallo Sri Lanka, dalla Somalia e dalla Siria.
Violata la Convenzione sui diritti del fanciullo.
“Non ci sono spazi per giocare e per muoversi”, sottolinea Alice Farmer. Che aggiunge: “Le celle sono così affollate che spesso i più piccoli non possono sdraiarsi neanche per dormire”. In queste condizioni “la detenzione danneggia anche la salute mentale dei bambini e la mancanza di una nutrizione adeguata al fabbisogno energetico dei più piccoli contribuisce alla depressione e all’ansia”.
“Le autorità thailandesi – continua la Farmer – violano i diritti fondamentali espressi dalla Convenzione sui diritti del fanciullo, ratificata dalla stessa Thailandia”. La Convenzione specifica che tutti i bambini hanno il diritto all’istruzione senza nessun tipo di discriminazione sulla base della nazionalità. Secondo la legge thailandese, invece, tutti i migranti con lo status di “immigrato irregolare” – dunque anche i bambini – possono essere arrestati e detenuti. Così facendo i bambini reclusi nelle prigioni “sono vittime di violenze da parte di guardie carcerarie e adulti con cui sono costretti a dividere le celle anche se non appartengono alla loro famiglia”.
Il tempo di detenzione varia a seconda dello stato di provenienza.
Per le persone che arrivano da Paesi confinanti come la Birmania, il Laos e la Cambogia, la permanenza nelle strutture carcerarie dura solo pochi giorni. Poi vengono rimpatriati forzatamente. Mentre per coloro che arrivano da Paesi non limitrofi, la durata delle detenzione è indefinita.
“Mia nipote di cinque anni mi ha chiesto per quanto tempo sarebbe dovuta restare imprigionata. Mi ha chiesto se passerà il resto della sua vita chiusa qui. Io non so cosa risponderle” ha raccontato a Human Right Watch, Yanaal, un migrante pakistano recluso con la sua famiglia da sei mesi nel carcere per immigrati di Bangkok.
“La Thailandia – conclude la ricercatrice per i diritti dell’infanzia – ha il diritto di controllare l’immigrazione attraverso i suoi confini, ma deve anche tutelare i diritti dei bambini. Le autorità thailandesi dovrebbero sviluppare alternative alla detenzione, tra cui libertà vigilata o centri di accoglienza aperti”.