Mentre a Kiev la parata per il giorno dell’indipendenza riempiva la Khreshatik, a Donetsk i separatisti hanno fatto sfilare sotto le baionette e tra due ali di folla inferocita alcuni prigionieri di guerra ucraini. Nelle stesse ore il Comitato internazionale della Croce rossa lasciava trapelare la decisione di classificare formalmente la crisi ucraina a “conflitto internazionale”. Questo apre la strada al tribunale dell’Aja.

Non c’è da stupirsi se il ministro degli esteri russo Sergej Lavrov non ha visto nulla di umiliante nella parata dei prigionieri di guerra a Donetsk. “Ho visto delle foto”, ha detto Lavrov “e non ci ho trovato niente che potesse definirsi un abuso”. Anche noi abbiamo visto delle foto, ma la pensiamo diversamente.
I prigionieri ucraini sono stati fatti sfilare sotto la minaccia delle baionette dei miliziani. Visibilmente disorientati e spaventati, con le barbe lunghe, i soldati hanno dovuto sottostare alla gogna di due ali di folla inferocite che li insultavano. Il piccolo corteo era seguito da tre autobotti che in maniera teatrale hanno lavato la strada dopo il loro passaggio. Il fatto che sia i miliziani sia Lavrov considerino tutto questo adeguato al trattamento da riservarsi a dei prigionieri è solo un altro indizio della distanza che separa la Russia dall’Occidente. Né più e né meno del trattamento riservato in patria all’opposizione, alla comunità LGBT, alle religioni diverse dalla cristiano-ortodossa, alle minoranze etniche in Crimea, e così via.
Terrorismo o guerra?
Il governo ucraino farebbe bene a cambiare nome all’operazione antiterrorismo. Anzi, qualificare i separatisti come terroristi è stato un errore sin dall’inizio delle rivolte nel sud e nell’est del Paese, quando i manifestanti occupavano gli edifici pubblici proprio come avevano fatto i dimostranti di Euromaidan pochi mesi prima a Kiev. Allora, il primo ministro Azarov e il presidente Janukovich furono sul punto di sedare la rivolta lanciando proprio un’operazione antiterrorismo.
Ma è un errore anche adesso, e di diversa natura. Adesso che nel Donbass si combatte una guerra tra la guardia nazionale ucraina e un esercito irregolare armato e composto in buona parte dai russi. Terrorismo o guerra non è una differenza di poco conto.
Secondo fonti interne citate da Reuters, il Comitato internazionale della Croce rossa, Icrc, ha innalzato il livello della crisi in Ucraina a “conflitto internazionale”. Dire che c’è la guerra in Donbass non è come scoprire l’acqua calda. L’Icrc è l’organismo che cura l’applicazione delle convenzioni di Ginevra sulle regole di guerra e la sua classificazione di un conflitto fa la differenza tra applicabilità e non applicabilità delle convenzioni. Se l’indiscrezione dovesse essere confermata, casi come l’abbattimento del volo MH17 o il bombardamento di zone abitate potrebbero essere trattati come crimini di guerra e passare sotto la giurisdizione del Tribunale dell’Aja. E anche la parata dei prigionieri di guerra a Donetsk.
Io uccido i vostri figli

Chissà se Lavrov è al corrente anche di altri trattamenti riservati dai separatisti ai loro nemici. Come per esempio il caso della donna nella foto. Secondo i militari che l’hanno sequestrata e legata a un palo in città è una spia ucraina. Riportava al nemico le posizioni dell’artiglieria dei separatisti a Donetsk. L’hanno avvolta in una bandiera ucraina e l’hanno costretta a tenere un cartello dove si leggeva “Sono io che uccido i vostri bambini”. Poi hanno incitato i (pochi) passanti a sfogare la loro rabbia su di lei, a schiaffeggiarla e a prenderla a calci. “Per quello che ha fatto si merita questo e altro”, ha detto un miliziano che ha fatto finta di spararle.
“La Russia era un modello per noi”, mi hanno detto in molti ucraini dell’est recentemente “Ma dopo quello che abbiamo visto succedere nei territori controllati dai separatisti preferiamo di gran lunga l’Ucraina, pur con tutti i suoi difetti”. Me lo hanno detto nella loro lingua madre, il russo.
Come ho già scritto, il dilemma ucraino non è più soltanto un questione di lingua o appartenenza culturale, ma di scelta tra un modello di società e valori europeo, e uno russo. Per il quale, per esempio, costringere un prigioniero a un comportamento degradante non costituisce un abuso.
Mentre a Kiev la parata per il giorno dell’indipendenza riempiva la Khreshatik, a Donetsk i separatisti hanno fatto sfilare sotto le baionette e tra due ali di folla inferocita alcuni prigionieri di guerra ucraini. Nelle stesse ore il Comitato internazionale della Croce rossa lasciava trapelare la decisione di classificare formalmente la crisi ucraina a “conflitto internazionale”. Questo apre la strada al tribunale dell’Aja.