A tre settimane dalla demonetizzazione di tutte le banconote da 500 e 1000 rupie in circolazione in India le agenzie di rating prevedono un rallentamento del Pil imminente causato dal crollo dei consumi. Senza banconote in tasca, gli indiani non spendono e non spenderanno finché la situazione non tornerà a una parvenza di normalità; non prima di alcuni mesi.
Nell’offensiva sconclusionata delle opposizioni contro la demonetizzazione voluta da Modi, qualche giorno fa ha brillato per lucidità e pacatezza il discorso pronunciato dall’ex primo ministro ed ex governatore della Reserve Bank of India Manmohan Singh, l’uomo scelto dall’Indian National Congress di Sonia Gandhi per dare una voce autorevole alle critiche mosse contro l’esecutivo.
Singh, nel suo discorso, ha dichiarato: «Le modalità con cui la misura è stata applicata non faranno altro che colpire il settore dell’agricoltura, le piccole industrie, le persone del “settore informale”. Ritengo che il nostro Pil nazionale, a causa di ciò che è stato fatto, possa perdere almeno due punti percentuali». Una stima, sempre secondo Singh, stilata «al ribasso», che dovrebbe mettere in guardia l’esecutivo Modi circa gli ostacoli che l’economia indiana si troverà a fronteggiare nei prossimi mesi.
L’equazione è molto semplice. Secondo le stime di Credit Suisse, il valore totale di tutte le banconote da 500 e 1000 rupie ritirate fino al 26 novembre era pari a 14,18 miliardi di rupie (193 milioni di euro); il valore delle nuove banconote immesse nel mercato indiano fino alla stessa data, gran parte delle quali in tagli da 2000 rupie, ammonta a 1,5 miliardi di rupie (21 milioni di euro). Significa che, nel giro di tre settimane, la quantità di denaro liquido in circolazione in India è diminuita di oltre l’85 per cento e, in gran parte, le banconote ora disponibili sono in maggioranza del taglio di 2000 rupie, virtualmente impossibile da spendere nelle piccole spese quotidiane comuni alla maggioranza della popolazione indiana.
Senza denaro contante da spendere, in un’economia quotidiana come quella indiana basata quasi interamente sulle transazioni in cash, i consumi sono crollati, in attesa che la circolazione di contanti nel paese torni alla normalità. La pseudo paralisi dei consumi avrò ripercussioni anche sulla produzione e distribuzione di beni primari di consumo (verdure, riso, farina…) e su spese eccezionali come, ad esempio, l’organizzazione di matrimoni o l’acquisto di gioielli e di oro.
I timori di Singh sono sostenuti dalle proiezioni delle principali agenzie di rating indiane e internazionali – raccolte in una tabella chiarissima da Scroll.in – che prevedono una diminuzione della crescita del Pil tra i 0,5 e 3 punti percentuali per il prossimo anno fiscale.
Fitch, riporta Business Line, ad esempio ritiene che il rallentamento dei consumi dovuto alla mancanza di contanti in circolazione sarà «moderato» per il prossimo anno, in attesa che la diffusione delle nuove banconote torni a livelli normali. Ma, nel contempo, l’accumulo di soldi nel sistema bancario porterà a un aumento sia del gettito fiscale sia dei fondi a disposizione del governo per incentivare grandi opere infrastrutturali.
Deutsche Bank, riporta Indian Express, si sbilancia maggiormente prevedendo una crescita del Pil per il 2017 ferma al 6,5 per cento (un punto in meno rispetto all’anno in corso), con una ripresa nel 2018 che dovrebbe riportare l’incremento ai valori di quest’anno, cioè al 7,5 per cento.
Tutto dipende, in sostanza, da quanto tempo verrà impiegato per sostituire completamente la quantità di banconote ritirate: secondo le stime che circolano sui media indiani, non prima di marzo 2017.
@majunteo