Dopo quasi cinque anni di carcere a Varanasi, in India, Tomaso Bruno ed Elisabetta Boncompagni sono finalmente liberi. Accusati di aver ucciso l’amico e compagno di viaggio Francesco Montis erano stati condannati dalla giustizia indiana all’ergastolo, in primo e secondo grado.

Cinque anni di prigione, tra processi e rinvii che sembravano interminabili fino a martedì scorso (20 gennaio 2015), quando la Corte Suprema indiana, presieduta da Anil R. Dave, ha stabilito che i due giovani italiani dovevano essere rimessi “subito in libertà”. È finito così l’incubo per Tomaso ed Elisabetta e anche per i familiari e gli amici che in questi anni avevano cercato di gridare l’innocenza dei due in tutti i modi possibili.
“La notizia ci è arrivata dall’ambasciatore italiano in India, Daniele Mancini, alle 6.30 di martedì. Ho pianto di gioia”.
A parlare ad East è la madre di Tomaso Bruno, Marina Maurizio, la “mamma coraggio” che non ha mai smesso di lottare per suo figlio e per l’amica Elisabetta. “Aspettavo la sua chiamata e quando il telefono ha squillato alle 6:30 del mattino il cuore mi è arrivato alla gola. Non mi ha lasciato neppure il tempo di dire niente che subito ha iniziato a dirmi che erano liberi e dal quel momento ho sentito che quel peso che mi portavo dentro da cinque anni finalmente non c’era più”.
L’odissea di Tomaso Bruno ed Elisabetta Boncompagni inizia nel 2010, quando, la mattina del 4 febbraio, nell’albergo Buddha di Chentgani alla periferia di Varanasi, i due giovani trovano Francesco Montis in agonia sul letto. I tre erano partiti per l’India per festeggiare il capodanno e, all’epoca della tragedia, Elisabetta era la fidanzata di Francesco. Tomaso ed Elisabetta chiamano subito i soccorsi ma non c’è nulla da fare e all’ospedale un medico non può far altro che costatarne il decesso.
Pochi giorni dopo, il 7 febbraio, Tomaso ed Elisabetta vengono arrestati con l’accusa di aver strangolato Francesco. Ma tante sono le cose che non tornano. L’esame post-mortem è stato effettuato da un medico oculista e subito dopo il corpo di Francesco viene cremato, rendendo così impossibile un altra perizia, magari fatta da uno specialista. E poi ci sono solo supposizioni. La giustizia indiana, infatti, ha ipotizzato che tra i due vi fosse una relazione sentimentale e che quindi avrebbero organizzato l’omicidio, tanto che, nella sentenza che ha condannato i due in primo grado si legge: “Il movente che ha spinto i due accusati a uccidere Montis non si può dimostrare per insufficienza di prove, tuttavia si può comunque ipotizzare che i due avessero una relazione intima illecita”.
La decisione di assoluzione è arrivata dopo le lunghe tempistiche della giustizia indiana. Il ricorso alla corte suprema era stato giudicato ammissibile il 4 febbraio del 2013 e la prima udienza era stata fissata per il settembre successivo. Ma, fino al dicembre scorso, erano state tutte rinviate.
“Dopo le due udienze del 4 e 5 dicembre del 2014 – spiega Marina Maurizio – gli avvocati ci avevamo informato che i tempi di uscita della sentenza sarebbero stati di un mese o due, calcolando che la Corte Suprema è stata chiusa per le vacanze invernali dal 19 dicembre al 5 gennaio, sono stati veloci”.
“Ho avuto modo di leggere la sentenza – continua la mamma di Tomaso Bruno – ed a questa prima lettura ho constatato con piacere che i giudici hanno accolto e fatto propri tutti i rilievi presentati dai nostri avvocati, che peraltro erano già stati ampiamente esposti e dimostrati negli altri gradi di giudizio. Non c’è movente, le autopsie sono da considerarsi nulle in quanto in esse non sono presenti i sintomi dello strangolamento, ma la cosa più importante è che l’accusa ha sottratto le prove che erano a lei sfavorevoli: il referto del medico che ha constatato la morte di Francesco Montis, non chiamandolo neppure a testimoniare ed i filmati delle telecamere a circuito chiuso installate in vari punti dell’hotel”.
Attualmente Tomaso ed Elisabetta sono ancora in carcere, ma potrebbero uscire da un momento all’altro.
“Torneranno presto in Italia – precisa Marina Maurizio – ma prima ci sono da sbrigare alcune pratiche il cui iter è abbastanza complesso considerando che siamo in India e la burocrazia è molto farraginosa. L’ambasciata, con l’aiuto dei nostri legali, sta cercando di stringere i tempi. Al momento, però, non possiamo ipotizzare se occorreranno alcuni giorni o una settimana. Non vediamo l’ora!”.
L’incubo di Tomaso ed Elisabetta è finalmente finito. Non gli resta che rientrare in Italia e prepararsi alla grande festa che gli amici e i familiari stanno organizzando per loro.
Dopo quasi cinque anni di carcere a Varanasi, in India, Tomaso Bruno ed Elisabetta Boncompagni sono finalmente liberi. Accusati di aver ucciso l’amico e compagno di viaggio Francesco Montis erano stati condannati dalla giustizia indiana all’ergastolo, in primo e secondo grado.