Mercoledì primo febbraio il ministro delle finanze indiano Arun Jaitley ha presentato in parlamento la terza legge di stabilità dell’amministrazione Modi, delineando le traiettorie economiche del prossimo futuro per la Repubblica indiana. Nonostante la tornata elettorale locale attualmente in corso in stati chiave come Punjab e Uttar Pradesh – dove il Bharatiya Janata Party si scontrerà con un’alleanza «anti Modi» composta da Samajwadi Party, a caccia di un secondo mandato, e Indian National Congress – senza cadere nella tentazione di un «union budget» in modalità campagna elettorale, Jaitley ha presentato un documento di 37 pagine giudicato dagli analisti molto misurato e con incentivi per combattere un’evasione fiscale da record.
Per far quadrare i conti e non sbilanciare eccessivamente l’economia indiana, la spesa pubblica nel prossimo anno fiscale crescerà solo del 6,5 per cento, un’inezia rispetto all’incremento del 12 per cento dell’anno scorso, tenendo il deficit sotto controllo intorno al 3 per cento. In previsione di entrate non entusiasmanti per il prossimo anno e con le incognite di un mercato globale in cui l’India tende ancora a subire più che a imporsi, Jaitley è andato col pilota automatico: niente annunci sensazionali, lieve aumento delle risorse in settori chiave come infrastrutture e abitativo (tenendo come stella polare l’obiettivo governativo di «una casa per tutti» entro il 2022), aumento dei fondi per il programma nazionale di impiego nelle campagne e mini stimoli per far partire una domanda che nel paese ancora stenta, tenendo fermi al palo i consumi. Jaitley ha annunciato un taglio fiscale del 25 per cento per le piccole e medie imprese con un turnover inferiore ai 50 milioni di rupie l’anno (meno di 690mila euro): metà delle «micro, mini, nano» imprese, scrive Indian Express, sono nelle campagne e contribuiscono enormemente alla creazione di posti di lavoro. Una misura per incentivare la (ri)assunzione di quelle decine di migliaia di lavoratori migranti che, sotto i colpi della demonetizzazione di novembre, hanno perso il posto di lavoro.
Per trovare un senso «politico» a questa legge di stabilità occorre leggerla in controluce, appunto, con la demonetizzazione, la gigantesca rivoluzione del contante che, per volere del primo ministro Modi, ha investito le vite di 1,3 miliardi di indiani, portando a una crisi del contante inedita e a conseguenze gravi per le attività produttive del paese. Tanto da costringere il governo a riconsiderare le stime di crescita del Pil, che forse quest’anno non raggiungerà nemmeno il 7 per cento.
Ora è evidente che, scremando la manovra dalla retorica della lotta alla corruzione e al terrorismo, la demonetizzazione avesse come unico obiettivo ragionevole quello di spingere a una bancarizzazione coatta la popolazione indiana, funzionale sia al rimpolpamento delle banche sia, a questo punto soprattutto, a raccogliere dati sulla ricchezza distribuita in un paese dove le tasse le pagano in pochissimi.
«[I dati ricavati dalla demonetizzazione] ci aiuteranno moltissimo a espandere il numero di contribuenti e aumentare il gettito fiscale» ha dichiarato Jaitley in parlamento presentando dei dati assolutamente allarmanti.
Secondo il fisco indiano nell’anno fiscale 2015-2016 solo 37 milioni di persone hanno dichiarato i propri redditi, quasi 30 dei quali nella fascia fino a 500mila rupie all’anno (6880 euro). Anche togliendo il 40 per cento della popolazione minorenne e un’altra grande fetta di disoccupati, su 1,3 miliardi di persone significa che qualcuno sta rubando.
Assieme ai controlli fiscali che partiranno ora a seguito del «data mining» della demonetizzazione, come ulteriore incentivo a dichiarare Jaitley ha annunciato un taglio del 50 per cento per tutti coloro che ricadono nella prima fascia di reddito tassabile in India, tra le 250mila e le 500mila rupie annue: dovranno pagare solo il 5 per cento di tasse e, per contribuire alla «Costruzione della Nazione», Jaitley prega che da quest’anno lo facciano.
P.s.: Nonostante le anticipazioni sulla stampa internazionale di cui avevamo dato notizia, nella legge di stabilità indiana 2017 il reddito universale garantito non viene citato nemmeno una volta.
@majunteo
Mercoledì primo febbraio il ministro delle finanze indiano Arun Jaitley ha presentato in parlamento la terza legge di stabilità dell’amministrazione Modi, delineando le traiettorie economiche del prossimo futuro per la Repubblica indiana. Nonostante la tornata elettorale locale attualmente in corso in stati chiave come Punjab e Uttar Pradesh – dove il Bharatiya Janata Party si scontrerà con un’alleanza «anti Modi» composta da Samajwadi Party, a caccia di un secondo mandato, e Indian National Congress – senza cadere nella tentazione di un «union budget» in modalità campagna elettorale, Jaitley ha presentato un documento di 37 pagine giudicato dagli analisti molto misurato e con incentivi per combattere un’evasione fiscale da record.