Legami più stretti con Iran e Afghanistan per arrivare in Russia e contenere Cina e Pakistan. È l’estrema sintesi dell’accordo celebrato il 23 maggio a Teheran dal premier indiano Narendra Modi, con il presidente iraniano Hassan Rouhani e quello afgano Ashraf Ghani.
Al centro dell’intesa di dodici punti c’è il grande porto commerciale di Chabahar, situato 1800 chilometri a sud di Teheran, a ridosso del confine con il Pakistan, dove l’India ha concesso un ulteriore investimento di 500 milioni di dollari per sostenere la conclusionedei lavori. Si tratta di un nodo di scambio strategico per le varie parti in causa. Da un lato c’è l’Iran,interessato a rilanciare l’economia dopo anni di sanzioni, a partire dalla necessità di individuare nuovi mercati a Est per gas e petrolio.Dall’altro c’è l’India, la cui priorità è trovare una via di accesso sicura e a medio-lungo termine verso l’Asia Centrale, a partire dall’Afghanistan fino in Russia, individuando al contempo canali sicuri per sostenere le esportazioni, ma soprattutto direttive in cui far transitare risorse energetiche indispensabili per la crescita economica. Infine Kabul, che come ha affermato Modi “avrà una via più efficiente, sicura e amichevole per commerciare con il resto del mondo”. Chabahar è la risposta. Un hub marittimo affacciato sullo stretto di Hormuz, all’incrocio tra il Golfo Persico e il Golfo di Oman dove transita la maggior parte del petrolio mondiale,destinato a soppiantare l’altro grande porto iraniano di Bandar Abbas, più lontano e meno efficiente. Il disegno di New Delhi emerge dalle dichiarazioni di Nitini Gadkari, ministro preposto allo sviluppo delle infrastrutture presente al vertice di Teheran, citato da Indian Express: “la distanza tra il porto di Kandla (Gujarat, India ndr) e Chabahar è minore di quella esistente tra New Delhi e Mumbai. Quello cui punta l’accordo è consentirci il rapido spostamento di merci in Iran e poi oltre, in Afghanistan e Russia attraverso una rete stradale e ferroviaria”.Oltre al mezzo miliardo stanziato dal governo Modi per ultimare Chabahar, New Delhi prevede di investire altri 16 miliardi di dollari per creare una zona economica libera a ridosso del porto in cui fondare industrie controllate direttamente, ma alimentate dal combustibile iraniano fornito a prezzi scontati. Un’area produttiva orientata all’Asia Centrale dunque, servita dal North-South Transport Corridor, direttiva che unisce la costa iraniana al confine afgano, per continuare lungo l’autostrada Zaranj-Delaram realizzata da Kabul in collaborazione con New Delhi.
Di fatto, l’India punta ad impossessarsi di una parte della crescita economica iraniana, attesa con la fine delle sanzioni. A favore ci sono relazioni storiche, la comune “gloria del passato” citata da Modi a Teheran tirando in causa anche il poeta Ghalib, compositore in hindi, urdu e farsi, vissuto durante l’ultimo splendore della dinastia Mughal, segnato dall’alleanza con l’impero persiano. L’intesa tra i due paesi è continuata anche durante il lungo inverno delle sanzioni internazionali comminate all’Iran. Nel passato l’India è arrivata a coprire il 17% del proprio fabbisogno di petrolio importando dall’Iran, poi, a causa delle sanzioni, il valore è sceso al 7% nell’anno 2014-2015, conseguenza anche delle pressioni statunitensi che hanno avvallato in più occasioni una maggiore apertura da parte di New Delhi per le forniture dell’Arabia Saudita. In realtà, oltre alle evidenti contingenze economiche, il rafforzamento dell’intesa con Teheran è una priorità strategica imprescindibile per New Delhi al fine di aumentare la pressione sul Pakistan e contenere l’influenza cinese nel contesto regionale. Innanzitutto, l’istituzione del corridoio di accesso diretto all’Afghanistan avviene nel momento di massima collaborazione tra New Delhi e Kabul, fortemente voluta per aggirare lo storico nemico Pakistan che in questo modo perde la propria profondità strategica, ritenuta indispensabile da Islamabad nell’evenienza di un nuovo conflitto con l’India. Non da ultimo, Chabahar viene da tempo usata dai servizi di intelligence di New Delhi, dove sembra abbiano istituito un centro operativo del Research and Analysis Wing (RAW, i servizi segreti), principalmente in ottica anti-pachistana. Non a caso, all’indomani dell’arresto in Pakistan della spia indiana Kulbushan Jadhav, operativa con lo pseudonimo Hussein Mubarak Patele accusata di attività sovversive in Balochistan, il governo di Islamabad aveva individuato come base di riferimento dello 007 indiano proprio la città costiera iraniana. Per quanto riguarda il Dragone, “l’India vuole essere certa che la Cina non cominci a definire la scelta di queste nazioni ponendosi come unica opzione disponibile”, ha commentato sul Washington Post Tanvi Madan, esperto di politica estera indiana al Brookings Institution. Non è un caso se all’indomani del termine delle sanzioni, Pechino ha immediatamente aperto a Teheran accordandosi per l’intensificazione delle relazioni commerciali, ponendosi l’obbiettivo di far crescere l’interscambio sino a 600 milioni di dollari in pochi anni. Ben più complessa è l’intesa tra Cina e Pakistan, evidente nella costruzione del porto di Gwadar, situato a soli 72 chilometri ad est di Chabahar nel Baluchistan pachistano, e collegato all’Altopiano tibetano attraverso un Corridoio Economico che ripercorrere la Karakorum Highway.Il progetto è stato realizzato grazie allo stanziamento di 46 miliardi di dollari con cui Pechino si è garantita il controllo operativo sullo scalo per 40 anni, che secondo il quotidiano Dawn entrerà in funzione entro fine 2016, e per dicembre 2017 è atteso il transito di un milione di tonnellate di merce. Gwadar è senza dubbio una delle priorità strategiche cruciali per Pechino, in quanto fornisce una via di accesso più rapida, diretta ed economica ai giacimenti petroliferi mediorientali e alle risorse africane, permette lo sviluppo industriale dei territori instabili posti nella Cina occidentale,quindi offre un’alternativa terrestre alle rotte mercantili dirette in Occidente, doppiando il collo di bottiglia costituito dallo Stretto di Malacca.Qui, nelle acque situate a ovest dello stretto è in corso una prova di forza tra la flotta cinese, impegnata ad estendere la propria influenza oltre il Mar Cinese, e quella indiana, che forte del supporto statunitense punta al ruolo di ‘garante’ dell’Oceano Indiano. Ecco che Gwadar assume anche chiara valenza nell’evenienza di un confronto militare, in quanto offrirebbe un punto di appoggio cruciale per le proprie flotte, accerchiando di fatto la penisola indiana. Allo stesso modo, così come accennato in merito alle base del RAW, all’occorrenza Chabahar potrebbe ospitare contingenti navali della marina indiana. Il protrarsi di questo gioco di equilibri ha innescato un processo di confronto latente tra le forze in campo, dall’elevato potere distruttivo, e non a caso ha preso il nome di Nuclearizzazione dell’Oceano Indiano.
Legami più stretti con Iran e Afghanistan per arrivare in Russia e contenere Cina e Pakistan. È l’estrema sintesi dell’accordo celebrato il 23 maggio a Teheran dal premier indiano Narendra Modi, con il presidente iraniano Hassan Rouhani e quello afgano Ashraf Ghani.
Al centro dell’intesa di dodici punti c’è il grande porto commerciale di Chabahar, situato 1800 chilometri a sud di Teheran, a ridosso del confine con il Pakistan, dove l’India ha concesso un ulteriore investimento di 500 milioni di dollari per sostenere la conclusionedei lavori. Si tratta di un nodo di scambio strategico per le varie parti in causa. Da un lato c’è l’Iran,interessato a rilanciare l’economia dopo anni di sanzioni, a partire dalla necessità di individuare nuovi mercati a Est per gas e petrolio.Dall’altro c’è l’India, la cui priorità è trovare una via di accesso sicura e a medio-lungo termine verso l’Asia Centrale, a partire dall’Afghanistan fino in Russia, individuando al contempo canali sicuri per sostenere le esportazioni, ma soprattutto direttive in cui far transitare risorse energetiche indispensabili per la crescita economica. Infine Kabul, che come ha affermato Modi “avrà una via più efficiente, sicura e amichevole per commerciare con il resto del mondo”. Chabahar è la risposta. Un hub marittimo affacciato sullo stretto di Hormuz, all’incrocio tra il Golfo Persico e il Golfo di Oman dove transita la maggior parte del petrolio mondiale,destinato a soppiantare l’altro grande porto iraniano di Bandar Abbas, più lontano e meno efficiente. Il disegno di New Delhi emerge dalle dichiarazioni di Nitini Gadkari, ministro preposto allo sviluppo delle infrastrutture presente al vertice di Teheran, citato da Indian Express: “la distanza tra il porto di Kandla (Gujarat, India ndr) e Chabahar è minore di quella esistente tra New Delhi e Mumbai. Quello cui punta l’accordo è consentirci il rapido spostamento di merci in Iran e poi oltre, in Afghanistan e Russia attraverso una rete stradale e ferroviaria”.Oltre al mezzo miliardo stanziato dal governo Modi per ultimare Chabahar, New Delhi prevede di investire altri 16 miliardi di dollari per creare una zona economica libera a ridosso del porto in cui fondare industrie controllate direttamente, ma alimentate dal combustibile iraniano fornito a prezzi scontati. Un’area produttiva orientata all’Asia Centrale dunque, servita dal North-South Transport Corridor, direttiva che unisce la costa iraniana al confine afgano, per continuare lungo l’autostrada Zaranj-Delaram realizzata da Kabul in collaborazione con New Delhi.