Questa mattina l’Indian Space and Research Organization (Isro, l’agenzia spaziale indiana) ha segnato un nuovo record mondiale, mettendo in orbita con un solo lancio ben 104 satelliti, frantumando il primato precedente della Russia. L’ennesimo successo dell’Isro è motivo di orgoglio nazionale e riafferma lo standard elevatissimo delle operazioni spaziali gestite dall’agenzia indiana.
Alle 9:28 di oggi, ora indiana, dallo spazioporto di Sriharikota, in Andhra Pradesh, è stato lanciato il razzo indiano PSLV-C37 contenente 103 mini satelliti e un satellite più grande, indiano. L’operazione riuscita ha segnato l’ennesimo primato dell’Isro a livello mondiale, dimostrando l’eccellenza indiana nella tecnologia aerospaziale. Mai nessuno, prima d’ora, era riuscito a mandare in orbita così tanti satelliti contemporaneamente: il record precedente apparteneva alla Russia, con 37 satelliti in un solo lancio nel 2014.
La stampa indiana, spiegando i dettagli della missione, indica che a bordo del PSLV-C37 la maggioranza dei satelliti sono di proprietà della compagnia statunitense Planet: i suoi 88 micro satelliti Dove (10cm x 10cm x 30 cm, per un peso di poco superiore ai 4 kg) una volta in orbita porteranno a la flotta di Planet in orbita a quota 100 e saranno utilizzati per registrare e inviare immagini ultradettagliate del pianeta Terra. I restanti micro-satelliti, appartenenti a Kazakistan, Israele, Emirati Arabi, Svizzera, Stati Uniti.
Gran parte del carico era però occupato dal satellite indiano Cartosat-2, che coi suoi 714 kg è stato il primo ad essere espulso dal vettore, che per i prossimi cinque anni manderà al quartier generale dell’Isro dati e immagini ad altissima risoluzione della crosta terrestre.
Il primo ministro indiano, a pochi minuti dal «mission accomplished», si è complimentato pubblicamente con tutto il team dell’Isro, twittando: «Questo notevole risultato dell’Isro rappresenta un ennesimo momento di orgoglio per la nostra comunità scientifica spaziale e per la nazione. Onore ai nostri scienziati».
Negli ultimi anni le imprese dell’agenzia spaziale indiana hanno superato il pubblico degli addetti ai lavori, sfondando nella cultura popolare di un paese orgoglioso delle proprie eccellenze in campo scientifico. Nella memoria collettiva degli indiani è ben impressa la data storica del 24 settembre 2014, quando l’India è entrata a pieno diritto nel club delle superpotenze mondiali nella tecnologia aerospaziale. Al primo tentativo in assoluto, l’Isro riuscì a mandare in orbita il satellite Mangalyaan per la prima «mission to Mars» interamente indiana.
Prima di New Delhi, solo l’Unione Sovietica, gli Stati Uniti e l’Unione Europea ci erano riuscite e, per galvanizzare ulteriormente il paese, l’India è riuscita dove la Cina aveva ripetutamente fallito portando a compimento una missione tecnicamente low cost: l’intera operazione, dalla fabbricazione del satellite alle procedure di lancio e controllo, sviluppata interamente su suolo indiano e con tecnologia indiana era costata solo 71 milioni di dollari. All’epoca la stampa indiana scherzava di come gli americani avessero appena mandato nelle sale il blockbuster spaziale Gravity, costato 100 miliardi di dollari. L’India, con 30 milioni in meno, aveva mandato in orbita un satellite per davvero.
Dopo il lancio di oggi, secondo l’ambiziosa scaletta presentata dagli scienziati dell’Isro, l’agenzia spaziale indiana conta di mandare in orbita un altro satellite sulla Luna nel 2018 e, soprattutto, replicare nel 2020 il successo della missione Mangalyaan, aggiungendo al satellite Mangalyaan 2 anche un lander e un rover, sempre direzione Marte.
@majunteo