Abbiamo raggiunto al telefono a Boston lo storico britannico Roger Edward Owen, docente dell’Università di Harvard e autore di «State, Power and Politics in the Making of the Modern Middle East».

Professor Owen, dalla Siria alla Libia, la regione è attraversata da una delle più profonde crisi della sua storia. Cosa accade in queste ore in Yemen?
Si procede con negoziati a oltranza, lo scopo dei ribelli Houthi non è la conquista di Sanaa ma di fare pressioni sul governo centrale per ottenere maggiore autonomia a livello locale. Faranno le loro richieste e poi torneranno nel Nord del Paese. Non credo affatto che vogliano creare una Repubblica islamica, sul modello iraniano. Aspirano alla formazione di un Comitato centrale per la soluzione delle dispute che assicuri l’autonomia dello Yemen del Nord. Un colpo di stato provocherebbe una reazione certa dei sauditi. Nessuno può dimenticare come israeliani e sauditi hanno reagito dopo le rivolte degli anni Sessanta e Ottanta nello Yemen del Nord. E poi, fin qui l’esercito yemenita è stato a guardare in attesa di ottenere il miglior accordo possibile per la sua sopravvivenza. Certo gli Houthi sono ben più forti dell’esercito regolare.
L’instabilità a Sanaa e Aden che effetto avrà sui militanti di al-Qaeda che hanno trovato la loro base in Yemen?
Al-Qaeda si avvantaggerà di questi scontri. Ha trovato in Yemen un Paese ideale per addestrare i suoi jihadisti. D’altra parte, gli iraniani sono molto cauti e non intendono intervenire perché hanno come unico obiettivo l’accordo nucleare e la fine delle sanzioni.
Cosa accadrà alle aspirazioni nucleari civili dell’Iran dopo la morte del re saudita Abdullah? Teheran è poi costretta a fronteggiare la diminuzione senza precedenti del prezzo del petrolio…
Il nuovo monarca saudita Salman, tra i falchi della monarchia, potrebbe dichiarare subito dopo la sua nomina di non volere che l’Iran prosegua in alcun modo con il suo programma nucleare, (mettendo fine ai negoziati in corso a Ginevra, ndr). Da parte sua, Rohani sta tentando di controbilanciare la crescente inflazione con lo stop alle sanzioni internazionali. Le guardie rivoluzionarie possono resistere per tanti anni anche con i prezzi del petrolio bassi, a soffrirne è la gente comune. E poi l’Iran ha un esercito tecnicamente impeccabile. Se dovesse esserci un conflitto nella regione il prezzo del petrolio tornerebbe a salire, ma in questo momento credo che non lo voglia nessuno.
Non si ferma la guerra vera quella contro lo Stato islamico (Isis) in Iraq e in Siria, anche se Kobane sembra di nuovo in mano ai kurdi?
Non è più valida la teoria secondo cui il nemico del mio nemico è mio amico. In Iraq l’esercito e le istituzioni sono molto deboli. Le milizie agiscono come eserciti regolari, i militari regolari sono così male organizzati che c’è spazio per chiunque per attività militari. (Il presidente siriano, ndr) al-Asad controlla solo una piccola parte della Siria e può continuare a chiamare Isis terroristi, proponendosi come il difensore di una minaccia reale. D’altraparte, i kurdi sanno che il loro sogno di indipendenza non è realizzabile, a loro basta poter esportare al meglio il loro petrolio. Per i kurdi di Rojava poi è stato un grande shock capire che i combattenti kurdi iracheni peshmerga non costituivano una forza armata adeguata. Ora devono fare molta attenzione a contenere le loro aspirazioni indipendentistiche se vogliono la stabilità della regione.
Con il quarto anniversario delle rivolte egiziane, sono tornate le proteste in Egitto. È rimasto poco delle aspirazioni rivoluzionarie egiziane sebbene al-Sisi mostra qualche segno di cedimento?
Al-Sisi è una specie di poliziotto-militare. Ora i pro-Mubarak stanno tornando prepotentemente, vogliono di nuovo esercitare il loro controllo dall’alto. A sua volta al-Sisi ha bisogno dei politici del Partito nazionale democratico (Pnd) per rafforzarsi. Ora che i figli, Alaa e Gamal sono fuori, nessuno impedirà loro di fare politica. Esiste tra gli uomini di Mubarak un profondo disprezzo per al-Sisi. Lo stesso sentimento è condiviso da molti militari all’interno dell’esercito, come Sami Annan. Eppure se al-Sisi non sarà in grado di formare un partito alternativo dovrà appoggiarsi sulla struttura del Pnd. Vivrà nel terrore, è sempre confinato in una base militare di Heliopolis, teme costantemente di essere ucciso.