Dalla Catalogna al Kurdistan, due modi ben diversi di sentirsi oppressi. Il ruolo dell’Organizzazione dei popoli non riconosciuti. Intervista a Marino Busdachin, Segretario generale dell’UNPO.
L’Art. 1, Comma 2 della Carta delle Nazioni Unite indica come loro fine lo sviluppo di relazioni amichevoli tra le nazioni “fondate sul rispetto e sul principio dell’eguaglianza dei diritti e dell’auto-determinazione dei popoli”. Negli ultimi mesi, questo principio cardine del diritto internazionale moderno è tornato alla ribalta con il referendum in Catalogna, quello nel Kurdistan iracheno e altri previsti a Bougainville-Papua Nuova Guinea, nelle Isole Faroe e in Nuova Caledonia.
L’Organizzazione delle Nazioni e dei Popoli Non Rappresentati (Unpo) è composta da non più di 40 membri in tutto il mondo, tra Stati non riconosciuti, minoranze, popoli indigeni e territori occupati e ha come missione difendere i loro diritti politici, sociali e culturali, il loro ambiente e il loro diritto all’autodeterminazione (AD). Fondata nel 1991 a L’Aia, contribuisce a mitigare i conflitti intra-Stato, oggi il 90%.
Marino Busdachin è Segretario Generale dal 2003. Lo abbiamo incontrato per gettare un po’ di luce su un tema di grande attualità ma poco noto all’opinione pubblica.
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Dalla Catalogna al Kurdistan, due modi ben diversi di sentirsi oppressi. Il ruolo dell’Organizzazione dei popoli non riconosciuti. Intervista a Marino Busdachin, Segretario generale dell’UNPO.