Oltre due gigabyte di file trafugati dai computer del «ministero dell’Informazione» della repubblica di Donetsk svelano le tecniche della disinformazione filorussa. E gli intrecci con l’Italia.
Un giorno d’estate un account Twitter che fino ad allora aveva avuto scarsissima attività ha pubblicato un link Dropbox per scaricare più di 1500 email trafugate dal computer di Tatiana Egorova, analista del «ministero dell’Informazione» della Dnr.
Le email contengono un’enorme quantità di allegati, relativi soprattutto allo scambio di informazioni tra Egorova e il press center dove i giornalisti arrivati a Donetsk devono accreditarsi. Migliaia di copie di passaporti e documenti personali. Ma tra questi compaiono anche dei file Excel compilati da Janus Putkonen, direttore dell’agenzia stampa DONi con i nomi dei giornalisti «amici» e «nemici». Un triage basato sui codici colore che vanno dal rosso, per i giornalisti a cui non dare l’accredito («russofobo», o «al servizio della Nato»), al verde per quelli ritenuti utili alla causa («buon amico»), passando per il giallo («così così»), al bianco («neutrale»).
Putkonen, cittadino finlandese, è a capo della DONi news, agenzia di informazioni della Dnr, fondata dal businessman russo Andrey Stepanenko e attiva «grazie al supporto di Mosca, Russia».
I file si sono rivelati autentici. I dati contenuti corrispondono a quelli forniti da molti giornalisti che hanno lavorato nella Dnr, compreso chi scrive.
Gli italiani
Il sistema è stato messo a nudo da una lunga inchiesta della tedesca Zeit. L’analisi dei file, però, è tutt’altro che completa. Così, si scopre che i giornalisti italiani presenti nella lista sono quasi tutti contrassegnati come «neutrali». L’unico classificato con il colore verde è Maurizio Vezzosi, un freelance che scrive per la rivista di geopolitica Limes e per il sito antiatlantista “L’antidiplomatico”. Il suggerimento di Putkonen al ministero dell’Informazione è di tenerlo in conto: «Un buon giornalista, incontratevi con lui». E infatti a Vezzosi fanno fare alcuni interventi sui mezzi di informazione locali. Successivamente, una volta rientrato in Italia, Vezzosi ha continuato a scrivere regolarmente a Egorova e a mandarle i propri articoli.
Con il codice giallo è invece contrassegnato l’inviato di Repubblica, Paolo Brera. «Possiamo rischiare. Ha fatto un’intervista con [il ministro degli Interni ucraino Arsen] Avakov», scrive Putkonen.
Il codice giallo è stato assegnato anche ai reporter de “Gli occhi della guerra”, l’outlet dei reportage del Giornale, di cui condivide la linea editoriale e l’orientamento politico, basato tutto sul crowdfunding.
Nella loro ultima visita hanno ricevuto un’attenzione particolare. Il press centre manda un’email a Egorova chiedendo come comportarsi con loro: «E questi?». Putkonen dà la sua approvazione con quattro «Yes», riferendo anche il parere di Vittorio Nicola Rangeloni, un giovane italiano che si è unito alla Dnr come reporter volontario e a cui sempre il Giornale aveva tempo fa dedicato una lunga intervista.
Ma c’è un altro italiano che in un’email segnala i giornalisti de “Gli occhi della guerra”: Angelo Mandaglio è di casa a Donetsk, dove viene presentato a Egorova da Putkonen come «partner di DONi». Da lì scrive reportage per siti di controinformazione come Saker Italia e il blog Byoblu di Claudio Messora, ex responsabile della Comunicazione del Gruppo Parlamentare del Movimento 5 Stelle, che secondo qualcuno pubblica bufale.
Un filo dall’Italia a Mosca
Putkonen è molto attivo nel confezionare la narrativa della Dnr per farla arrivare sui canali occidentali, con l’aiuto dei giornalisti «amici». Sconsiglia vivamente di far entrare la troupe della Bbc e i più autorevoli reporter stranieri, dà il suo benestare a tutta una serie di freelance di provata fedeltà. L’Italia è uno dei canali usati per far uscire la “controverità” dalle repubbliche separatiste.
Il giornalista filorusso Sergej Dyachuk è uno degli emissari nel nostro Paese. A febbraio 2015 Dyachuk partecipa a numerose manifestazioni antiucraine, spesso insieme ad altri giornalisti italiani come Giulietto Chiesa. Durante la sua permanenza in Italia Dyachuk riporta tutto con diligenza a Tatiana Egorova, manda copie dei volantini, ritagli di giornale e servizi di tv locali delle sue conferenze.
Il giornalista ucraino sembra avere uno strano collegamento con Rangeloni. Sulla scheda del primo accredito di quest’ultimo è riportato il nome di Dyachuk come «testata per cui lavora». Sentito, Rangeloni mi ha detto di non aver niente a che fare con lui e di averlo incontrato solo il giorno in cui, per coincidenza, si sono accreditati entrambi al press centre.
Ma il filo che lega la propaganda filorussa nei territori separatisti in Ucraina all’Italia passa anche per Mosca. Perché Putkonen e le altre persone che ruotano attorno a DONi – e che riportano periodicamente al “ministero dell’Informazione” – sembrano prendere ordini direttamente da Mosca. Oltre quello che hanno scoperto i giornalisti della Zeit, emerge nelle email la figura di Roman Manekin.
David Simpson, un ex ufficiale della Cia ora al lavoro per la Dnr, il 5 aprile scorso scrive a Putkonen un’email dall’oggetto «top secret»,in cui dice che «Manekin è l’ufficiale assegnatomi da Mosca, a cui io devo riferire e per cui sono responsabile qui. Se sai qualcosa che non so, sono felice di ascoltare».
Insomma, DONi più che un’agenzia stampa sembra una centrale di controllo sui giornalisti stranieri e smistamento di informazioni da Mosca.
@daniloeliatweet
L’articolo è stato modificato il 19.10.2016 a seguito della richiesta del responsabile del blog Byoblu di «rimuovere immediatamente la qualificazione del mio blog nei siti di “pseudo informazione”, […] di rimuovere l’aggettivo “bufalaro” posto vicino al nome del mio blog».
Oltre due gigabyte di file trafugati dai computer del «ministero dell’Informazione» della repubblica di Donetsk svelano le tecniche della disinformazione filorussa. E gli intrecci con l’Italia.