L’India punta sul porto di Chabahar per aprire nuove vie commerciali verso l’Asia Centrale e l’Afghanistan. Ma le sanzioni Usa contro Teheran potrebbero fermare tutto. E a beneficiarne sarebbe la Cina
Il porto di Chabahar si trova nel sud-est dell’Iran, nella provincia del Sistan e Balucistan, ed è affacciato sul golfo d’Oman. Grazie all’accordo sul suo sviluppo, siglato ufficialmente nel 2016 tra India, Iran e Afghanistan, New Delhi potrà dare vita a nuovi corridoi commerciali verso l’Afghanistan e i Paesi dell’Asia Centrale, entrando in competizione diretta con la Cina.
Lo sviluppo del porto avrà ripercussioni dirette anche sulle economie di Iran e Afghanistan: oltre alle opportunità di crescita per il Sistan e Balucistan, una delle sue province meno sviluppate, Teheran potrà rafforzare i propri scambi commerciali verso l’Asia Centrale e l’Oceano Indiano, mentre il turbolento Afghanistan potrà finalmente ridurre la propria dipendenza dal Pakistan – specialmente per quel che riguarda l’export – e ottenere l’accesso alle rotte marittime del Sud.
Oltre ai 500 milioni di dollari promessi per la costruzione di due ormeggi nel porto iraniano – già in grado di movimentare 8.5 milioni di tonnellate di merci all’anno –, l’India realizzerà anche un collegamento ferroviario da 1.6 miliardi di dollari tra Chabahar e Zahedan, una città iraniana situata a ridosso del confine con l’Afghanistan. Da quel punto, la rete ferroviaria proseguirà verso Zaranj, nell’Afghanistan meridionale, rendendo possibile il collegamento tra l’India e i mercati dell’Asia Centrale.
Insomma, dallo sviluppo del porto di Chabahar sembrano dipendere le sorti commerciali e geopolitiche di un sorprendente numero di nazioni: non soltanto per India, Iran e Afghanistan, gli attori maggiormente coinvolti nel progetto, ma anche per Stati Uniti e Cina, due superpotenze che – per motivi diversi – monitorano lo sviluppo del porto in maniera discreta, ma con grande interesse.
Lo scorso 7 agosto, attraverso un messaggio pubblicato su Twitter, Donald Trump ha annunciato l’imposizione di nuove sanzioni contro l’Iran, una serie di misure che – a partire da novembre, quando inizierà ad avere effetto anche la seconda tranche di sanzioni – colpiranno anche gli operatori portuali dell’Iran, i settori della navigazione e delle costruzioni navali.
Se la situazione non cambierà, uno degli effetti più immediati sarà un ulteriore rallentamento degli investimenti indiani nel porto di Chabahar, con un conseguente ritardo nel completamento dei lavori. Il messaggio americano è chiaro: come riportato dal presidente Trump nel suo tweet del 7 agosto, “chi farà affari con l’Iran non potrà fare affari con gli Stati Uniti”.
Dal canto loro, gli Usa hanno già esercitato pressioni sull’India affinché riducesse i propri legami economici con l’Iran, causando un impercettibile raffreddamento dei rapporti tra New Delhi e Teheran. Lo scorso 5 agosto, il ministro indiano per il petrolio ha infatti annunciato una drastica riduzione delle importazioni di greggio dall’Iran a partire dal prossimo novembre, lasciando intendere che New Delhi inizierà a cercare nuovi fornitori (leggi: Arabia Saudita).
Ma attraverso le sanzioni all’Iran, paradossalmente, gli Stati Uniti potrebbero nuocere ai loro stessi interessi nella regione: lo sviluppo del porto di Chabahar è infatti gradito anche a Washington, soprattutto perché aiuterebbe l’Afghanistan nella sua faticosa espansione economica. Lo scalo marittimo ridurrebbe inoltre la dipendenza americana dal Pakistan, al quale gli Usa sono soliti affidarsi per i rifornimenti delle sue truppe in Afghanistan.
India e Stati Uniti condividono inoltre un altro obiettivo, molto più complesso e ambizioso: contenere l’espansione della Cina, che ha già annunciato di voler trasformare il porto pakistano di Gwadar – ad appena 80 km a est di Chabahar – in un elemento essenziale del China-Pakistan Economic Corridor, il Cepc, uno dei progetti più ambiziosi della Belt and Road Initiative. E il porto di Chabahar, da questo punto di vista, potrebbe essere considerato un utile strumento per ridurre l’influenza cinese nell’intera regione, dal Pakistan fino all’Oceano indiano.
Sul rapporto tra gli scali di Chabahar e Gwadar sono già state avanzate molte ipotesi: alcuni li considerano rivali, altri arrivano addirittura a definirli “porti gemelli”. La verità, con ogni probabilità, è da cercare altrove. Prima ancora che si iniziasse a parlare della Belt and Road Initiative, l’India – insieme a Iran e Russia – diede il via a un ambizioso progetto infrastrutturale denominato International North-South Transport Corridor, Instc, un corridoio di 7.200 km in grado di collegare l’India e la Russia attraverso l’Iran e il mar Caspio. Insieme al porto di Chabahar, questo corridoio potrebbe generare un volume d’affari di 170 miliardi annui tra India ed Eurasia.
Cepc e Instnc potrebbero essere immaginati come le carreggiate di un’autostrada a doppio senso: il corridoio cinese si sviluppa guardando a sud, in direzione dell’Oceano indiano e del Golfo Persico, quello indiano invece verso nord, verso l’Afghanistan, l’Asia centrale e la Russia. I due progetti sembrerebbero svilupparsi quasi parallelamente, sfruttando i porti di Gwadar e Chabahar come cruciali punti d’accesso per i propri principali obiettivi commerciali. Chabahar, per l’India, è la porta d’accesso all’Afghanistan e ai mercati del nord, mentre Gwadar può offrire alla Cina uno sbocco per inserirsi nelle rotte marittime verso il Golfo Persico e l’Indo-Pacifico.
I due porti potrebbero anche essere considerati complementari, specialmente se l’Iran dovesse unirsi al progetto del Cepc, per il quale ha già dimostrato un discreto interesse (forse a causa della lentezza indiana nel completare il porto di Chabahar, già motivo di tensioni tra i due Paesi).
Se gli effetti delle sanzioni americane produrranno un’effettiva riduzione degli investimenti indiani nel porto di Chabahar, o addirittura un arresto dei lavori, chi ne guadagnerà maggiormente sarà proprio lo scalo di Gwadar, che a quel punto avrebbe tutte le carte in regola per divenire il principale hub commerciale tra il golfo d’Oman e il mar arabico, sfidando direttamente Dubai.
@Cassarian
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