I raid iraniani contro i jihadisti dello Stato islamico (Isis) in Iraq sono confermati. La notizia, inizialmente smentita dalle autorità di Teheran, è stata rilanciata dal vice-ministro degli Esteri, Ibrahim Rahimpour. L’operazione sarebbe stata condotta su richiesta del governo di Baghdad e non è stata coordinata con gli Stati Uniti.

Rahimpour ha aggiunto che lo scopo degli attacchi è «la difesa degli interessi dei nostri amici in Iraq», che stanno combattendo contro Isis. «Non permetteremo che le condizioni di sicurezza in Iraq degenerino, come è accaduto in Siria, a causa delle potenze straniere», ha aggiunto. Con lo scoppio della crisi irachena, lo scorso giugno, la diplomazia iraniana si è impegnata soprattutto per mettere in sicurezza il confine occidentale con l’Iraq. Il Segretario di Stato Usa, John Kerry aveva definito «positivi» i raid aerei mirati iraniani contro i jihadisti, riconoscendo il ruolo centrale dell’Iran nella lotta al terrorismo. Rahimpour ha accusato invece Arabia Saudita e Turchia di aver creato Isis, come un governo alternativo ad al-Asad. Il diplomatico ha ammesso che le autorità statunitensi stanno comprendendo i loro errori nell’aver sostenuto gli alleati regionali.
Teheran difende gli interessi iraniani in Iraq
La scorsa estate, autorità iraniane e statunitensi hanno inizialmente auspicato uno sforzo congiunto per limitare l’avanzata dei jihadisti di Isis. Teheran ha immediatamente dispiegato dieci divisioni delle forze paramilitari al Quds al confine con l’Iraq, nella provincia di Kermanshah. Ha condotto in territorio iracheno voli di ricognizione e sorveglianza con l’utilizzo di droni e ha fornito tonnellate di equipaggiamenti e assistenza militare all’Iraq, dove Teheran ha inoltre inviato un’unità speciale per intercettazioni. Il generale Qassim Suleimani, a guida delle forze paramilitari al Quds, ha poi compiuto varie missioni in Iraq, guidando le milizie sciite.
L’impegno iraniano in Iraq non è una novità. La fondazione del Consiglio supremo per la rivoluzione islamica in Iraq (Sciri), in seguito alla caduta del regime dello shah (1979), provocò la dura repressione della componente sciita irachena da parte del partito Baath. Il baathismo si presentò, come il baluardo dell’opposizione alla diffusione della Rivoluzione islamica tra i paesi arabi. Per questo, l’Iraq ottenne il chiaro sostegno degli Stati uniti nella guerra contro l’Iran (1981-1988). Negli anni Novanta, Washington ha promosso una politica di doppio contenimento (dual containment) tra Iran e Iraq. Gli Usa hanno accresciuto il loro controllo nel Golfo persico sostenendo l’Arabia Saudita come guida regionale per isolare l’Iran. Eppure l’attacco Usa all’Iraq del marzo 2003 vide l’Iran giocare un ruolo di «neutralità attiva». L’instabilità in Iraq è sempre stata un problema serio per la sicurezza iraniana. Nonostante gli sciiti iracheni vengano visti come una componente dello sciismo iraniano, la frammentazione della comunità sciita irachena, causata anche dalle divisioni promosse dal baathismo, è sempre stata fonte di grande preoccupazione per le autorità iraniane.
La scure sui social network
Sul fronte interno, in Iran sta arrivando un nuovo sistema per mettere sotto controllo i social network. Il ministro delle Telecomunicazioni, Mahmud Vaezi ha annunciato la messa a punto di un sistema di monitoraggio che consentirà di identificare chiunque si colleghi a internet. «In futuro, quando le persone vorranno utilizzare internet, saranno identificate e conosceremo l’identità di ogni internauta», ha dichiarato il ministro.
Il mese scorso Vaezi aveva annunciato il varo in tre fasi entro maggio di un sistema in grado di filtrare in maniera selettiva siti di vari social network senza però continuare a bloccarli del tutto come avviene ora. Il controllo su internet e sull’informazione resta pervasivo in Iran. Il blogger in prigione, Soheil Arabi continua a rischiare la pena di morte per «insulti al profeta», mentre è stata estesa la detenzione del corrispondente del Washington Post a Teheran, Jason Rezaian, sebbene non siano chiare le accuse che vengono mosse contro il giornalista. Eppure non mancano le buone notizie, è stato legalizzato il primo partito riformista dal 2009, sarà guidato dal consigliere dell’ex presidente Mohammed Khatami, Sadeq Kharazi. Non si fermano invece in tutto il Paese le proteste per gli aumenti fino al 30% dei prezzi del pane.
I raid iraniani contro i jihadisti dello Stato islamico (Isis) in Iraq sono confermati. La notizia, inizialmente smentita dalle autorità di Teheran, è stata rilanciata dal vice-ministro degli Esteri, Ibrahim Rahimpour. L’operazione sarebbe stata condotta su richiesta del governo di Baghdad e non è stata coordinata con gli Stati Uniti.