Era dal 1982 che Tsahal non colpiva con tanta durezza. Ma l’infiltrazione di un drone iraniano prima e l’abbattimento di un F-16 poi sono duri colpi per Israele. Dubbi sul ruolo svolto dalla Russia, attore ormai decisivo nella regione, che proverà ora a calmare le acque
Secondo la ricostruzione delle fonti israeliane, sabato mattina un drone iraniano si è spinto sul territorio israeliano ed è stato abbattuto da un elicottero dell’aviazione israeliana. In risposta a questa violazione Israele ha distrutto il veicolo con cui è stato pilotato il drone, che si trovava in una base siriana nel sud del Paese, vicino a Palmira. A quel punto l’esercito siriano ha attaccato la flotta di israeliana con più di 20 missili, colpendo un F-16, i cui piloti sono stati costretti alla procedura di espulsione. Entrambi sono atterrati nell’area della Galilea e sono vivi anche se uno è in condizioni critiche. Israele ha risposto con l’attacco aereo più importante dal 1982 – l’anno in cui è stato abbattuto l’ultimo jet israeliano – e ha colpito 12 obiettivi sul territorio siriano.
In un post pubblicato ieri sera, l’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani ha fatto sapere che gli attacchi hanno «ucciso sei membri del regime e i suoi alleati, di nazionalità siriana e non». E anche la stampa israeliana ha riportato che è possibile che per la prima volta il fuoco israeliano abbia ucciso degli iraniani, soldati o “consulenti” per l’esercito siriano.
Secondo Sima Shine, ricercatrice dell’Istituto per gli Studi di Sicurezza Nazionale israeliano (Inss) ed ex direttore generale del ministero per gli Affari Strategici, «Gli iraniani hanno innescato gli eventi ma hanno pagato un prezzo molto alto: prima di tutto perché il drone è stato distrutto, così come il veicolo che lo telecomandava e altre strutture iraniane colpite dal secondo attacco israeliano i cui dettagli forse verranno resi noti più avanti».
Le immagini dell’F16 abbattuto sono un’onta per l’aviazione israeliana e la sua fama di invincibilità, e allo stesso tempo un’enorme vittoria simbolica per le forze siriane – oltre che per i Paesi ostili a Israele. Ma Shine crede che «In un attacco come quello siriano, che ha visto l’uso di diversi tipi di missili, è facile che un aereo venga abbattuto. È vero, è dagli anni Ottanta che l’aviazione israeliana non subiva una perdita simile, ma non credo che questo cambierà le decisioni operative una volta analizzati gli elementi di ciò che è successo sabato».
I siriani però non hanno gestito da soli l’attacco contro i jet israeliani. In tanti si chiedono se la Russia, che appoggia e consiglia il regime di Bashar Assad, sapesse che gli iraniani avrebbero spinto un drone in territorio israeliano. Shine ricorda che «La difesa aerea siriana si avvale di consulenti russi, quindi molto probabilmente la Russia ha condiviso la decisione di lanciare missili contro i nostri aerei, ma non so se siano stati messi al corrente della decisione iraniana di inviare un drone in Israele».
Solo un mese fa Vladimir Putin ha accolto a Mosca il primo ministro israeliano Benyamin Netanyahu, e si sa che esiste una linea diretta fra le basi russe in Siria e l’aviazione israeliana. Secondo Shine «Probabilmente la Russia è stata aggiornata in tempo reale della risposta israeliana, ma non prima, in modo che non potesse avvisare gli iraniani». La Russia probabilmente non aveva un interesse in uno scambio di questo genere, e Shine crede che «I russi non vogliano fermare Israele, ma vogliano meno operazioni israeliane in territorio siriano».
Dall’inizio della guerra civile in Siria infatti Israele è stato molto attivo, e parte del messaggio inviato dall’Iran tramite il drone abbattuto sabato è che anche l’Iran gode della stessa libertà di movimento in quest’area. «Pare che il drone sia stato inviato in Israele attraverso la frontiera con la Giordania, che è considerata più sicura», afferma Shine, «E se gli iraniani fossero riusciti a non farsi intercettare, questa sarebbe stata un’operazione simbolica importantissima».
In realtà secondo la ricercatrice del Inss «Il tempismo di questa operazione è pessimo per gli iraniani». Oggi ricorre il 39mo anniversario della Rivoluzione in Iran e il regime ha grossi problemi interni. Uno dei messaggi più importanti che si sono sentiti durante le proteste di dicembre era quello di disinvestire nella presenza militare all’estero – Siria, Libano, la guerra in Yemen – per ritornare a occuparsi della popolazione iraniana. «Ma anche dal punto di vista internazionale l’operazione di sabato ribadisce che l’Iran è impegnato in attività di destabilizzazione in un contesto che potrebbe portare a un vero e proprio conflitto. Questo non è un buon segnale nei confronti dell’Europa o degli Stati Uniti in un momento in cui il Paese è coinvolto nei negoziati sulla riconferma dell’accordo sul nucleare».
Le autorità iraniane hanno risposto alle accuse di aver inviato un drone in Israele definendole bugie, e ribadendo che l’Iran fornisce alla Siria solo “consulenza militare”. Secondo Shine, tutti questi elementi fanno pensare che «non ci sia stato dialogo fra la leadership politica iraniana e la missione operativa in Siria».
Per ora non tutto è rientrato, e gli analisti concordano nel pensare che né Israele, né il regime di Assad, l’Iran o la Russia vogliano un’escalation anche se assisteremo ad altri attacchi di questo tipo. La Russia ha “richiamato all’ordine” tutti i protagonisti coinvolti e farà pressione per evitare che si arrivi in fretta a un conflitto.
Secondo il giornalista del quotidiano Haaretz Anshel Pfeffer, i fatti di sabato mostrano che «Israele non ha altra scelta che accettare, almeno per ora, l’egemonia del Cremlino al di là del confine a nord». Gli Stati Uniti infatti sono stati completamente marginali in questo episodio. Nonostante le denunce delle «attività malefiche» dell’Iran nella regione e l’appoggio a Israele e il suo diritto di difendersi, l’America rischia di perdere la sua capacità di influenzare gli eventi mediorientali. Ma Sima Shine crede che «Gli Stati Uniti non possono occuparsi dell’Iran solo per quanto riguarda l’accordo sul nucleare. Credo che torneranno ad essere più coinvolti in quest’area, anche senza molte forze presenti sul campo».
@federicasasso
Era dal 1982 che Tsahal non colpiva con tanta durezza. Ma l’infiltrazione di un drone iraniano prima e l’abbattimento di un F-16 poi sono duri colpi per Israele. Dubbi sul ruolo svolto dalla Russia, attore ormai decisivo nella regione, che proverà ora a calmare le acque