Orrore in Iran all’alba di oggi quando Reyhaneh Jabbari, la giovane colpevole di aver ucciso il suo stupratore, è stata impiccata. «Mia figlia con la febbre ha ballato sulla forca»: sono le commoventi parole della madre, Shole Pakravan, nota attrice di teatro iraniana. Secondo la stampa locale, la madre piangeva fuori dalla prigione Gohardasht di Karaj. Ad attendere l’esecuzione c’erano tante persone, familiari e amici.

Prima dell’esecuzione, il vice direttore di Amnesty International per il Medio oriente, Hassiba Hadj Sahraoui, aveva denunciato: «Il tempo sta per scadere per Reyhaneh. Le autorità devono agire adesso per fermare l’esecuzione». Secondo Amnesty International, un altro uomo avrebbe ucciso la vittima. Per questo, Jabbari sarebbe stata obbligata a rinunciare al suo avvocato per evitare che venissero svolte ulteriori indagini.
Negli ultimi giorni, Reyahaneh si sarebbe rifiutata di negare di aver subito un tentativo di stupro per evitare l’impiccagione, come avevano chiesto i familiari dell’impiegato del ministero dell’Intelligence, Morteza Sarbandi, ucciso in circostanze di legittima difesa dalla ragazza nel 2009.
Isfahan difende le donne sfregiate
Ma gli iraniani insorgono contro le nuove restrizioni imposte dal Parlamento alle libertà individuali. È la prima volta dal 2009 che Isfahan, la seconda città iraniana, scende in piazza dopo l’Onda verde che si opponeva alla rielezione dell’ex presidente Mahmud Ahmadinejad. Questa volta però la ragione per cui uomini e donne, molti giovani e studenti di Isfahan (anche a Teheran ci sono state manifestazioni), sono scesi in piazza è un’altra. I manifestanti gridavano: «Polizia, dove sono gli occhi di mia sorella?». La folla faceva riferimento a chi si è reso responsabile di aver sfregiato con l’acido sei donne iraniane (forse dieci, secondo fonti indipendenti), colpevoli di non essere «velate bene». Una di loro, Soheila Jorkesh, è morta ieri dopo il ricovero. Alcune delle ragazze hanno perso gli occhi. Per il momento, quattro sono gli arrestati.
L’episodio di Isfahan è strettamente legato alla nuova legge (Amr-e be marouf va nahi az monkar – Propagare la virtù e prevenire il male), approvata nei giorni scorsi dal parlamento, sull’estensione dei diritti sanzionatori a tutti i cittadini contro chi non rispetta i costumi della Repubblica islamica. Lo stesso presidente moderato Hassan Rohani ha criticato la legittimità della nuova legge.
Ovviamente i metodi usati in questo caso specifico (dalle moto fino all’obiettivo di «donne velate male») fanno pensare a uno dei tanti gruppi paramilitari, in particolare, secondo alcune fonti, sarebbero coinvolti gli Ansar-e Hezbollah. Questo non significa che di fatto non siano criminali comuni ad aver perpetrato l’attacco. Spesso infatti sono proprio piccoli criminali a gonfiare le fila dei gruppi paramilitari. E così la nuova legge è sì molto pericolosa, ma ha il pregio di smascherare l’ambiguo rapporto tra paramilitari e cittadini comuni in Iran. Di recente, proprio Ansar-e Hezbollah aveva annunciato che avrebbe assoldato due mila persone che avrebbero lavorato per conto del gruppo come polizia moralizzatrice. Il ministro della giustizia Mostafa Pour Mohammadi ha condannato l’attacco con l’acido un «atto terroristico».
Sotoudeh torna nel mirino della giustizia iraniana
Come se non bastasse, l’avvocato Nasrin Sotoudeh ha organizzato un sit-in, poi disperso dalla polizia, con il sostegno anche del regista Jafar Panahi, alle porte del quartier generale del sindacato degli avvocati per protestare contro la decisione della Corte di Evin di sospendere la sua licenza per tre anni. Secondo l’attivista, altri avvocati rischiano la stessa sorte nella loro attività legale. «La decisione del tribunale è illegale e apre un precedente per altri avvocati in futuro», ha aggiunto.
L’avvocato era stata arrestata con le accuse di propaganda e cospirazione nel 2010 dopo aver difeso i principali attivisti coinvolti nelle proteste del 2009. Nel 2011 era stata condannata a undici anni, poi ridotti a sei, con una sospensione dall’attività di avvocato per dieci anni. La sentenza è stata poi sospesa per mancanza di giurisdizione da parte della precedente corte.
Orrore in Iran all’alba di oggi quando Reyhaneh Jabbari, la giovane colpevole di aver ucciso il suo stupratore, è stata impiccata. «Mia figlia con la febbre ha ballato sulla forca»: sono le commoventi parole della madre, Shole Pakravan, nota attrice di teatro iraniana. Secondo la stampa locale, la madre piangeva fuori dalla prigione Gohardasht di Karaj. Ad attendere l’esecuzione c’erano tante persone, familiari e amici.