
Teheran è un laboratorio. Anche se spesso intrappolata in una narrazione che la vuole immobile e inerte rispetto al cambiamento, produce nuove realtà, guida la trasformazione delle identità multiple d’Iran, racconta le relazioni di potere all’interno del tessuto urbano. È sfera pubblica, è ancora di più dimensione privata, luogo di confine e di incontro. Gli spazi urbani e i confini di genere a Teheran si intersecano e si confondono per le strade, nei parchi, ma soprattutto nei teatri, nei caffè.
A Teheran si articolano nuove interpretazioni della sfera pubblica, si rinegozia lo spazio individuale e collettivo, nonostante le regole e una rappresentazione mediatica a volte distorta. Nelle parole di David Harvey, la città in quanto tale diventa “corpo politico” ed esprime – attraverso la pianificazione (e la successiva rinegoziazione da parte dei cittadini) degli spazi urbani – le asimmetrie della società iraniana.
Sistematicamente raccontata attraverso dicotomie ristrette e zoppicanti, la capitale iraniana è ben altro che una manifestazione monolitica e fissa nel tempo di categorie cristallizzate, come pubblico/privato, tradizionale/moderno, uomo/donna, repressione/libertà, centro/periferia (della città e rispetto al mondo), inclusione/esclusione. Queste gabbie concettuali, infatti, vengono spesso interpretate come binarie e nettamente distinte l’una dall’altra.
Essendo socialmente costruite, subiscono mutazioni nel tempo e nello spazio. Ovvero, sono di volta in volta rinegoziate nella realtà quotidiana, nei rapporti interpersonali e di gestione e uso delle aree cittadine.
Se a partire dalla Rivoluzione iraniana del 1979, che ha segnato l’ascesa dei Khomeinisti e la costituzione della Repubblica, lo spazio urbano e collettivo è stato ridefinito secondo una logica binaria uomo/donna, nel contempo le sfere pubblica/privata sono state nettamente separate in termini di esposizione del corpo, contatto fisico, controllo dei comportamenti individuali e collettivi. Le piazze e le strade sono diventati luoghi di passaggio più che di incontro.
In questo contesto e a quasi quarant’anni dalla rivoluzione, lo spazio urbano viene ancora utilizzato per costruire e ricostruire l’identità collettiva, ma gli attori che hanno influenzato e influenzano questo evoluzione sono molteplici. Si tratta di un processo in cui le forze sociali intervengono e interagiscono dall’alto e dal basso, singolarmente e collettivamente.
Teheran è in costante trasformazione e i confini tra religione, modernità e tradizione sono sempre più sfocati tra manifestazioni contro il Muslim ban, slogan per la commemorazione della rivoluzione, poster anti-americani, opere d’arte e spazi commerciali.
Cosa è cambiato? È proprio lo spazio urbano a raccontarlo:
– negli ultimi anni, quelli dei negoziati che hanno portato al cosiddetto Iran deal (l’accordo sul nucleare), dalle strade di Teheran i banner di propaganda religiosa o le gigantografie dei martiri della guerra con l’Iraq degli anni Ottanta sono stati in larga parte sostituiti. Al loro posto, cartelloni pubblicitari campeggiano agli angoli delle strade o incorniciano i passaggi pedonali sospesi su un tappeto di macchine che occupano strade a quattro corsie. I banner si innestano nella quotidianità dei cittadini, veicolando messaggi politici, commerciali, artistici che de facto si impongono in uno spazio cruciale di vita collettiva come gli snodi del traffico, specialmente in un’area metropolitana che conta quindici milioni di abitanti.
Poco meno di due anni fa, il sindaco di Teheran, Mohammed Baqer Qalibaf, fece rimpiazzare nel giro di dieci giorni 1500 cartelloni cittadini con riproduzioni di famose opere d’arte. Oggi per le strade ci sono campagne pubblicitarie, testimonial del cinema o manifesti di solidarietà ai vigili del fuoco che sono morti nell’incendio della torre commerciale Plasco lo scorso gennaio.
– anche se restano diversi spazi ufficialmente “genderizzati”, come le carrozze metro per sole donne, i bus con la parte posteriore riservata alle passeggere, le aree mensa separate negli uffici governativi e nelle università, l’utilizzo che ne fa la popolazione è sempre meno netto e più disinvolto. Il numero dei caffè, spazi al confine tra pubblico e privato, è riesploso negli ultimi anni. Alcuni sono diventati uno spazio di rottura e di libertà sempre meno nascosto. E, anche se i prezzi sono leggermente più alti rispetto ad altri beni, non sono per forza luoghi esclusivi in termini di classe e i confini tra gli spazi appaiono sempre più porosi.
– la rinegoziazione dello spazio nella sfera pubblica passa anche attraverso la relazione di compensazione tra spazio reale urbano (contenuto e controllato) versus spazio virtuale-digitale (più dinamico e percepito come relativamente libero) .Le due dimensioni sono sempre più comunicanti (rapporto tra l’organizzazione digitale degli eventi e la sua realizzazione pratica).