
Il 6 giugno Standard & Poor’s ha restituito la “A-” all’Irlanda, troppo tardi per i Laburisti, dimezzati al 5,3 per cento dalle elezioni europee del 25 maggio: è un guaio per la coalizione di governo, il cui maggior partito, il Fine Gael del premier Enda Kenny, è rimasto al primo posto col ventidue per cento dei consensi (22,3) e ha ottenuto quattro europarlamentari, ma è stato agganciato di nuovo dal Fianna Fáil (22,3) anche se quest’ultimo, a causa della dinamica nei vari collegi, ha dovuto accontentarsi di un solo candidato eletto.
Insieme, i candidati indipendenti sono arrivati al venti per cento (19,8) e ben tre di loro hanno colto seggi a Strasburgo, ma il colpo grosso, grazie allo scontento nei confronti delle misure di risanamento finanziario, lo ha fatto lo Sinn Féin (partito di sinistra nazionalista che nell’europarlamento siede nei banchi del GUE-NGL, sinistra radicale) passando da zero a tre seggi nella repubblica (19,5 per cento dei voti). Rinasce il Green Party (4,9) tre anni fa al minimo dopo l’alleanza col Fianna Fáil. Alle amministrative è andata bene l’estrema sinistra (Socialist Party e People Before Profit, alle Europee 1,8 e 1,5 per cento). Hanno votato 1.701.942 su 3.245.348 nell’Eire, scesa da 12 a 11 europarlamentari per l’ingresso della Croazia nella UE.
Nell’area di Dublino sono stati eletti Lynn Boylan (Sinn Féin) Nessa Childers (indipendente) e Brian Hayes (Fine Gael). Con 83.264 voti primeggia in città lo Sinn Féin, che continua a erodere consensi al colosso centrista-nazionalista oggi all’opposizione, il Fianna Fáil, pur ripresosi dal crollo delle politiche 2011.
Il Fine Gael, con 54.676 voti, resta la seconda forza nella capitale, confermando però un suo minore radicamento rispetto all’ovest della repubblica, mentre riprende fiato, con 44.283 voti, il Fianna Fáil, già forte nelle aree urbane prima di cedere per un lustro il primato ai Laburisti, cui però tre anni al governo con il Fine Gael (liberale) sono stati fatali. Oggi il Labour irlandese non ha più eletti in Europa, Nessa Childers, esponente di sinistra, è riuscita a tornare a Strasburgo da indipendente (in Irlanda ogni votante ha a sua disposizione tre preferenze, se la prima è inefficace per mancato – o per già avvenuto raggiungimento – del seggio, vengono contate anche la seconda e la terza scelta). A Dublino indipendenti e forze minori hanno raccolto più consensi di tutti (144.391): nel collegio, su 820.668 aventi diritto hanno votato in 358.943, l’affluenza (43,74 per cento) è stata quindi più bassa rispetto al resto dell’Irlanda (55).
Il Socialist Party, gruppo di estrema sinistra, ha messo a segno – nelle suppletive per il parlamento irlandese svoltesi a Dublin West – l’elezione della candidata Ruth Coppinger, al posto di Patrick Nulty (Labour) dimessosi per la pubblicazione di messaggi inappropriati su facebook. Nella circoscrizione del Midlands-North-West, il Fine Gael ha riconfermato Mairead McGuinness e il Fianna Fáil ha perso il seggio di Pat “The Cope” Gallagher, scontando la scelta di candidare anche Thomas Byrne. Prosegue a ovest – dove elegge Matt Carthy – la scalata dello Sinn Féin, forte nella repubblica (Eire) e maggioritario a nord (Ulster). Sono stati eletti nell’ovest anche gli indipendenti Luke “Ming” Flanagan e Marian Harkin (riconfermata).
Nel collegio “South” Il Fianna Fáil ha riconfermato Brian Crowley e il Fine Gael ha eletto Seàn Kelly e Deirdre Clune: i tagli al sociale danneggiano soprattutto il Labour, mentre il Fine Gael, maggior partito di governo, sta reggendo. Lo Sinn Féin ha portato a Strasburgo Liadh Nì Riada, mentre il Fianna Fáil, nella circoscrizione meridionale, ha mantenuto il primato come quando dominava incontrastato (prima del 2009).
In Ulster, i cui tre europarlamentari risultano in quota Regno Unito, è stata eletta con moltissimi voti (159.813), Martina Anderson (Sinn Féin) agguantando il 25,5 per cento, mentre il Democratic Unionist Party di Jan Pasley, in anni recenti maggioritario in Irlanda del Nord, si è fermato ora al 20,9 per cento, riconfermando Diane Dodds. Torna in pista, rieleggendo Jim Nicholson, l’Ulster Unionist Party (UUP, al 13,3) maggioritario fino agli anni novanta, cioè prima di vedersi soffiare il primato tra i protestanti dai lealisti anti-accordi del DUP.
In Ulster l’SDLP (Socialist Democratic and Labour Party) guidato da Alex Attwood (13 per cento) fatica a riemergere e non è riuscito ad assicurare un seggio ai repubblicani irlandesi moderati. Sul campo protestante – dove si fatica ormai a distinguere il DUP, costretto a gestire gli accordi, dall’UUP, che ne insegue i toni – pesa l’ennesima scissione (portata avanti con argomenti da “più duri dei duri” ) ai danni del DUP ad opera del Traditional Ulster Voice (il TUV guidato da Jim Allister ha ottenuto il 12,1 per cento). L’Alliance Party (moderati protestanti e cattolici) arriva al 7,1 e coglie buoni segnali candidando Anne Lo, originaria di Hong Kong.
Il 6 giugno Standard & Poor’s ha restituito la “A-” all’Irlanda, troppo tardi per i Laburisti, dimezzati al 5,3 per cento dalle elezioni europee del 25 maggio: è un guaio per la coalizione di governo, il cui maggior partito, il Fine Gael del premier Enda Kenny, è rimasto al primo posto col ventidue per cento dei consensi (22,3) e ha ottenuto quattro europarlamentari, ma è stato agganciato di nuovo dal Fianna Fáil (22,3) anche se quest’ultimo, a causa della dinamica nei vari collegi, ha dovuto accontentarsi di un solo candidato eletto.
Insieme, i candidati indipendenti sono arrivati al venti per cento (19,8) e ben tre di loro hanno colto seggi a Strasburgo, ma il colpo grosso, grazie allo scontento nei confronti delle misure di risanamento finanziario, lo ha fatto lo Sinn Féin (partito di sinistra nazionalista che nell’europarlamento siede nei banchi del GUE-NGL, sinistra radicale) passando da zero a tre seggi nella repubblica (19,5 per cento dei voti). Rinasce il Green Party (4,9) tre anni fa al minimo dopo l’alleanza col Fianna Fáil. Alle amministrative è andata bene l’estrema sinistra (Socialist Party e People Before Profit, alle Europee 1,8 e 1,5 per cento). Hanno votato 1.701.942 su 3.245.348 nell’Eire, scesa da 12 a 11 europarlamentari per l’ingresso della Croazia nella UE.