Le Isole Salomone hanno intenzione di sottoscrivere un accordo sulla sicurezza con la Cina, che consentirebbe a Pechino di iniziare a sfidare la supremazia marittima degli Stati Uniti nel Pacifico creando una base militare nel Paese
Stando a un documento trapelato online giovedì notte, le Isole Salomone (uno stato insulare nell’Oceano Pacifico meridionale) hanno intenzione di firmare un accordo sulla sicurezza con la Cina che permetterebbe a Pechino di inviare soldati e navi da guerra nel Paese per ristabilire “l’ordine sociale”.
L’importanza dell’accordo e il contesto geopolitico
Il patto è rilevantissimo, visto il contenuto e il contesto geografico. Nel documento si legge che il Governo salomonese fornirebbe alle forze cinesi “tutte le strutture necessarie”: il Paese, quindi, diventerebbe di fatto una base militare per Pechino, che ha intenzione di proiettarsi nelle acque del Pacifico per iniziare a sfidare la supremazia marittima degli Stati Uniti, magari bloccando le rotte di navigazione. La Cina sta già militarizzando il Mar Cinese meridionale.
Considerate queste ambizioni geopolitiche, l’accordo con le Isole Salomone viene visto come un rischio per la sicurezza dalla Nuova Zelanda e soprattutto dall’Australia, la nazione più grande dell’Oceania nonché la principale partner sulla sicurezza di Honiara: lo scorso novembre, su richiesta del Governo locale, Canberra inviò infatti le proprie truppe per placare le grandi rivolte contro il Primo Ministro Manasseh Sogavare.
Le proteste di novembre e le elezioni del 2023
Quelle proteste furono particolari perché, al di là delle fondamentali dinamiche locali, vennero alimentate anche dalle scelte in politica estera di Sogavare, che nel 2019 cancellò le storiche relazioni diplomatiche con Taiwan per avviarle invece con la Cina, firmando accordi infrastrutturali con diverse società cinesi. La svolta venne contestata da Malaita, l’isola più popolosa delle Salomone, contraria all’avvicinamento a Pechino per ragioni ideologiche, di corruzione ed economiche: il governatore di Malaita, Daniel Suidani, ha espulso le aziende cinesi dall’isola e accolto, al contrario, gli aiuti statunitensi.
Le attenzioni si concentrano ora sulle elezioni generali salomonesi del 2023. Potrebbero scoppiare nuove agitazioni popolari, ed esiste la possibilità che Sogavare faccia richiesta di assistenza alla Cina, richiamandosi all’accordo sulla sicurezza; Pechino, di conseguenza, potrebbe mandare delle forze armate a Honiara per garantirsi il mantenimento dello status quo, con un governo amico al potere.
Matthew Wale, il capo dell’opposizione salomonese, ha detto che il patto con la Cina “riguarda solo la sopravvivenza politica del Primo Ministro. Non ha niente a che vedere con la sicurezza nazionale delle Isole Salomone”.
L’annuncio degli Stati Uniti
A conferma dell’importanza strategica delle Isole Salomone e, più in generale, del valore del Pacifico nella competizione tra le grandi potenze, un mese fa il segretario di Stato americano Antony Blinken ha annunciato che gli Stati Uniti riapriranno presto la loro ambasciata nel Paese.
Il patto è rilevantissimo, visto il contenuto e il contesto geografico. Nel documento si legge che il Governo salomonese fornirebbe alle forze cinesi “tutte le strutture necessarie”: il Paese, quindi, diventerebbe di fatto una base militare per Pechino, che ha intenzione di proiettarsi nelle acque del Pacifico per iniziare a sfidare la supremazia marittima degli Stati Uniti, magari bloccando le rotte di navigazione. La Cina sta già militarizzando il Mar Cinese meridionale.