Mentre il Segretario di Stato Blinken si reca in Medio Oriente per discutere le strategie nell’area, Israele conduce un’operazione con droni nel cuore della Repubblica Islamica, riferiscono fonti della stampa americana
Non è la prima volta che Israele colpisce strutture militari della Repubblica Islamica, ma le tempistiche dell’attacco, con droni, avvenuto nei giorni scorsi lascia intendere un chiaro messaggio rivolto da Tel Aviv a Teheran sull’approccio che lo Stato Ebraico intende perseguire nei confronti del Paese sciita, evidentemente appoggiato dal suo più stretto alleato, gli Stati Uniti. È il Wall Street Journal a sostenere con certezza che dietro l’operazione rivolta ad un centro dell’esercito di Isfahan c’è la mano israeliana: con almeno 3 droni, di cui uno capace di arrivare all’obiettivo, è stato raggiunto un edificio che, per alcuni analisti, è un deposito di armi, per altri un laboratorio o un sito logistico militare.
Le immagini circolate prima sui social media e poi sugli organi di stampa, compresi quelli governativi iraniani, mostrano un’esplosione piuttosto contenuta. Da capire fino in fondo se i danni sono stati limitati dalla risposta della contraerea iraniana o dalla bassa inefficacia del dispositivo utilizzato. “Due dei droni coinvolti sono incappati nel sistema difensivo e detonati, mentre il terzo è stato abbattuto dal sistema difensivo”, si legge in una nota del Ministero della Difesa di Teheran. Secondo il Ministero, i danni causati sono stati limitati, danneggiando solo il tetto del compound, tanto che le regolari attività sono riprese immediatamente. Il quotidiano Tehran Times segnala che era già avvenuto un episodio simile, con misure di risposta già messe in atto per rispondere a questo tipo di attacchi.
Nella giornata odierna inizia il viaggio del Segretario Antony Blinken in Medio Oriente, dove incontrerà gli esponenti governativi di Israele, Palestina ed Egitto. Una missione a dir poco incandescente, con Tel Aviv attiva militarmente non solo in Iran ma anche in Cisgiordania, dove la tensione è alle stelle. È la prima visita del Segretario di Stato da quando l’esecutivo di estrema destra guidato da Benjamin Netanyahu si è insediato, con Washington incapace di controllare le mosse dell’alleato israeliano, libero di operare nel contesto internazionale. La vicinanza mai negata, né raffreddata, alla Russia di Vladimir Putin si legge nel mancato invio di rifornimenti militari all’Ucraina, che ha permesso all’esercito israeliano di proseguire indisturbato con gli strike in territorio sovrano della Siria (supportata da Mosca), dove gli obiettivi sono le presenze militari iraniane.
Sono, appunto, molteplici gli intrecci legati alle sorti mediorientali, riguardando una fetta importante degli equilibri internazionali. Se si aprisse un fronte più ampio di guerra aperta, questo trascinerebbe la comunità internazionale negli inferi di un confronto militare dagli esiti inaspettati, che coinvolge anche in questo caso potenze con armi nucleari. La diplomazia sembra intorpidita in questa fase di azioni militare e violenze sui civili, con l’Unione Europea che si dice pronta a inserire le Guardie della Rivoluzione nella lista delle organizzazioni terroristiche nonostante il pericolo politico che questa scelta causerebbe, ovvero la fine definitiva delle trattative per il ripristino del JCPoA, l’accordo sul nucleare iraniano.
Eppure, sarebbero giunte aperture in tal senso dagli Stati Uniti, con la mediazione del Qatar. Infatti, il Ministro degli Esteri Mohammed bin Abdulrahman Al-Thani, in visita a Teheran, nella giornata di ieri avrebbe consegnato al Governo iraniano un messaggio di Washington. “Faremo tutto ciò che è possibile affinché si giunga ad un accordo tra l’Iran e l’Occidente, fondamentale per la stabilità regionale”, ha detto Al-Thani. Sul fronte saudita, il Ministro degli Esteri Faisal bin Farhan Al Saud si recherà nelle prossime settimane a Baghdad, ancora broker per la pace tra Riad e Teheran, proprio per incontrare il collega iraniano Hossein Amirabdollahian.
Dopo 5 round negoziali con l’obiettivo di ripristinare le piene relazioni tra i due Paesi, le parti hanno convenuto per nuovi incontri. Risulta sempre complicato interpretare le mosse dei singoli attori, regionali e non, coinvolti nella stabilità del Vicino e Medio Oriente: dalla presenza iraniana nelle nazioni confinanti con Israele all’ambiguità dell’Arabia Saudita nel rapporto con Tel Aviv, passando per il ruolo di Stati Uniti e Russia, è in ballo la stabilità delle relazioni internazionali che, a quanto pare, poggia ancora su una regione strategica a livello geopolitico.
Le immagini circolate prima sui social media e poi sugli organi di stampa, compresi quelli governativi iraniani, mostrano un’esplosione piuttosto contenuta. Da capire fino in fondo se i danni sono stati limitati dalla risposta della contraerea iraniana o dalla bassa inefficacia del dispositivo utilizzato. “Due dei droni coinvolti sono incappati nel sistema difensivo e detonati, mentre il terzo è stato abbattuto dal sistema difensivo”, si legge in una nota del Ministero della Difesa di Teheran. Secondo il Ministero, i danni causati sono stati limitati, danneggiando solo il tetto del compound, tanto che le regolari attività sono riprese immediatamente. Il quotidiano Tehran Times segnala che era già avvenuto un episodio simile, con misure di risposta già messe in atto per rispondere a questo tipo di attacchi.