Netanyahu lancia l’operazione militare “Scudo e Freccia” contro la striscia di Gaza e fa “pace” con l’alleato di governo Ben Gvir, che aveva boicottato il Parlamento per protesta alla “risposta debole” ai lanci di razzi da Gaza per la morte di Khader Adnan
All’alba di martedì 9 maggio, Israele ha intrapreso l’operazione militare “Scudo e Freccia” verso la striscia di Gaza. Obiettivo dei raid dell’esercito della stella di Davide, postazioni della Jihad Islamica Palestinese e del suo braccio armato le Brigate al Quds. A differenza di quanto successo in passato, stavolta Israele ha sferrato un poderoso attacco, fatto di oltre 133 obiettivi colpiti, 4 leader del movimento uccisi e altre 20 vittime (tra le quali diversi feriti, 5 donne e 5 bambini), non immediatamente dopo uno simile da Gaza. Anzi, a quello aveva già risposto. E la tempistica, unita a difficoltà interne, fa pensare a più di un analista che la risposta israeliana sia più per sistemare questioni interne che esterne.
Andiamo con ordine. Lo scorso 2 maggio, muore in un carcere israeliano, Khader Adnan, considerato uno dei leader della Jihad Islamica Palestinese. La morte di Adnan, dopo 86 giorni di sciopero della fame, ha provocato la ferma reazione sia in Cisgiordania sia dei gruppi terroristici di Gaza, in testa la Jihad Islamica Palestinese che, in una nota, ha avvertito Israele che il paese “pagherà il prezzo di questo crimine”.
Adnan, 44 anni, padre di 9 figli, era uno dei più noti prigionieri politici palestinesi nelle carceri israeliane e un leader carismatico riconosciuto in Cisgiordania. Originario di una cittadina vicino Jenin, si era avvicinato nella metà degli anni ‘90 alla Jihad Islamica Palestinese mentre studiava matematica alla Birzeit University di Ramallah. In quella occasione, era diventato portavoce del gruppo terroristico. L’uomo era stato arrestato 12 volte, 2 anche dall’Autorità Nazionale Palestinese, per lo più in detenzione amministrativa, l’istituto giuridico israeliano che permette l’arresto di persone su sospetto di pericolosità per la sicurezza nazionale. Attraverso questa detenzione, non ci sono udienze probatorie in tribunale e il detenuto può essere trattenuto in carcere senza formali accuse per un massimo di 6 mesi rinnovabili.
La Jihad aveva manifestato il suo dissenso lanciando razzi da Gaza verso il sud di Israele. Razzi che non hanno fatto danni, così come la risposta israeliana, attraverso aerei e carri armati, che hanno colpito obiettivi militari senza ferire alcuno. I falchi del governo Netanyahu, con in testa il leader di Potere Ebraico e ministro della sicurezza nazionale, Itmar Ben Gvir, si sono lamentati di quella che hanno definito una “risposta debole” all’attacco gazawi. A causa di questo, il partito di destra ha boicottato in segno di protesta i lavori parlamentari.
Ben Gvir è stato anche protagonista di una importante polemica con l’Unione europea. La delegazione israeliana dell’esecutivo di Bruxelles, lunedì 8, ha deciso di cancellare il ricevimento previsto per la sera dopo, in occasione della giornata dell’Unione europea, a causa della presenza di Ben Gvir. Questi era stato delegato dal governo a intervenire, e quindi anche a parlare, in assenza del ministro degli esteri in visita in India.
Polemiche tra Ue e governo israeliano c’erano già state domenica per la decisione del secondo di abbattere, nei pressi di Betlemme in Cisgiordania, una scuola creata con fondi europei, perché ritenuta illegale. L’Ue ha motivato la cancellazione del ricevimento con la volontà di non offrire il podio a “chi non condivide i valori che l’Europa promulga”. Ovviamente Ben Gvir ha protestato, soprattutto per l’ingerenza europea negli affari interni israeliani, considerando che Bruxelles da sempre tiene rapporti con dittatori di ogni dove.
Silenzio da Netanyahu sulla vicenda, che pure era stato stimolato a chiedere un passo indietro di Ben Gvir al ricevimento, una uscita dignitosa dal cul-de-sac. Che Ben Gvir sia una spina nel fianco del premier, è ormai noto. Come è nota anche la indispensabilità dei numeri suoi e dell’alleato Smotrich per la tenuta del governo. Da un po’ si parla di una sostituzione di questi con Gantz, ma sono più sogni, visti i rapporti tra l’ex ministro della difesa e Netanyahu, che solide realtà.
Martedì mattina, Netanyahu dà il via a una operazione su Gaza in risposta ai lanci della settimana prima. Una risposta poderosa, oltre 40 aerei e diversi altri velivoli impiegati. Operazione tutta contro postazioni e uomini del Jihad Islami, senza risparmiarsi neanche quando gli obiettivi sono in presenza della famiglia. E alle prime voci di una tregua, dopo che oltre 370 razzi sono stati lanciati in risposta da Gaza, diversi intercettati dal sistema antimissile israeliano, Netanyahu ha detto che l’operazione non è finita. La mediazione egiziana è stata, così, congelata.
All’annuncio dell’operazione Scudo e Freccia, il primo a congratularsi è stato proprio Ben Gvir che, contestualmente, ha annunciato di riprendere a partecipare ai lavori parlamentari. Netanyahu aveva tenuta segreta l’operazione finanche ai suoi ministri, Ben Gvir compreso, ovviamente era nota a quello della difesa.
Ora, dopo aver ucciso 4 tra i più importanti leader della Jihad Islamica, non è chiaro quali siano i nuovi obiettivi. Sul fronte interno, lo strappo è rientrato. Lo Shin Bet e l’esercito continuano anche le operazioni in Cisgiordania contro i fiancheggiatori della stessa organizzazione terroristica. Non è ancora chiaro che farà Hamas, che fino ad oggi non ha preso parte ai combattimenti, pur minacciando ritorsioni dopo la morte di Adnan.
All’alba di martedì 9 maggio, Israele ha intrapreso l’operazione militare “Scudo e Freccia” verso la striscia di Gaza. Obiettivo dei raid dell’esercito della stella di Davide, postazioni della Jihad Islamica Palestinese e del suo braccio armato le Brigate al Quds. A differenza di quanto successo in passato, stavolta Israele ha sferrato un poderoso attacco, fatto di oltre 133 obiettivi colpiti, 4 leader del movimento uccisi e altre 20 vittime (tra le quali diversi feriti, 5 donne e 5 bambini), non immediatamente dopo uno simile da Gaza. Anzi, a quello aveva già risposto. E la tempistica, unita a difficoltà interne, fa pensare a più di un analista che la risposta israeliana sia più per sistemare questioni interne che esterne.