Sono diventati quasi quotidiani i casi di intolleranza e violenza nei confronti dei cristiani da parte degli ebrei. “Condanno fermamente la violenza contro i luoghi santi della fede cristiana. Ciò include sputi e profanazioni di tombe e chiese” ha dichiarato il presidente israeliano Herzog.
Da secoli, l’abito degli abbati benedettini, i monaci che stanno al vertice di una o più abbazie che seguono la Regola di San Benedetto, è nero o bianco con una croce pettorale, unico segno del loro ruolo a capo del monastero. Abito che non deve essere piaciuto a una donna usciere posta a controllo del Muro Occidentale o, come tutti lo conoscono, Muro del Pianto a Gerusalemme, dove l’abbate di un monastero gerosolimitano è stato bloccato perché indossava la croce.
Dom Nikodemus Schnabel è l’abate del Monastero della Dormizione sul monte Sion nella città vecchia di Gerusalemme, abbazia di benedettini tedeschi. Stava accompagnando il Ministro tedesco della Cultura in visita nella Città Santa, quando un usciere all’ingresso del sito religioso ebraico lo ha fermato ritenendo non adeguato il suo abito. Dom Nikodemus è molto seguito sui social e l’azione di bloccaggio da parte della donna è stata ripresa dagli obiettivi di un giornalista di Der Spiegel.
È questo l’ultimo episodio di intolleranza da parte della comunità ebraica nei confronti di quella cristiana a Gerusalemme e in Terra Santa, con episodi anche ben più violenti.
In verità, nonostante il clamore della vicenda che ha visto protagonista l’abate benedettino, anche per la presenza dell’esponente del governo tedesco, i toni si sono abbassati, anche se le proteste di Dom Nikodemus sono continuate in rete.
“È stato molto duro – ha detto Schnabel all’usciere – non stai rispettando la mia religione. Mi stai ostacolando nel mio diritto umano. Questa non è una provocazione, sono un abate. Questo è il mio vestito. La croce fa parte del mio dress code. Sono un abate cattolico romano. Vuoi che non mi vesta come la mia fede, questa è la realtà”.
La Western Wall Heritage Foundation è l’organizzazione ebraica che gestisce il sito più sacro per gli ebrei, perché si considera che nel muro risieda lo Spirito divino, in quanto la struttura è l’unica rimasta dalla costruzione del primo e secondo Tempio più sacri per la religione ebraica, distrutti prima dagli Assiro babilonesi e poi dai Romani. In una dichiarazione la fondazione si è scusata “per il disagio causato”, ma ha difeso le azioni della donna usciere, osservando anche che il sito è aperto a tutti e che non ci sono regole “su questo tema”. “L’usciere si è avvicinato e, innocentemente e gentilmente, ha chiesto se la croce poteva essere coperta per evitare disagi come è successo di recente nella Città Vecchia, per rispetto dell’ospite e del luogo. Dopo che si è rifiutato, il suo ingresso ovviamente non è stato impedito e l’usciere ha rispettato [questo] e se n’è andato”, si legge nella dichiarazione.
Non era la prima volta che succedeva. Solo ai vari pontefici venuti a Gerusalemme, ultimo Francesco, è stato concesso avvicinarsi al Muro senza alcun problema; anche ad altri cardinali e vescovi era stato già chiesto di nascondere le croci troppo grandi per non urtare la suscettibilità degli ebrei.
Suscettibilità che spesso diventa violenza. Sono quasi quotidiani i casi di intolleranza e violenza nei confronti dei cristiani da parte degli ebrei. I pellegrini, i religiosi e i preti, sono spesso oggetto di sputi da parte degli ebrei, che sputano o urinano sulle soglie delle chiese e dei monasteri, contenti anche di essere immortalati dalle telecamere di sorveglianza. Una situazione per la quale circa un mese fa fu organizzato da diversi ebrei un convegno a Gerusalemme dal titolo “Perché (alcuni) ebrei sputano sui cristiani”.
Il sindaco di Gerusalemme, su pressione di un suo vice, esponente del partito di estrema destra, chiese e ottenne che il convegno non si tenesse nella sua sede prevista, il museo della Torre di Davide in città vecchia. Si tenne il giorno dopo in altro luogo e vi parteciparono anche consiglieri comunali che hanno criticato la scelta del primo cittadino, dettata anche dalle non lontane elezioni, desideroso di non inimicarsi gli ebrei. Questi accusano i cristiani, confondendo tempi e persone, di tutto: nel dibattito in consiglio comunale c’è stato anche chi ha evocato la Shoah, le leggi razziali, l’atteggiamento di Pio XII durante lo sterminio, ma anche l’inquisizione e le crociate. Tra l’altro, la comunità cristiana autoctona in Terra Santa, è costituita per la quasi totalità da arabi, con una minima percentuale di ebrei convertiti.
Nel mirino degli ebrei c’è l’evangelizzazione cristiana, portata avanti non dalla chiesa cattolica, ma da alcune minoritarie chiese evangelico-protestanti. Ma per molti ebrei, i cristiani sono tutti eguali: traditori ed eretici.
Per questo è stato assalito un monaco copto, scritte con minacce di morte e vendetta sono state lasciate sui muri del quartiere armeno, sono state rotte le vetrate del Cenacolo, si è cercato di dare fuoco alla chiesa cattolica del Getsemani incendiandone alcune panche, è stata distrutta una statua di Cristo nella chiesa della condanna al monastero cattolico della flagellazione, solo per citare qualche episodio.
Un giornalista della tv israeliana, con il permesso e accompagnato da un frate francescano della Custodia di Terra Santa, ha indossato il saio ed è andato per le strade della città vecchia. Qui è stato preso di mira da insulti e sputi da parte di alcuni ebrei. È riuscito ad intercettarne uno, un giovane soldato, si è tolto l’abito ed è andato a parlarci, condannando il suo gesto.
Per il soldato il suo gesto era normale, e la denuncia televisiva del caso, ha portato all’arresto del ragazzo per un mese. Anche il presidente israeliano Herzog, qualche settimana, fa ha condannato questo trend anticristiano. “Condanno fermamente la violenza, in tutte le sue forme, diretta da un piccolo ed estremo gruppo, contro i luoghi santi della fede cristiana e contro il clero cristiano in Israele”, ha detto Herzog durante una cerimonia commemorativa di stato del fondatore del sionismo Theodor Herzl. “Ciò include sputi e profanazioni di tombe e chiese”, ha aggiunto, osservando che il fenomeno è in aumento “soprattutto nelle ultime settimane e mesi”.
Da secoli, l’abito degli abbati benedettini, i monaci che stanno al vertice di una o più abbazie che seguono la Regola di San Benedetto, è nero o bianco con una croce pettorale, unico segno del loro ruolo a capo del monastero. Abito che non deve essere piaciuto a una donna usciere posta a controllo del Muro Occidentale o, come tutti lo conoscono, Muro del Pianto a Gerusalemme, dove l’abbate di un monastero gerosolimitano è stato bloccato perché indossava la croce.