L’Ungheria ha deciso di bloccare un testo presentato da Borrell che chiedeva alle parti un immediato cessate-il-fuoco. L’ennesimo segnale di una Europa che stenta a prendere posizioni comuni
L’Ungheria ha deciso di bloccare un testo presentato da Borrell che chiedeva alle parti un immediato cessate-il-fuoco. L’ennesimo segnale di una Europa che stenta a prendere posizioni comuni
Non risono solo gli Stati Uniti a essere bloccati, a non incalzare le parti in conflitto a Gaza affinché giungano a un cessate-il-fuoco immediato: l’Europa è paralizzata. Non perché non avrebbe una posizione comune, ma per il veto di un solo Paese.
L’Ungheria ha deciso, unico membro Ue, di bloccare un testo presentato dall’Alto rappresentante per la politica estera europea Borrell che chiedeva alle parti un immediato cessate-il-fuoco. Non è la prima volta che Budapest usa il suo potere per impedire prese di posizioni comuni europee, era già successo con la Cina: i rappresentanti del Governo Orbán a Bruxelles hanno impedito la diffusione di un testo che condanna la restrizione degli spazi democratici a Hong Kong – facendo infuriare la Germania.
In un’intervista con l’AFP, il Ministro degli Esteri ungherese Szijjarto ha insistito che bloccare le decisioni in sede europea “è un diritto di ogni Paese dell’Unione” e ha criticato la posizione del resto del blocco dicendo che: “La diplomazia dell’Ue non dovrebbe consistere solo in giudizi, dichiarazioni negative e sanzioni. Meno giudizi, meno lezioni, meno critiche, meno interferenze e più cooperazione pragmatica potrebbero ridare molta forza all’Unione. I testi sulla questione sono di solito molto unilaterali, e non aiutano, specie non nelle circostanze attuali”. Sembra di capire però che l’Ungheria non abbia proposto un testo alternativo. Budapest ha una sua politica estera, se ne infischia di quella europea, la paralizza e parallelamente critica l’immobilismo del blocco. Tra l’altro, come avvenuto con altri Governi affini in termini politici, Orbán e Netanyahu hanno cementato il rapporto tra i Paesi, ad esempio con l’apertura di un ufficio commerciale ungherese a Gerusalemme, riconoscendo in qualche modo la città come capitale di Israele.
Il testo proposto da Borrell non aveva nulla di particolarmente controverso: “La priorità è la cessazione immediata di tutte le violenze e l’attuazione di un cessate-il-fuoco per proteggere i civili e fornire l’accesso umanitario a Gaza” non è una condanna di Israele, cui si diceva che aveva il diritto di difendersi dagli attacchi missilistici lanciati da Hamas ma si chiedeva di farlo in maniera proporzionata.
Questa crisi è l’ennesimo segnale di un blocco europeo che stenta a prendere posizioni comuni anche quando si tratta di un tema tutto sommato non controverso. Non stiamo parlando di un piano di pace, infatti, ma della semplice richiesta di porre fine alle operazioni militari da entrambi i lati.
Borrell aveva già sottolineato le divisioni del conflitto in corso prima di ieri sostenendo che queste hanno ridimensionato di molto l’influenza europea nella regione. “Non abbiamo la capacità di mediazione per risolvere questo gravissimo momento di tensione tra Palestina e Israele. Questo può essere fatto solo dagli Stati Uniti, ammesso che lo vogliano”, ha detto il diplomatico spagnolo.
Rammarico è stato espresso dal Ministro tedesco Maas, che ha chiesto un maggiore impegno di mediazione da parte del Quartetto (Ue, Usa, Onu e Russia) che da parte dell’inviato speciale europeo Sven Koopmans. Quanto alla Francia, impegnata in uno sforzo in sede Onu, il Ministro Le Drian ha parlato di “situazione sul terreno estremamente preoccupante” e del rischio che il conflitto si allarghi. Il capo della diplomazia francese ha aggiunto che “una delle ragioni della situazione drammatica di oggi è proprio l’assenza di prospettiva di un processo politico. Quello che dobbiamo fare è trovare la strada per un processo politico, ma prima di tutto, fare in modo che ci sia la fine delle ostilità”.
Lo stesso Borrell è stato piuttosto duro: “Mi sono permesso di ricordare ai miei colleghi che la missione del Consiglio degli Affari Esteri è di contribuire alla creazione di una politica estera e di sicurezza comune. Non è un capriccio, è un mandato dei trattati”. Il problema dell’Unione europea, uno tra gli altri, è che Paesi sotto la lente di Bruxelles, per ragioni che nulla hanno a che fare con la diplomazia – il rispetto dello Stato di diritto -, tendono a usare la politica estera e non solo quella come strumento di ricatto. E usano l’anti-europeismo come argomento di perenne campagna elettorale.
L’Ungheria ha deciso di bloccare un testo presentato da Borrell che chiedeva alle parti un immediato cessate-il-fuoco. L’ennesimo segnale di una Europa che stenta a prendere posizioni comuni
Non risono solo gli Stati Uniti a essere bloccati, a non incalzare le parti in conflitto a Gaza affinché giungano a un cessate-il-fuoco immediato: l’Europa è paralizzata. Non perché non avrebbe una posizione comune, ma per il veto di un solo Paese.
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