La visita di Sergio Mattarella a Parigi chiude, dopo oltre due anni, i momenti di tensione diplomatica tra i due Paesi. Ritrovato clima di collaborazione
La visita di Stato di lunedì prossimo a Parigi del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella chiude definitivamente, dopo oltre due anni, momenti di tensione e gelo diplomatico tra l’Italia e la Francia.
Si giunse fino all’atto estremo del ritiro dell’ambasciatore francese a Roma Masset dopo le prese di posizione dei grillini a favore dei gilet gialli più violenti e le accuse di Matteo Salvini al Presidente francese sul dossier migranti. Ma già a fine febbraio del 2020 il vertice di Napoli tra Giuseppe Conte ed Emmanuel Macron si trasformò in un successo con l’invito ufficiale da parte francese per una visita di Stato a Parigi di Mattarella, atto solenne che metteva una pietra tombale su tutte le incomprensioni dei mesi precedenti.
Nel frattempo il contenzioso bilaterale tra i due Paesi si è praticamente azzerato e si è tornati anzi a lavorare al testo di quel Trattato del Quirinale lanciato al vertice di Lione del 2017 e al quale aveva lavorato il Governo Gentiloni ma messo poi in soffitta dal Conte 1. Ora le delegazioni dei due Paesi stanno lavorando alacremente per finalizzare un testo comune che potrebbe essere firmato in autunno in occasione del prossimo vertice bilaterale che si terrà in Francia. Il Governo italiano ha già inviato le sue osservazioni e la settimana scorsa sono giunte le contro osservazioni francesi.
Il Trattato coprirà tutto lo spettro della cooperazione tra i due Paesi. Si discute oramai solo di dettagli ma appare chiaro che il testo finale, pur rappresentando una novità importante nelle relazioni tra Roma e Parigi, non potrà essere certo collocato al livello di quella collaborazione integrata che la Francia di De Gaulle nel ’63 realizzo con la Germania di Adenauer firmando il Trattato dell’Eliseo. Si tratta comunque di uno strumento che prevede consultazioni periodiche non solo a livello politico ma anche tecnico tra le due burocrazie nei settori più vari, dall’istruzione alla ricerca, dalla cultura all’economia.
Un’intesa favorita dal clima di grande collaborazione che già l’ex premier Conte era riuscito a instaurare un anno fa con Macron per la trattativa in Europa del Next Generation EU e ora rafforzata dall’amicizia molto stretta del Presidente francese con Mario Draghi e che lascia immaginare un condominio franco-italiano nella guida dell’Unione europea in questa fase che vede il terzo protagonista del vagone di testa, ossia la Germania, ancora alla ricerca di un erede della Cancelliera Merkel ormai prossima a lasciare il suo incarico.
Molto nutrito il programma di Mattarella, che vedrà tra lunedì e martedì tutte le più alte cariche istituzionali oltre a Macron, il Primo Ministro e i Presidenti dell’Assemblea nazionale e del Senato. Lunedì mattina il colloquio all’Eliseo con Macron cui seguirà il punto stampa. Dopo la colazione offerta dal Presidente dell’Assemblea nazionale Richard Ferrand, Mattarella parlerà alla Sorbona (un intervento dedicato ai rapporti bilaterali ma soprattutto alle sfide della pandemia e dell’integrazione europea). In serata i brindisi ufficiali all’Eliseo. Il giorno successivo Mattarella visiterà la sede dell’Unesco dove dal 2018 il vicedirettore delegato al settore Education è l’italiana Stefania Giannini, ex Ministro dell’Università e della Ricerca. La colazione del martedì, prima del rientro a Roma, sarà offerta dal Primo Ministro Jean Castex.
A favorire il nuovo clima di collaborazione tra i due Paesi anche il lavoro fatto in questi mesi dall’eurodeputato di Renew Europe Sandro Gozi, eletto in Francia, che con il Governo Gentiloni lavorò alla prima stesura del Trattato. Gozi tiene a ricordare che anche nei momenti più critici “il filo del dialogo e la volontà di lavorare insieme, tra Mattarella e Macron, non sono mai venuti meno”. C’è chi critica un legame così stretto con la Francia ma, dice Gozi, “si tratta di una posizione miope perché non tiene conto della strettissima integrazione economica tra Francia e Italia. Non solo della Francia in Italia, ma anche dell’Italia in Francia, tra export, presenza delle rispettive imprese e posti di lavoro che gli italiani danno in Francia e i francesi danno in Italia”.
Inoltre, ricorda Gozi, avere un meccanismo di cooperazione strutturato “può aiutare a superare o diminuire” le divergenze e “non impedisce affatto all’Italia di avere un rapporto nuovo e anche più forte con la Germania”. Del resto, “tedeschi e francesi hanno un trattato dal 1963 e addirittura fanno dei Consigli dei Ministri congiunti. E questo non ha impedito né agli uni né agli altri di lavorare anche con l’Italia”. “Non capisco – continua l’eurodeputato – perché oggi, che l’Italia può stabilire un rapporto strategico, stretto, con un grande alleato come la Francia, si invochi il rapporto con la Germania come alternativa. Non è un’alternativa: è un rapporto complementare. Il treppiede è decisivo, soprattutto in questa fase di grande trasformazione europea”.