HOTSPOT ITALIA – Violenze, abusi, umiliazioni sessuali e verbali. I diritti umani si fermano fuori anche dagli hotspot italiani. I migranti, anche i minori, in alcuni casi nei centri di registrazione italiani, vengono picchiati e umiliati per costringerli a rilasciare le proprie impronte digitali. A volte si è verificato anche l’utilizzo dell’elettroshock.
È quanto denuncia Amnesty International in un amaro rapporto “Hotspot Italy: How EU’S flagship approach leads to violations of refugee and migrants rights”, secondo la Ong le pressioni di alcuni Paesi Ue per fermare il flusso di migranti e i viaggi della speranza che attraversano il nostro paese verso altre mete, finirebbero per incoraggiare pratiche vergognose, espulsioni illegali e trattamenti inumani verso chi fugge da guerre, disperazione e povertà.
Ue: Impronte digitali anche con l’uso della forza
Nel 2015 la Commissione Europea ha aperto una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia per la violazione del Regolamento Eurodac per le impronte digitali, imponendo all’Italia come obiettivo il 100% delle impronte digitali dei migranti e rifugiati in arrivo senza ritardi e raccomandando al nostro Paese l’implementazione della legislazione sugli hotspot «in particolare per permettere l’uso della forza per registrare le impronte digitali e la previsione di un trattenimento per un lungo periodo per coloro che oppongano resistenza».
«Nella loro determinazione a ridurre il flusso di migranti e rifugiati verso altri Paesi, i leader Ue hanno spinto le autorità italiane verso il limite – e oltre – della legalità» così afferma Davide de Bellis ricercatore di Amnesty International per l’Italia. Non solo questo sistema di procedure a cui sottoporre i migranti e i rifugiati al loro arrivo in Italia attenta al diritto d’asilo ricorrendo spesso a espulsioni illegali ma comporta, in molti casi, abusi vergognosi. L’Italia è obbligata a registrare le impronte digitali di tutti i nuovi arrivati, ma spesso i migranti desiderano raggiungere un altro Stato dove chiedere asilo, soprattutto i Paesi nordici, perciò cercano di evitare il rilascio delle proprie impronte. Mentre il regolamento di Dublino obbligherebbe i migranti arrivati registrati in Italia altrimenti a far ritorno nel nostro paese. Le forze dell’ordine italiane sotto la pressione di altri Paesi, ricorrono all’uso della forza per ottenere le impronte dei nuovi arrivati. Amnesty International ha raccolto numerose testimonianze. Una ragazza eritrea di venticinque anni ha raccontato di essere stata presa a schiaffi da un poliziotto finché non ha acconsentito a registrarsi in Italia. Un altro ragazzo proveniente dal Darfur racconta di aver subito l’elettroshock alle gambe fino ad accettare anche lui di registrarsi. Altri lamentano umiliazioni sessuali da parte della polizia al limite dell’orrore per un paese democratico. La maggior parte dei comportamenti da parte delle forze dell’ordine italiane rimane professionale e per fortuna una gran parte delle registrazioni avviene senza incidenti, ma la Ong richiama a una revisione indipendente delle pratiche correnti e di investigazione sui casi di abusi raccolti.
Il fallimento degli hotspot e le espulsioni illegali
Se gli hotspot sono originariamente stati pensati per identificare e prendere le impronte digitali dei migranti nei Paesi di arrivo come l’Italia per assicurare protezione e rendere più rapide le richieste d’asilo o i rimpatri, questi obiettivi, secondo Amnesty, sono stati in molti casi disattesi.
Lo schema di solidarietà tra paesi Ue che sottostava alla creazione degli hotspot, ha visto finora solo 1200 migranti ricollocati dall’Italia in altri Paesi europei, rispetto ai 40mila promessi, cifra ancora più irrisoria se si pensa che oltre 150mila persone hanno raggiunto quest’anno le coste italiane. Il viaggio in mare rimane ancora molto pericoloso sebbene le autorità italiane stiano compiendo numerosi sforzi per il soccorso in mare. Le regole degli hotspot prevedono che i nuovi arrivati vengano sottoposti quasi immediatamente, esausti e in condizioni malferme, alle domande che servono a distinguere i migranti irregolari dai rifugiati, senza avere il tempo di informarsi o avere supporto per le procedure d’asilo. Si valutano le ragioni che li hanno spinti a cercare di arrivare in Italia ma non viene preso in considerazione il rischio che corrono in caso di rimpatrio spesso sulla base di brevi colloqui.
Il rapporto di Amnesty rileva che rimpatri dall’Italia sono aumentati dopo le pressioni Ue e per fare ciò le autorità italiane hanno dovuto avviare negoziati per accordi finalizzati alla riammissione anche con Paesi colpevoli di atrocità , come il Memorandum of Understanding (Mou) firmato con il Sudan. Nel caso del Sudan vengono spesso delegate alle autorità locali le identificazioni dei migranti, così non si può certo oggettivamente determinare se il migrante sarà veramente in pericolo una volta tornato nel Paese. Alcuni testimoni di un volo del 24 agosto dall’Italia verso Khartoum hanno raccontato di essere stati picchiati dalle forze dell’ordine sudanesi appena atterrati e poi interrogati.
«Le nazioni Ue potrebbero anche riuscire a rimuovere i migranti dal proprio territorio ma non possono non rispettare i propri obblighi rispetto al diritto internazionale. Le autorità italiane dovrebbero porre fine alle violazioni e assicurare che le persone non siano rispedite indietro verso Paesi in cui rischiano persecuzioni e torture» ha commentato Matteo de Bellis di Amnesty International.
Se le autorità italiane hanno una responsabilità diretta, sottolinea Amnesty International, i leader europei ne hanno sicuramente una politica.
HOTSPOT ITALIA – Violenze, abusi, umiliazioni sessuali e verbali. I diritti umani si fermano fuori anche dagli hotspot italiani. I migranti, anche i minori, in alcuni casi nei centri di registrazione italiani, vengono picchiati e umiliati per costringerli a rilasciare le proprie impronte digitali. A volte si è verificato anche l’utilizzo dell’elettroshock.