L’Italia non si può dire che sia un paese digitale. Dalla classifica dell’Indice dell’economia e società digitali (DESI) il nostro paese risulta 25esimo su 28.
Sebbene si registrino progressi nel ricorso alle tecnologie da parte delle imprese durante l’ultimo anno, l’Italia raggiunge un punteggio pari allo 0,36%. A scapito dei vantaggi che potrebbero derivare dal commercio elettronico : solo il 5,1% delle Pmi italiane utilizza l’e-commerce raggiungendo appena il 4,8% del fatturato complessivo, la metà della media Ue pari al 8,8%. Allarmante è il grande ritardo nella connettività, solo il 21% delle famiglie italiane ha accesso a una connessione internet veloce e solo il 51% è abbonata a una banda larga fissa. In entrambi i casi l’Italia ha il punteggio più basso di tutta l’Ue. E infatti, in Italia, sempre secondo il DESI, lo sviluppo digitale sarebbe frenato proprio dal basso livello di competenze : il 31% degli italiani non ha mai utilizzato internet, ben al di sopra della media Ue pari al 18%. Mentre il 59% lo usa abitualmente.
Scarsa è la fiducia degli italiani nel compiere acquisti online (35%) e nei servizi bancari online(42%). Anche nel leggere le notizie online l’Italia occupa la 26esima posizione nel 2015 rispetto alla 19esima nel 2014 .
I laureati tra i 20 e i 29 anni nelle materie scientifiche, tecnologiche, ingegneristiche ed informatiche sono appena l’1,3% nel nostro paese, sebbene queste competenze siano sempre più richieste nei posti di lavoro. Il digitale rappresenta anche uno dei pochi settori in cui la domanda di lavoratori è crescente: si calcola che entro il 2020 ci saranno 900mila posti di lavoro vacanti in Europa. Una nota positiva viene però dall’utilizzo di soluzione e-business in cui l’Italia occupa le prime posizioni. Nell’utilizzo di soluzioni cloud il nostro paese è quinto. Cosa che non si registra nei servizi pubblici con una diminuzione della disponibilità di moduli precompilati da 48 a 41. Mentre negli open data è al nono posto.
Donne e digitale
La tecnologia, si sa, è opinione diffusa che sia uno dei principali nemici delle donne, ma secondo uno studio della Commissione Ue con una percentuale femminile pari a quella maschile nel digitale , il Pil Ue crescerebbe di circa 9 miliardi di euro all’anno. Difatti le imprese dove il numero delle donne al comando è maggiore sono il 35% più redditizie rispetto alle altre. Le donne manager nel settore digitale sono però ancora sottorappresentate ,circa il 19,2 % in Europa. Le donne abbandonano il settore digitale spesso a metà carriera più facilmente rispetto ai colleghi uomini: il 20% delle laureate nelle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC) lavora effettivamente in questo campo e oltre i 45 anni la percentuale scende al 9%.
Ma essere manager nel campo digitale per le donne rappresenta un guadagno del 6% in più rispetto alle lavoratrici nello stesso campo «Bisogna incentivare l’apprendimento delle materie scientifiche e degli strumenti digitali da parte delle giovani donne: in Europa solo il 9% degli sviluppatori sono donne e la percentuale delle donne laureate in informatica è bassissima : solo il 3% a fronte del 10% nel caso dei laureati uomini» così l’eurodeputata Alessia Mosca ha aperto un dibattito sul digitale e le donne organizzato insieme a Google a Bruxelles in vista dell’8 marzo.
L’Italia non si può dire che sia un paese digitale. Dalla classifica dell’Indice dell’economia e società digitali (DESI) il nostro paese risulta 25esimo su 28.