“Sogno un paese laico, non quello di San Marone o del profeta Muhammad, né ovviamente di al-Hakim bi-amrillah (padre della religione drusa ndr)…. Sogno leader politici che credano nell’unità, che applicano la giustizia e la sicurezza sociale”. (K. Jumblatt, 1958)
BEIRUT. Il Principe Rosso, così era chiamato da molti libanesi Kamal Jumblatt, signore feudale dei Drusi dello Chouf e fondatore del primo partito di ispirazione marxista del Libano. La carriera politica e la vita di Kamal Jumblatt si interrompono tragicamente il 16 marzo del1977 quando muore, ucciso in un attentato come molti leader politici libanesi prima e dopo di lui.
Jumblatt è una delle figure più trasversali e singolari nel panorama politico libanese e mediorientale, e che ha esercitato, ed esercita tuttora, un fascino inesauribile. Politico, intellettuale, leader religioso e asceta sono gli aspetti della a sua complessa personalità.
Il Partito Socialista Progressista (PSP), da lui fondato nel 1949, è l’immagine della sua visione della politica. In un paese fortemente confessionale fonda un partito di ispirazione profondamente laica, con l’obiettivo di opporsi al carattere settario della politica libanese. Tra i soci fondatori figurano infatti drusi, sunniti, sciiti, cristiani progressisti.
Le origini degli Jumblatt, una delle più importanti famiglie druse, si perdono nelle nebbie del tempo: di origine curda, già influenti governatori di Aleppo nel XVI secolo, si stabilirono a Moukhtara sul Monte Libano nel 1630, sviluppando, una leadership sull’area che perdura invariata fino ad oggi.
La storia della famiglia è uno stare mai fermi, un intreccio di combattimenti con clan antagonisti e di intrighi, di tradimenti, di giri di valzer con i maroniti, un giorno abbracciati e un altro massacrati.
Il padre Fuad divenne il capo incontestato della montagna libanese, sia dei drusi sia dei cristiani. Assassinato nel 1921 il potere passa alla madre Nazira, che tiene la montagna drusa lontana dai conflitti tribali.
Kamal Jumblatt, nato nel 1917, compie quattro anni il giorno che gli uccidono il padre e solo dopo l’indipendenza del Libano, nel 1943, entra in politica ed emerge come figura carismatica. Nel frattempo ha studiato dai Gesuiti in Libano e alla Sorbona di Parigi, conseguendo lauree in filosofia e giurisprudenza.
La produzione letteraria di Kamal Jumblatt conta quasi 5.000 testi, dalle poesie ai discorsi politici, dai testi filosofici agli infuocati interventi parlamentari o pubblici. Sono lo specchio di un intellettuale che è costretto dal clan a entrare in politica. Nella sua azione, fuori e dentro il parlamento, porta il suo bagaglio di ricerche spirituali e la sua riflessione mistica.
Dai suoi scritti emerge, infatti, che le sue principali preoccupazioni sono filosofiche e spirituali, concentrate sulla ricerca di una teoria generale e universale del mondo e della storia.
Jumblatt sembra aver un rapporto speciale e anomalo con la religione, e in questo è sostenuto dal carattere eclettico della dottrina drusa, che lo porta ad accogliere gli insegnamenti che arrivano dalla Bibbia, da Ermete Trismegisto e dai saggi della filosofia indiana. Nella sua formazione non mancano le influenze di pensatori come Eraclito, Bergson e Teilhard.
L’interesse per le filosofie indiane è così forte che andrà a visitare l’India, nel 1951, e ci tornerà regolarmente ogni anno. Nella regione del Kerala si interessa alle tecniche di yoga e di meditazione e scopre la critica al modello consumistico do sviluppo e ricerca l’armonia interiore.
In politica è fermamente convinto che il problema principale del Libano sia la sperequazione tra una casta di ricchi e il resto della popolazione. Crede che per il suo Paese sia necessaria una serie di riforme democratiche delle istituzioni: dalla legge elettorale all’implementazione del secolarismo, fino allo sviluppo rurale per evitare i disastri dell’inurbamento. La priorità è quella di liberare il Paese da quello che chiama “la teocrazia patriarcale”.
Kamal Jumblatt ha vissuto il suo impegno politico come una missione per costruire la nazione libanese. Era convinto che una riforma radicale delle istituzioni era necessaria, per dirlo con le sue parole c’era bisogno di “un 14 luglio 1789 libanese”, per passare dalla divisione delle molte comunità a una nazione unita.
Nel 1943, con le prime elezioni del Libano dopo l’indipendenza dalla Francia, è eletto per la prima volta deputato nella coalizione che sostiene il Presidente Bishara al-Khuri. Nel 1946 è nominato Ministro dell’economia, dell’agricoltura e degli affari sociali.
Alle elezioni dell’’anno successivo è nuovamente eletto, ma si dimette immediatamente accusando il governo di brogli elettorali e in segno di protesta contro il Presidente al-Khuri, che accusa di corruzione.
Nel 1949 fonda il Partito Socialista Progressista (PSP). Dal 1951 alla sua morte, tranne una breve interruzione nel 1957, siederà in parlamento ricoprendo diversi incarichi ministeriali e con un ruolo da protagonista nella sinistra libanese.
Erano gli anni in cui in Medio Oriente si giocava una delle tante partite della guerra fredda tra le grandi potenze. Gli anni in cui il sogno del “panarabismo” dell’egiziano Nasser, del siriano Assad e di Jumblatt cresceva all’ombra dell’Unione Sovietica e si scontrava con le destre nazionali appoggiate dagli Stati uniti e dalle altre potenze occidentali.
Dopo lo scoppio della guerra di Suez, nel 1956, Jumblatt sostiene Nasser e l’Egitto, mentre il Presidente libanese Camille Chamoun e la maggioranza dei cristiani maroniti si schierano con Israele, Francia e Regno Unito
Due anni dopo è a capo di una rivolta politica segnata da scontri violenti, contro il Presidente Chamoun. I ribelli volevano che il Libano entrasse a far parte della Repubblica Araba Unita, formata dall’Egitto di Nasser e la Siria. IL presidente Chamoun invocò il “Patto Eisenhower”, che permetteva agli Stati Uniti di inviare truppe se richieste. I marines americani nel 1958 sbarcarono in Libano e normalizzarono il Paese.
All’uscita di scena di Chamoun è eletto Presidente Fouad Shehab, che apre alla collaborazione con le opposizioni nel tentativo di costruire l’unità nazionale al di là del confessionalismo. Gli equilibri della Regione, però, stanno radicalmente cambiando e la guerra arabo-israeliana del 1967 segnerà la fine del sogno panarabico e del laicismo in politica non solo in Libano.
Si iniziano a definire gli schieramenti, nazionali e regionali, che nel 1975, trascineranno il Paese dei Cedri in una guerra civile durata quasi sedici anni.
Jumblatt costituisce un’alleanza dei partiti di sinistra e si schiera con i palestinesi e sposa la loro causa. Nei primi anni ’70 la comunità maronita è la principale beneficiaria del sistema politico confessionale libanese. Kamal Jumblatt e altri leader musulmani ritengono che le loro comunità siano sottorappresentate ed escluse dal sistema di governo.
Le forze politiche, soprattutto quelle cristiane iniziano a costituire milizie armate. Jumblatt, non è da meno e organizza all’interno del PSP una formazione militare.
In politica continua a battersi per l’abbandono del settarismo e delle quote parlamentari su base confessionale. Ancora ad agosto del 1975, con la guerra già in corso, tenta di lanciare un programma politico per porre fine al settarismo in Libano, contestando la legittimità del governo. All’inizio del conflitto si oppone all’intervento della Siria, come alleata del campo maronita. Le sue parole al riguardo oggi possono essere lette come profetiche:”Se la Siria entrerà in Libano non uscirà più.”
È proprio la Siria la sua grande delusione, quella che riteneva alleata della sinistra e della causa palestinese, si schiera con la destra libanese. La sua decisa opposizione alla presenza delle forze di Hafez al-Assad in Libano è probabilmente la causa diretta del suo omicidio. Il 16 marzo 1977 il suo corpo crivellato di colpi è ritrovato nella sua automobile a poche centinaia di metri da un posto di blocco dell’esercito siriano.
Kamal Jumblatt rappresenta il sogno utopico, il percorso alternativo che il Libano avrebbe potuto prendere verso un governo laico, invece del sistema confessionale attualmente in vigore. Jumblatt è una delle poche figure della storia libanese che può essere considerate un “padre del Paese”, e non solo il leader di una piccola setta o comunità. Il suo assassinio ha significato la fine del sogno secolare per il Libano.