Alle prime ore dell’alba di giovedì 29 settembre l’esercito indiano ha condotto una serie di attacchi mirati oltre la Linea di Controllo, il «confine-cuscinetto» che divide India e Pakistan lungo il Kashmir. Si tratta della prima rappresaglia militare dopo l’attentato di Uri, segnale incontrovertibile che la strategia di New Delhi per fare pressioni sul governo di Islamabad non lascerà nulla di intentato. E gli Stati Uniti, intanto, prendono posizione diplomatica al fianco dell’India.
Giovedì 29 settembre, durante una rarissima conferenza stampa dei vertici militari, il generale Singh a capo delle forze indiane ha rivelato che, poche ore prima, le forze speciali precedentemente allertate lungo la Linea di Controllo avevano condotto una serie di «attacchi mirati» contro postazioni terroristiche oltreconfine individuate e monitorate grazie a input di intelligence. L’operazione, durata poco più di quattro ore, ha inferto «numerose perdite» tra le fila dei terroristi e «di chi li sostiene», mentre tra le truppe indiane si conta un solo soldato catturato dall’esercito pakistano.
Il Pakistan ha negato l’evidenza dei blitz – in realtà supportati da una serie di dettagli emersi sulla stampa indiana – parlando invece di «propaganda» architettata per oscurare le violenze dell’esercito indiano in Kashmir, ammettendo solamente un «normale» scambio di colpi al confine e la morte di due soldati pakistani. Al momento, lungo la Linea di Controllo, si continua a sparare, condizione che purtroppo rientra nella «normale amministrazione» di un conflitto pluricinquantennale che vede fronteggiarsi India e Pakistan nell’area, reciprocamente rivendicata come territorio nazionale.
I blitz sono stati la dimostrazione plastica del cambio di rotta impresso da Narendra Modi nella gestione dei rapporti con Islamabad, con una strategia del dialogo soppiantata da un progressivo isolamento del Pakistan a livello internazionale e operazioni militari «dimostrative» a prevenzione di nuovi attacchi terroristici nel paese. Si tratta, tra l’altro, della prima volta in assoluto che l’esercito indiano rivendica blitz oltre confine (non in territorio pakistano, ma all’interno della «terra di nessuno» delimitata dalla Linea di Controllo); segno che per New Delhi non è più motivo di imbarazzo rendere pubblico un modus operandi precedentemente a rischio di critiche veementi della comunità internazionale.
Critiche che, questa volta, non sono arrivate nemmeno da Washington, protagonista nei decenni di una politica estera nell’area tra l’opportunista e il salomonico: i rapporti tra Usa e i vari governi succedutisi a Islamabad – senza contare quelli tra servizi Usa e pakistani – si sono sempre alternati con un dialogo «paternalistico» con New Delhi, che avrebbe voluto un maggiore impegno statunitense nell’esercitare pressioni pubbliche sul Pakistan in merito al terrorismo islamico autoctono.
Dopo i blitz, riporta Scroll.in, la National Security Advisor statunitense Susan Rice e il portavoce della Casa Bianca Josh Earnest hanno rilasciato dichiarazione a sostegno di New Delhi, condannando l’attentato di Uri, riaffermando la lotta comune al terrorismo e auspicando che il Pakistan «combatta e delegittimi i gruppi terroristici riconosciuti dall’Onu» (ad esempio Lashkar-e-Taiba, il cui leader Hafeez Said vive in una casa fortificata a Lahore, libero). Nessuno, da Washington, ha fatto il minimo accenno ai blitz indiani, estendendo solamente un appello a India e Pakistan per il proseguimento del dialogo evitando «un’escalation».
Segno che la strategia di Narendra Modi, almeno in queste prime battute, sta dando i frutti sperati. Il Pakistan appare sempre più isolato, col rischio – secondo chi scrive, minimo – di una reazione militare uguale e contraria di Islamabad.
@majunteo
Alle prime ore dell’alba di giovedì 29 settembre l’esercito indiano ha condotto una serie di attacchi mirati oltre la Linea di Controllo, il «confine-cuscinetto» che divide India e Pakistan lungo il Kashmir. Si tratta della prima rappresaglia militare dopo l’attentato di Uri, segnale incontrovertibile che la strategia di New Delhi per fare pressioni sul governo di Islamabad non lascerà nulla di intentato. E gli Stati Uniti, intanto, prendono posizione diplomatica al fianco dell’India.
Giovedì 29 settembre, durante una rarissima conferenza stampa dei vertici militari, il generale Singh a capo delle forze indiane ha rivelato che, poche ore prima, le forze speciali precedentemente allertate lungo la Linea di Controllo avevano condotto una serie di «attacchi mirati» contro postazioni terroristiche oltreconfine individuate e monitorate grazie a input di intelligence. L’operazione, durata poco più di quattro ore, ha inferto «numerose perdite» tra le fila dei terroristi e «di chi li sostiene», mentre tra le truppe indiane si conta un solo soldato catturato dall’esercito pakistano.