“L’intera leadership [separatista] è dietro le sbarre, tutta la valle è sotto stretto coprifuoco e i frenetici assassini non sembrano avere fine. Questa delegazione serve per confondere e far deragliare l’insurrezione in corso. Vengono ad osservarci e farci foto come se fossimo in un grande zoo”.
Questa il duro commento di Syed Ali Shah Geelani, 86 anni, leader separatista kashmiri agli arresti domiciliari dal 2010, riguardo l’iniziativa del governo centrale a Delhi.
Una delegazione composta da 27 membri del parlamento indiano visiterà la valle il 4 settembre per incontrare rappresentanti della società e provare così a pacificare la valle. Il ministro degli interni, Rajnath Singh, alla domanda se fosse previsto un confronto con i leader separatisti, avrebbe risposto che parteciperanno solo coloro i quali hanno intenzione di operare all’interno della struttura della costituzione indiana – in sostanza, chi riconosce il Kashmir come parte integrante dell’India.
Geelani ha inoltre proposto il suo tradizionale punto di vista sulla questione, che prevede la demilitarizzazione e il riconoscimento da parte del governo indiano del Jammu e Kashmir come territorio conteso. “Noi, in quanto rappresentati di questa nazione oppressa, saremo felici di salutare qualsiasi tentativo di creare una piattaforma per una permanente e pacifica risoluzione di questo conflitto. Tuttavia non possiamo trivializzare la sacralità di questa grave questione partecipando ad una sessione fotografica o con una tazza di thè”.
Lo scetticismo è condiviso dalla popolazione per via del ritardo con cui tale decisione è arrivata – dopo due mesi dall’inizio della crisi e dopo 74 morti – ma soprattutto a causa delle fallimentari esperienze di questo tipo in passato – l’ultima, nel 2010, non aveva portato a nessun risultato.
Geelani, da sempre sostenitore dell’annessione al Pakistan, nonostante sia considerato dal’estremista della galassia separatista formata da diverse fazioni della All Party Hurryat Conference riconosce come il dialogo sia l’unica maniera per arrivare ad una soluzione.
Eppure “abbiamo visto come gli infiniti e ingannevoli dialoghi riguardo il Kashmir abbiano dimostrato solo l’irrealistico e arrogante atteggiamento dell’India”, precisa l’anziano leader.
Oltre ad invitare i potenziali interlocutori a sottrarsi a questo “futile esercizio”, Geelani e gli altri leader hanno incitato la popolazione a bloccare le strade che portano all’aeroporto di Srinagar, dove i parlamentari sono attesi.
Intanto, qualche giorno fa, Narendra Modi è tornato a parlare del Kashmir, annunciando lo stanziamento speciale di 1 miliardo di rupie – all’incirca 13 milioni di euro – per costruire nuove strutture sportive in tutto lo stato del Jammu e Kashmir. Tale sarebbe la giusta strategia secondo il primo ministro per ingaggiare i giovani: “Spero che i ragazzi del Kashmir smettano di essere strumentalizzati e che vadano avanti con le loro vite in pace, unità e armonia. Spero che il Kashmir rimanga un paradiso [così viene celebrata la rinomata e bellezza della valle, nda. Le chiavi per risolvere il problema che ha afflitto tutti i governi precedenti sono vikas (sviluppo) and vishwas (fiducia)”.
Modi fa riferimento alla sviluppo economico come cura per tutti i mali della società indiana – è un leitmotiv dall’inizio del suo mandato – sperando possa funzionare anche in Kashmir. Di certo, per quanto riguarda l’auspicato clima di fiducia, è emblematica la dichiarazione di un membro della Hurryat che ha voluto rimanere anonimo: “la troppa mancanza di fiducia ci sta portando ad un punto dove nessuno è intenzionato a parlare con la fazione opposta”.
“L’intera leadership [separatista] è dietro le sbarre, tutta la valle è sotto stretto coprifuoco e i frenetici assassini non sembrano avere fine. Questa delegazione serve per confondere e far deragliare l’insurrezione in corso. Vengono ad osservarci e farci foto come se fossimo in un grande zoo”.